Dopo il successo di pubblico e media a Roma, Buenos Aires e Mantova la mostra LUCE – L’immaginario italiano arriva a Catania,al Palazzo della Cultura, dal 25 ottobre al 19 febbraio. L’esposizione racconta la storia dell’Istituto Luce dalla fondazione nel 1924 a oggi: una delle più grandi imprese culturali del Paese, un luogo di elezione della sua conoscenza storica, e il deposito materiale di memorie, segreti, sogni dell’Italia nel XX secolo e oltre. La mostra, ideata e realizzata da Istituto Luce-Cinecittà, promossa dal Comune di Catania, è curata da Gabriele D’Autilia (curatore scientifico e testi) e da Roland Sejko (curatore artistico e regia video). L’organizzazione generale è di C.O.R. Creare Organizzare Realizzare.
“Abbiamo deciso di ‘inventare’ modi meno esplorati per divulgare il patrimonio dell’Archivio Storico – sottolinea l’AD e presidente di Luce Cinecittà Roberto Cicutto – ecco perché approfittando del 90° anniversario dalla fondazione di Istituto Luce, l’attività espositiva diretta o la collaborazione in altre iniziative è cresciuta in modo esponenziale. E lo sarà ancor di più con l’apertura del Museo Italiano del Cinema e dell’Audiovisivo che aprirà nel corso del prossimo anno e con le iniziative che si terranno al Teatro dei Dioscuri al Quirinale a noi affidato dal MiBACT”.
Nato nel 1924 come L.U.C.E., L’Unione Cinematografica Educativa, con l’intuizione e l’intento di raccontare l’attualità del Paese, della sua società e del mondo attraverso l’ancora nuovo linguaggio delle immagini in movimento, e ribattezzato con Regio decreto l’anno seguente, l’Istituto Nazionale Luce venne presto sostenuto con forza e controllato da Benito Mussolini, che ne comprese e sfruttò le enormi potenzialità divulgative e politiche. Dopo oltre 90 anni e una vicenda che ha accompagnato in parallelo e continuità tutta la recente Storia d’Italia, quell’intuizione è diventata oggi la più antica istituzione di cinema pubblico al mondo e, con un archivio di decine di migliaia di filmati e tre milioni di fotografie, un patrimonio di immagini impareggiabile per quantità e ricchezza di temi. Tanto da meritare nel 2013 l’ingresso per il fondo ‘Cinegiornali e fotografie dell’Istituto Nazionale L.U.C.E.’ nel Registro Memory of the World dell’UNESCO. Un bene italiano divenuto bene mondiale. Per raccontare questa evoluzione, LUCE – L’immaginario italiano si muove su due binari ideali: come l’Italia si è rappresentata nei decenni attraverso le immagini del Luce, e come l’Italia si è rivelata, confessata, svelata attraverso e nonostante le immagini delle sue rappresentazioni ufficiali. Dal suo esordio il Luce ha provveduto a rivelare l’immagine degli italiani a loro stessi, e a fornire una conoscenza di base del Paese. Grazie ai ‘cinegiornali’ Luce, milioni di cittadini dagli anni ’20 in poi hanno potuto vedere e scoprire per la prima volta città, geografie lontane, popolazioni sconosciute, forme sociali e culturali differenti. La nascita di un’opinione pubblica in Italia passa di qui, insieme alla stessa formazione di ‘luoghi comuni’. È su questo terreno condiviso ed elementare che il fascismo poté promulgare le sue propagande e il suo controllo. Ma anche che il Paese uscito dalla Guerra riuscì a testimoniare gli sforzi e la spinta civile della ricostruzione, e gli sviluppi di una nuova società democratica e di massa avviata alla modernità. Di questo aspetto educativo, informativo e propagandistico, il Luce fornisce milioni di documenti. Il Paese ‘si mette in posa’. Ma la mostra racconta anche il rovescio di quell’immagine. Per la natura realistica del cinema e della fotografia, allo spettatore di ieri, e ancor più a quello di oggi, non poteva e non può sfuggire la retorica (e a volte la goffaggine) delle ‘pose’ di Mussolini nei suoi comizi; o la povertà e la fatica dei contadini messi in scena sorridenti davanti all’obiettivo, e lo sconforto dei soldati in una guerra che si raccontava trionfale, mentre si subiva una sconfitta. E l’ironia di uno speaker sulle donne lavoratrici negli anni ’50, la compostezza dei rappresentanti dei partiti politici, i volti allegri dei giovani in una festa o in una manifestazione, rivelano in controluce i sommovimenti e le richieste di una nuova età di diritti. In tutti questi rovesci dell’immagine il Paese svela e confessa il suo intimo. Il suo immaginario.
Nel racconto di questo autoritratto della nazione, LUCE – L’immaginario italiano è concepita con un approccio espositivo non statico, ma come un flusso continuo di immagini. Il percorso parte dal concetto e dalla forma di ‘strip’: grandi pannelli organizzati secondo un ordine tematico-cronologico, su cui in più di 20 schermi sono proiettate speciali videoinstallazioni, montaggi realizzati ad hoc di centinaia di filmati dell’Archivio storico Luce. Accanto alle immagini in movimento, più di 500 splendide fotografie dell’Archivio fermano dettagli e momenti significativi, mentre pannelli di testo approfondiscono l’analisi storica e linguistica dei video. Un percorso visivo e uditivo di notevole impatto, che fa sì che ogni visitatore si confronti con un’immagine differente, e in cui ciascun video dialoga con quelli vicini per analogie e differenze. Una serie di parole-chiave lega l’itinerario. Si va così dagli anni ’20 di città/campagna, ai ’30 di autarchia, uomo nuovo, architettura, censura e propaganda. Si arriva a Guerra e rinascita, Cassino (icona della brutalità distruttiva delle guerre), vincitori e vinti (con sequenze poco conosciute e straordinarie, anche a colori, dell’ingresso degli alleati non solo a Roma, ma anche nelle profondità del Paese) modernità/arretratezza (un parallelo significativo di immagini dell’Italia anni ‘60), giovani, economia, corpi politici, neotelevisione, e tante altre.
Alcune sezioni mostrano aspetti specifici e suggestivi. La camera delle meraviglie è un omaggio ai viaggi per il mondo compiuti dagli operatori Luce; la ‘camera del Duce’ disegna un’imperdibile antologia delle retoriche e dei silenzi di Mussolini, ed è contrapposta alla stanza del Paese reale, un commovente viaggio nei volti degli italiani negli anni ’30. Una grande sezione finale è dedicata al ritratto di Catania. Realizzato nel corso dei decenni dall’Istituto Luce è costituito da un insieme di immagini spesso di grande bellezza e piuttosto eterogenee, se si tiene conto che la città siciliana è parte di quel Mezzogiorno che per la cinematografia di Stato, almeno negli anni del fascismo, è ancora una terra incognita. Ci sono però delle differenze tra i diversi mezzi di rappresentazione: difficilmente il cinegiornale Luce – a differenza del documentario e della fotografia – si concentra sulla descrizione delle città italiane e dei loro splendori artistici e architettonici, sia per motivi di spazio che per via di una vocazione giornalistica che lo lega alla notizia di cronaca. Numerosi sono i servizi delle testate cinegiornalistiche dedicati a Catania, in gran parte concentrati su eventi politici cittadini (del fascismo e del dopoguerra), culturali (dedicati soprattutto a Vincenzo Bellini), religiosi (la festa di sant’Agata) o sportivi. Ma anche le fotografie che qui presentiamo, più che da un’attenzione alle fantasie architettoniche della Catania settecentesca e ai loro giochi di luce, nascono da una routine documentaria che però può diventare anche occasione di esercizi estetici (nella fotografia con il duce e la folla) non consueti nei reporter del Luce. Ma, come spesso avviene anche nelle immagini più ufficiali, è il paese reale a rivendicare un protagonismo incontrollabile, nei volti antichi e poveri delle ragazze in costume per una filata davanti al principe ereditario nel 1930, o nell’impegno tenace dei giovani dell’Ospizio di beneficienza nel 1951. C’è però un soggetto che unisce davvero tutte le immagini del Luce, l’Etna. Catania è, nelle immagini e nell’immaginario degli spettatori, il suo vulcano. Le riprese dal vivo delle sue numerose eruzioni affascinano e atterriscono fin dagli anni Venti un pubblico che ha conosciuto la furia distruttrice della Grande guerra (spesso paragonata, per renderla comprensibile, proprio a terremoti ed eruzioni), ma anche le scene spettacolari dei kolossal della grande stagione, appena conclusa, del cinema muto italiano, i cui linguaggi si riflettono anche negli aggettivi usati dal Luce: l’Etna è descritto come “infernale” e “colossale”, mentre la popolazione che assiste alla sua furia è “trasognata” mentre invoca l’aiuto divino con “preghiere ferventi”. Ogni eruzione ha il suo contesto storico, che tuttavia non cambia significativamente rituali consolidati: nel 1947 il vulcano si sveglia di nuovo e sottopone i villaggi catanesi a una nuova prova quando quella della guerra non è ancora stata superata; commenta drammaticamente lo speaker della Settimana Incom: “Se abbiamo commesso errori, quando cesseremo di espiarli?”
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