Viene presentata con conferenza online la nuova webserie Rajel, che mette in scena le nuove generazioni in Italia, raccontando le loro esperienze, gli stereotipi e i pregiudizi, per evitare che qualcuno si senta straniero nel proprio paese e prevenire la radicalizzazione.
Il debutto è su YouTube il 9 luglio, con il cantante Mahmood ambassador del progetto, che va inserito nel contesto dell’iniziativa OLTRE,“Oltre l’orizzonte – Contro-narrazioni dai margini al centro”, sostenuto dalla Commissione Europea, direzione Generale Migrazioni e Affari Interni (Fondo per la Sicurezza Interna – Programma per l’Empowerment della Società Civile), nato per aiutare i giovani di nuova generazione che si trovano in situazioni di esclusione e vulnerabilità, dando loro “voce” attraverso processi partecipativi e rendendoli protagonisti nell’elaborazione di contenuti e di visioni sui temi fondamentali quali identità, inclusione, accoglienza e integrazione sociale.
Nell’ambito della campagna di comunicazione offline e online di OLTRE, iniziata a novembre 2019 e attiva su scala nazionale,la web serie rappresenta uno dei prodotti principali.
A livello di trama, tutto ruota attorno alla figura di Raf, un ragazzo musulmano che recita nel mondo della fiction. Testardo, ribelle e provocatore, la sua presenza sul set non passa certo inosservata ed è spesso causa di accese discussioni con il regista, Fabio. Del resto, la partecipazione di Raf alla fiction non è volontaria: sorpreso a rubare con un gruppo di conoscenti, è stato costretto dal giudice a partecipare al laboratorio teatrale del carcere dove è stato “scoperto” dalla producer. Recitare nello sceneggiato è una delle condizioni pattuite per avere la libertà vigilata. Le sue vicende si intrecciano a quelle dei ragazzi e degli adulti che incontra sul set, tra amori adolescenziali e conflitti generazionali, confronti ed esperienze che mettono in discussione pregiudizi e stereotipi.
Ai personaggi si aggiunge la figura del “reclutatore”, una presenza misteriosa e costante nella vita di Raf attraverso dei bigliettini che il ragazzo trova nella tasca dello zaino con cui va sul set. I messaggi provocano Raf, mettendo in luce le sue frustrazioni di diciannovenne diviso tra un’identità complessa e sfaccettata che lo vede al contempo arabo, musulmano e italiano. In questo sconosciuto interlocutore Raf trova comprensione, ma anche uno stimolo per alimentare la sua rabbia. Il reclutatore lo sprona a non cedere agli occidentali, agli infedeli, a dimostrare di “essere un uomo” – appunto, “uomo” significa la parola rajel – a costo di compiere un atto estremo.
Grazie alla partnership con diverse università, è stato possibile donare ‘realismo’ al progetto intervistando studenti e ascoltando le loro esperienze, oltre che coinvolgendoli come ‘screener’ d’eccezione per la serie stessa. Alla regia ha lavorato Andrea Brunetti: “C’è un tono da commedia, ed è stata una difficoltà – dice – la sceneggiatura ti indirizza, ma ho cercato di stemperare gli elementi più schiettamente televisivi donando realismo. Volevamo aggiungere una luce su una zona della società di cui non si parla tanto, e che invece ha creativamente elementi interessanti, proprio per poterci lavorare in maniera cinematografica. Raccontiamo soprattutto i giovani. Alla radicalizzazione abbiamo accennato ma siamo rimasti morbidi, altrimenti avremmo dovuto studiarci molto di più. E organizzandoci molto siamo riusciti anche a lavorare durante il Covid, senza imporre la presenza a nessuno ma cercando di organizzare tutto al meglio”.
Il protagonista è lo YouTuber Ramzi Lafrindi. Tra i relatori della conferenza c’è anche Andrea Volterrani, Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi (Università di Roma Tor Vergata), che sottolinea “noi abbiamo lavorato sulla prevenzione. Non volevamo raccontare la radicalizzazione ma piuttosto prevenirla. Per chi è già radicalizzato non si può fare molto, ci sono altri agenti che si occupano eventualmente del contenimento o del contrasto, qui siamo nella fase del contatto, del confronto, del dialogo e dell’inclusione”.
Il contatto con Mahmood, invece – i padre egiziano e cresciuto nella periferia di Milano – nasce invece prima di Sanremo. L’artista ha girato delle clip che vengono introdotte prima di ogni puntata e racconta delle sue esperienze sui temi trattati dalla serie.
TEASER UFFICIALE:
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