“Lovelace”, Amanda Seyfried da pornostar a femminista


BERLINO – E’ doppiamente protagonista Amanda Seyfried alla 63/a Berlinale, dove si impone sul grande schermo in due film molto diversi tra loro ma entrambi, a loro modo, classici. Oggi è stato il giorno di Lovelace, biopic sull’attrice che trasformò la pornografia in un “affare di massa” e che nel 1972, con il celeberrimo Gola profonda, guadagnò poco più di mille dollari (facendone incassare milioni) e l’etichetta perpetua di pornostar. Volto pulito, gote punteggiate da lentiggini e occhioni dolci, la Linda Lovelace portata sullo schermo da Rob Epstein e Jeffrey Friedman è una pudica ragazza acqua e sapone con una madre rigida, religiosa e conservatrice interpretata da una Sharon Stone (in)credibilmente trasformista. Una madre da cui fugge, gettandosi tra le braccia di Chuck Traynor (Peter Sarsgaard), artefice della sua liberazione sessuale, del suo successo mediatico, ma anche della violenza psicologica e fisica da cui la “ragazza della porta accanto con un eccezionale talento per la fellatio” fuggirà per diventare un’icona del femminismo. Mentre James Franco, non nuovo a pellicole ad alto tasso di erotismo, diventa Hugh Hefner, il magnate di PlayBoy.

In Lovelace si parla di pornografia, sesso e nudità, naturalmente, ma sullo schermo scorrono poche immagini esplicite e tanta ironia. Tanto che Amanda Seyfried, alla domanda se questo film non rappresenti una svolta nella sua carriera, risponde: “Lo è perché ho interpretato il ruolo di un persona reale, mi sono immersa nella vita di qualcun altro, ho catturato alcuni momenti importanti di una storia molto affascinante. Non ho pensato troppo al fatto di essere nuda, non ero spaventata perché non si vede molto il corpo ed ero molto tranquilla con Peter. Non è stato affatto un problema”. La Seyfried, invece, spiega di essersi documentata grazie all’enorme quantità di informazioni e immagini disponibili su Linda Lovelace, a partire dal film Gola profonda, “molto interessante da vedere”, e da incontri con i figli. Curioso, invece, vedere la sex symbol anni ’90 di Basic Instinct vestire i panni castigati di una madre moralizzatrice che predica alla figlia di “obbedire al marito”. “Forse è stato un passaggio inconscio – dicono i registi – Volevamo lavorare con Sharon Stone perché è una grande attrice e ci sembrava inaspettata per quel ruolo. Abbiamo realizzato solo dopo la ‘coincidenza’”.

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09 Febbraio 2013

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