E’ aperta al pubblico dal 16 aprile al 2 giugno la mostra ‘Lontano. Caio Mario Garrubba. Fotografie’, ospitata dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, curata da Gabriele D’Autilia ed Enrico Menduni e organizzata e promossa da Istituto Luce-Cinecittà. 100 scatti, in gran parte inediti, per (ri)scoprire lo sguardo, i viaggi e gli itinerari umani di un autore ancora troppo poco conosciuto in Italia, stimato a livello internazionale come un autentico maestro.
“Il rapporto tra fotografia e arte – dice D’Autilia – è stato di iniziale diffidenza, solo dopo si è capito quanto le due forme espressive potessero darsi a vicenda. In Italia c’è poca cultura fotografica, in generale. Si seguono volentieri mostre tematiche ma meno spesso il pubblico è attratto da un autore specifico. Garrubba si è distinto come autore autonomo nell’ambito del sistema e della stampa fotogiornalistica del suo tempo. Fu un pioniere dell’autonomia e mise su con i suoi colleghi una cooperativa di tipo “soviettista”, dove ciascuno dà a seconda delle sue possibilità e prende a seconda dei bisogni. Il modello non ebbe successo ma Garrubba riuscì comunque a orientare il suo lavoro come voleva e a lavorare in maniera indipendente con grandi giornali, che apprezzavano il suo spostarsi costantemente per il mondo e in particolare l’Europa, con grande facilità”.
“Era un solitario e un eccentrico – spiega Menduni – la sua fotografia ha contribuito allo sviluppo della cultura visuale e del cinema e alla dialettica tra ‘scritto’ e ‘visto’. Il suo occhio si soffermava sempre sul lato umano e privato, pur raccontando la storia e le contraddizioni della società del suo tempo, dalla Cortina di Ferro alla solitudine nelle Metropoli. La mostra rende evidente il paradosso di un autore solitario e indipendente, non incline ai compromessi e lontano dallo spirito gregario, che restituisce in modo profondo il posto occupato dalla fotografia nella seconda metà del ‘900 .
Intervengono per un saluto anche la direttrice dalla galleria Cristiana Collu e il presidente e ad di Luce-Cinecittà Roberto Cicutto, che dice “l’acquisizione del fondo Garrubba è un passo in più verso lo sdoganamento del Luce come archivio dell’epoca del fascismo. Queste sono le cose che permettono di muoverci verso il futuro dell’audiovisivo, oltre i luoghi istituzionali come Cinecittà e il Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema di prossima inaugurazione, mettendo insieme partnership come questa con la galleria e muovendoci come una grande famiglia”.
“Si poteva incontrare alle due di notte in un night club di Berlino Est, in piena Guerra fredda, mentre sorseggiava champagne sovietico, o in un’assolata via di Madrid a mangiare gamberetti e a studiare volti e gesti dei passanti – si legge in una nota che parla di Garrubba (Napoli, 1923 – Spoleto, 2015), legato a quella cultura di sinistra che vide nell’Unione sovietica e nei paesi del socialismo reale una promessa e una speranza – Taciturno e silenzioso come un gatto sornione pronto a “scattare” – così lo definiva lo scrittore, e fotografo, Ermanno Rea –, a chi gli chiedeva perché usasse un’attrezzatura così elementare (una fotocamera Leica e qualche obiettivo in più), Caio Mario Garrubba rispondeva che le fotografie “si fanno con la testa e non con le macchine”.
A un’antipatia a pelle per i potenti, che cercava di riprendere nei momenti più “fetenti”, come lui stesso racconta, faceva corrispondere una passione incondizionata per le persone che incontrava per strada, che sono diventati nelle sue immagini i soggetti straordinari di uno dei più profondi sguardi fotografici del secondo Novecento. Per la prima volta una grande mostra rivela nella sua completezza il suo talento grazie all’acquisizione da parte dell’Archivio Storico dell’Istituto Luce di tutto il suo archivio(60.000 negativi e 40.000 diapositive, oltre a un gran numero di stampe vintage, appunti e provini).
Cosmopolita per scelta, fotoreporter indipendente tra i primi a varcare la cortina di ferro e a raccontarla al mondo occidentale, la mostra vuole mettere in luce quella tenace e responsabile volontà di documentare che ha caratterizzato la produzione di un reporter al quale poco interessavano gli eventi con la e maiuscola e meno ancora la miseria o le guerre, soggetto privilegiato dei reporter di ieri e di oggi.
‘Lontano‘, strutturata su quattro sale, di cui le prime due fanno da introduzione al lavoro tematico di Garrubba e le seconde si concentrano specificamente su alcuni aspetti specifici, mostra in un percorso espositivo fluido, internamente ritmato, in 100 splendidi scatti prevalentemente in bianco e nero con una preziosa, sorprendente appendice dedicata al colore, i tanti altrove di questo particolare viaggiatore. Le foto portano nel titolo questo semplice passaporto, ‘Mosca 1957’, ‘Cina 1959’, ‘Berlino 1961’ (lo scatto ammutolito di un uomo dietro il Muro che si sta costruendo), ‘Cecoslovacchia anni sessanta’ (un ottovolante che dice con poetica evidenza quanto sta per scoppiare politicamente nel paese) e così viaggiando con gli occhi. Il campo di Garrubba è la vita vera, colta di sorpresa, non posata. Ci sono fiere paesane, balli, ci baci. Ci sono pose rubate, ed è lì che il fotografo coglie lo spirito di una vita, e di un’epoca. Può essere la mano su un cappello, un profilo distratto, le spalle ad altezza di fondoschiena di Mao e Chruščëv (una foto, come nota il curatore Enrico Menduni, da cacciata immediata per un ‘fotografo del comunismo’), il sorriso appannato di John Kennedy o la noia sorniona di Nixon accanto a JFK; l’espressione importunata del dittatore polacco Jaruzelski.
Chiude il percorso un documento toccante e molto significativo. Un corto documentario prodotto da Luce-Cinecittà, diretto e montato da Niccolò Palomba, con un’intervista a Alla Folomietova Garrubba, la moglie e collaboratrice fondamentale di una vita, scomparsa nel gennaio di quest’anno, a cui mostra e relativo catalogo sono dedicati, che al termine del percorso racconta il profilo umano, insieme a quello del fotografo, di Garrubba.
Accompagna la mostra alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, c’è appunto il catalogo, edito da Contrasto e Istituto Luce-Cinecittà, con tutte le fotografie in esposizione, corredato dai saggi dei curatori Gabriele D’Autilia e Enrico Menduni, che tracciano il profilo etico ed estetico del reporter Garrubba e lo inquadrano nella sua definitiva collocazione internazionale, a fianco dell’amico Cartier Bresson, e dei grandi fotografi americani di Magnum, di un’estetica mitteleuropea che il fotografo studiava con attenzione. Oggi è la fotografia europea a tenere Garrubba tra i testi da studiare e capire. Completa il volume un ricordo di Maria Gabriella Macchiarulo dedicato ad Alla Folomietova Garrubba, moglie di Caio Mario e fondamentale collaboratrice di una vita.
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