Nella storia, così come nell’estetica, il film si culla tra gli Anni ’70 e i ’90, un gioco che Osgood Perkins, regista, mette in scena usando in campo e come grafica il formato 4:3, offrendo un tocco di personalità.
C’è una bambina nella sua stanzetta, c’è la neve sugli alberi, c’è una macchina in giardino: “cucù”, una voce risuona lì, tra il tenero e l’inquietante. È Longlegs, quello che conosceremo come Longlegs, nome d’arte del killer demoniaco interpretato da Nicolas Cage, all’anagrafe Dave Ferdinand Kabble.
La protagonista è Lee Herper, interpretata da Maika Monroe, agente FBI con una particolare sensibilità paranormale, capace di fine intelligenza rispetto alla lettura di simboli e alfabeti, in particolare capace di scovare “il suo algoritmo”, dettagli discriminanti che camminano sulla scia del killer: una “dote” particolarissima la sua, occulta.
Una carrellata di appartamenti foderati di cellophane e rumori sinistri tra le travi lignee della sua abitazione, una madre sfuggente al di là del filo del telefono e un capo, Carter, capace di riporre massima fiducia in questa poliziotta di primo pelo ma dalle abilità altissime per questo caso: è timidissima, quasi malinconica, quasi asociale ma altrettanto collaborativa e di spirito dinnanzi a una sequela di episodi raccapriccianti e a quel numero 14, a quel mese di gennaio, ossessivi… ripetitivi… simbolici… che, guarda caso, circolarmente, si scopre appartengano anche a lei, alla sua data di nascita.
E poi ecco comparire un soggetto non estraneo alle storie d’orrore, seppur Longlegs non sia un horror allo stato puro, ma certamente una storia orrorifica con una tessitura investigativa che s’approssima al thriller: la bambola, il soggetto bambola fa la sua comparsa sulla scena e man mano si riesce a comprendere intorno a questo giocattolo – qui con fattezze antropomorfe fortemente realistiche – quale potrebbe… essere la chiave della vicenda, seppur “svelare il finale” è impossibile perché “è il primo passo verso il male”, recita lo strillo sulla locandina rosso sangue.
Il romanzo cinematografico di Longlegs è strutturato in tre capitoli e se il secondo termina con lui che – durante un interrogatorio – dice a Lee: “chiedi a tua madre”, la parte finale – con un disturbante ricorso al favolistico “c’era una volta…” – riavvolge il nastro narrativo, permettendo allo spettatore di mettere in fila “gli indizi” e l’essenza demoniaca di Longlegs, un distorto senso della protezione materna, un tutto che porta nella direzione di una paranormale forma di libertà, personale e fattuale.
Longlegs, in anteprima italiana alla Festa di Roma – sezione Grand Public, esce al cinema dal 31 ottobre, distribuito da Be Water Film con Medusa Film.
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