“La strada scorre veloce dietro di me, poi il buio. Guidavo il motorino quando un ufficiale giudiziario mi investì con la sua auto. Avevo 23 anni. E’ stato in quel momento che la mia storia con il cinema e la giustizia è iniziata. Pensai che dai soldi dell’assicurazione avrei potuto fare un film e, insieme al mio compagno dell’epoca, Giorgio Magliulo, decidemmo di organizzarlo. In realtà il risarcimento non arrivò mai, ma realizzammo comunque nel 1985 il nostro primo lungometraggio, esordio felice, premio speciale ai Nastri d’Argento e candidato ai David di Donatello. Così è cominciata la mia carriera come regista e produttrice, caratterizzata dalla creazione di film liberi e indipendenti, ma con l’inizio del nuovo millennio è cambiato tutto. Mi sono trovata in un mondo completamente alieno e da allora, per tutto questo tempo, ho avuto una sola frase in testa, suggeritami da un’amica a me molto cara: Non fermarti mai”.
Così Antonietta De Lillo commenta il suo autoritratto cinematografico L’occhio della gallina, presentato all’81ma Mostra di Venezia, nella sezione Notti Veneziane delle Giornate degli Autori in collaborazione con Isola Edipo.
“Il film – continua – vive dell’emozione di trovarmi per la prima volta dall’altra parte della macchina da presa. La narrazione è in bilico tra passato e presente, tra realtà e immaginario, per questo ho scelto un linguaggio ibrido tra finzione e cinema del reale. La forma dell’autoritratto mi permette di porre l’emotività in primo piano, anche rispetto ai fatti, seppur violenti e unici, che hanno caratterizzato i miei ultimi vent’anni di carriera. La particolarità del film è da una parte la ricostruzione delle tappe più importanti di una lunga battaglia giudiziaria che si è svolta dentro e fuori dalle aule del tribunale, dall’altra la forza di un racconto dal vero, che non è una storia chiusa ma ancora in divenire, dove tutto sta accadendo e può accadere, davanti allo sguardo dello spettatore”.
De Lillo si riferisce naturalmente alla travagliata vicenda produttiva e distributiva del suo film Il resto di niente del 2004, tratto dal romanzo di Enzo Striano, che vedeva Maria De Medeiros – presente anche nel documentario come ideale contraltare della regista – nei panni di Eleonora de Fonseca Pimentel, patriota, politica, giornalista e poetessa italiana, figura rilevante della breve esperienza della Repubblica Napoletana del 1799.
Il resto di niente ha ricevuto 2 nomination ai David di Donatello e ha vinto il premio per la miglior costumista, mentre ai Nastri d’Argento le nomination sono state cinque.
“Ho sempre detto che non scelgo mai i miei lavori – dice ancora De Lillo – ma che sono loro a imporsi. Anche in questo caso ho avvertito l’esigenza di trasformare la mia storia personale in un film, seppur inizialmente non avessi idea di come realizzarlo. L’occhio della gallina si è composto pezzo dopo pezzo, come risultato di un piccolo “miracolo” compiutosi mio malgrado. Sono grata alla mia tenacia che mi ha permesso di portare a termine questo film, ringrazio tutti i collaboratori, gli amici e i sostenitori che hanno lavorato con me e la Film Commission della Regione Campania che non ha mai smesso di credere in noi”.
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