Mad Max: sinfonia della sopravvivenza

Accolto da boati di approvazione e applausi Mad Max: Fury Road, visto questa mattina fuori concorso a Cannes e in sala da oggi in tutto il mondo


CANNES – Macchine polverose sfrecciano su strade desertiche, ritmi ossessivi di tamburi selvaggi sparati a mille come accompagnamento di riff heavy-metal. Non è solo un commento musicale. Nel film, un chitarrista con doppio manico – c’è anche un basso, distortissimo come il suo possessore, un incrocio tra Marylin Manson e uno zombie – percuote lo strumento con veemenza da un piccolo palco situato in testa a un camion in corsa, con alle spalle un muro di amplificatori costruito con i pezzi più svariati, dai transistor, alle valvole, ai grammofoni. Poi l’inquadratura glissa e si rivolge a un’altra vettura. Davanti, come la polena di un’antica nave pirata, è legato Mad Max, il nuovo Mad Max (Tom Hardy, erede del veterano Mel Gibson nel film che ha dato il via alla serie e nei suoi sequel), volto semicoperto da una maschera di ferro. Lo conosciamo così, perché non importa la faccia, ma il suo nome, la leggenda. E quell’espressione folle che il nuovo convincente interprete ha ereditato dal predecessore.

Era attesissimo Mad Max: Fury Road, e sulla Croisette (nei cinema arriverà questa sera stessa, worldwide) è accolto con applausi e boati di approvazione. Due ore di cinema puro, dinamico, ritmi serratissimi, trama ridotta all’osso come i suoi protagonisti inscheletriti dalla fame e dagli stenti dovuti al vivere in un mondo violento, apocalittico e desertico. Al personaggio di Charlize Theron (comunque bellissima anche se sporca di grasso e polvere) manca un braccio. Altri sono deformi (frutto probabilmente di radiazioni, malnutrizione o entrambe le cose), malati, feriti, mutilati. Chi è nano, chi orbo, chi ha un naso di ferro, chi una mascella sintetica. Il mondo di Mad Max è un mondo dove non esiste l’uguaglianza. Nessuno è come l’altro e solo il più forte, che afferma la propria individuale diversità, quello che ha le pallottole, l’acqua o la benzina sopravvive. Ed è proprio questo quello che cercano di fare tutti i protagonisti di questo grande affresco, sopravvivere, anche psicologicamente, aggrappandosi anche a sogni o fragili speranze. Il resto è tutta meravigliosa azione e adrenalina, forte anche del ritorno alla regia di George Miller, l’uomo che ha creato il personaggio e che garantisce fedeltà al complesso narrativo originario pur rinnovando completamente lo stile, anche al seguito di una tecnologia e di un linguaggio più moderni. La pellicola esce anche in stereoscopia, ed è girata in modo da sembrare quasi costantemente velocizzata, anche durante le scene più calme, con un effetto scattoso che rende a pieno il punto di vista e lo stato d’animo del protagonista, uscito di senno dopo la barbara uccisione dei suoi cari (non a caso il suo nomigliolo è ‘mad’, matto). Ma non è Max, il solo protagonista, piuttosto un centro nevralgico e un tramite attorno a cui si dipanano tante altre storie di questo mondo martoriato. Il film avrebbe potuto chiamarsi ‘Mad Max World’ e forse nemmeno il regista ha ben chiaro se si tratti di un sequel, un prequel, un midquel o un reboot. “E’ semplicemente un’altra avventura di Max, un episodio all’interno della sua vita – ha risposto in conferenza – del resto non c’è mai stato grosso legame cronologico tra le varie pellicole”. 

“Sapevo – dice Hardy –che per il pubblico Mad Max era sinonimo di Mel Gibson, sicuramente è stato stressante ma sapevo anche di poter contare su George, l’uomo che lo aveva creato, abbiamo capito che non dovevamo fare niente di nuovo”. La novità, però, c’è, ed è una certa sovrabbondanza di personaggi femminili: “Non pensavo di fare un film di uomini, ma nemmeno un film femminista. Mi serviva soprattutto un espediente per far incrociare le varie storie e lo scambio di donne tra un personaggio e l’altro, come fossero schiave, mi serviva per introdurre Max in questa vicenda, si incontrano perché anche Max è un cane pazzo che lotta per la sua libertà”. “Abbiamo discusso molto – dice Charlize Theron – sulla possibilità di dare a Max una spalla femminile. George ha mantenuto tutte le sue promesse e mi ha permesso comunque di celebrare la femminilità e restare donna, non cercare di essere un maschio solo perché ero in un film d’azione. Le donne non hanno bisogno di stare sul piedistallo. Ho visto tutti i film di Mad Max e ci sono temi concreti, l’ecologia, la distribuzione del cibo e dell’acqua, la leadership che sfugge di mano. Quando penso a Max penso al problema della sopravvivenza del pianeta e Miller è un regista che ti porta letteralmente dentro alla storia. Mentre giravamo eravamo lì e sentivamo di essere davvero braccati e in pericolo. Così tutti gli argomenti di cui sopra diventano ancora più spaventosi”.

La colonna sonora incessante (a opera dell’olandese Junkie XL) acquisisce nell’economia del film un ruolo fondamentale: “è un compositore meraviglioso – dice Miller – e io credo che i film d’azione siano proprio come una musica tradotta in immagini. La presenza del chitarrista sul camion arriva di conseguenza. Ma come tutte le cose nei film di Mad Max, anche il suo strumento doveva assumere i connotati di un’arma”. E Mel Gibson cosa ne pensa? “E’ venuto all’anteprima – racconta Miller – lo ha visto e lo ha amato, è stato molto affettuoso e mi ha riempito di domande sugli attori, dato che anche lui non solo è un bravo attore ma un competente regista”.

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14 Maggio 2015

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