Il punto debole del cinema italiano? La sua collocazione nel mercato estero, come confermano le cifre elaborate su dati Istat. Tra il 2003 e il 2012 le esportazioni dei prodotti delle attività cinematografiche, video e televisive si sono più che dimezzate, passando da 162 a 66 milioni; tendenza negativa confermata nel primo quadrimestre di quest’anno con un calo del 60,7% dell’export. Nello stesso decennio le importazioni di questi prodotti sono raddoppiate: da 119 a 240 milioni. Per non parlare di quello 0,1% del volume totale dei nostri scambi a livello internazionale rappresentato dall’interscambio complessivo dell’Italia nel settore.
Le cifre le elenca Pietro Celi, DG per l’Internazionalizzazione e la promozione degli scambi (Ministero Sviluppo Economico), presentando a Roma le iniziative dedicate all’audiovisivo nel Progetto speciale di promozione del Made in Italy, curato dal MiSE e realizzato da ICE, Anica, Istituto Luce-Cinecittà, in collaborazione con Doc/it (leggi in dettaglio il progetto).
Per due anni, fino alla fine del 2014, film e documentari d’autore, location cinematografiche e progetti di coproduzione verranno promossi come la moda o il cibo italiani e si faranno conoscere negli USA, America Latina, Cina, Giappone, Corea del Sud e Taiwan.
Tra le attività previste dal Progetto il sostegno ai film italiani per l’uscita in sala in America Latina e Giappone, Corea del Sud e Taiwan; incontri per progetti di coproduzioni tra produttori italiani, di Russia, Cina e America Latina; il sostegno alla distribuzione dei titoli italiani negli Stati Uniti e all’esportazione dei documentari, oltre alla promozione della produzione cinematografica e dell’editoria italiana collegata nell’ambito del progetto del ‘2013 Anno della cultura italiana degli Stati Uniti’.
Dunque un progetto di sostegno del cinema all’estero, articolato e condiviso da più soggetti – “perché nell’attuale contesto internazionale ‘fare sistema’ sul piano promozionale è un imperativo”, afferma Celi – e che prevede un primo investimento di 800mila euro, che si vanno ad aggiungere ai 300mila euro che ICE già investe ogni anno in questo settore.
“La filosofia cui le attività del Progetto si sono sempre ispirate, sta nel considerare il cinema come prodotto del Made in Italy e non solo come veicolo di promozione dei nostri prodotti di eccellenza – spiega l’AD di Istituto Luce-Cinecittà Roberto Cicutto – e ancora una volta, come nella proficua collaborazione con tra noi e l’ICE, mettiamo a disposizione la nostra consolidata esperienza nel promuovere il cinema italiano contemporaneo all’estero”.
Nicola Borrelli, direttore generale Cinema del MiBAC, ha sempre pensato che il cinema e l’audiovisivo debbano essere considerati tra le eccellenze della produzione italiana e che le risorse investite nella promozione all’estero creano ritorni superiori alla loro entità.
“L’audiovisivo è una grande industria nazionale con 10 miliardi di fatturato, che dà lavoro a 200mila persone, un’industria purtroppo non internazionalizzata nonostante produca contenuti esportabili e sia un volano per promuovere lo stile di vita italiano – afferma Riccardo Monti, presidente di ICE-Agenzia – E la Cina può essere un partner nelle coproduzioni, perché oggi guardano all’Europa con l’obiettivo di arginare la presenza eccessiva del prodotto hollywoodiano”.
Dopo gli interventi di Gerardo Panichi, presidente di Doc/it, e di Marco Polillo, presidente AIE/Associazione Italiana Editori, al presidente di Anica Riccardo Tozzi il compito di chiudere la conferenza stampa, che è stato moderata da Francesca Medolago Albani.
“I film italiani hanno tutti gli elementi qualitativi per competere ai massimi livelli, come dimostra la selezione di nostri titoli in tutti i Festival di rilievo mondiale. Come mai questo successo non si traduce in un export corrispondente? Il fatto è che non si esporta il singolo film, ma l’immagine complessiva del cinema, come avviene per la moda, il cibo e l’arte. Per rilanciare il mercato estero dobbiamo investire su promozione e integrazione. Questo significa – conclude Tozzi – sostegno economico ai distributori esteri e individuazione di aree culturali e geografiche dalle quali viene una domanda forte di consumo del made in Italy. Perché l’Italia, al di là dell’attuale nostro pessimismo, è vista e vissuta come il Paese del bello e della dolce vita”.
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