Loach: “I lavoratori più importanti di me”


”Sono molto triste per quanto successo a Torino, ma c’era una questione di principio: l’esternalizzazione del lavoro al Museo del Cinema, che è un evidente problema. La questione era già stata sollevata ai primi d’agosto: lavoratori esternalizzati, salari bassi e l’ulteriore taglio del 10%, 5 lavoratori già licenziati, insomma, very unfair reasons. Tra il Museo e me c’è una differenza di principio: il datore di lavoro principale ha una responsabilità per la tutela di tutti i lavoratori, al di là del loro contratto, questo è quel che penso io, mentre il direttore del Museo Alberto Barbera ha dichiarato che il Museo non può essere considerato responsabile direttamente e indirettamente per il comportamento di terze parti. Che equivale a dire, ‘ci sono persone che puliscono i nostri uffici con una paga da fame, ma noi non siamo responsabili’: ebbene, io non sono d’accordo, è contro l’interesse dei lavoratori. E sono molto dispiaciuto che qualcuno abbia sentito l’esigenza di insultare quel che stavamo facendo, dicendo che sono un megalomane (Gianni Amelio, ndr): è triste, io non sono megalomane, come non lo èneppure chi mi ha definito così. Io sarei andato a presentare il film, ma mi hanno ritirato l’invito”.

 

A Roma per La parte degli angeli, il regista Ken Loach ritorna sulla querelle che l’ha visto protagonista a distanza al Festival di Torino, di cui ha rifiutato il Gran Premio per solidarietà con i lavoratori della Rear: ”L’importante non è che io vada o meno a un festival, ma la gente che perde lavoro, ha salari da fame e non può avere una rappresentanza sindacale”. Domani Loach sarà a Torino per incontrare i lavoratori della Rear, mentre dal 13 dicembre sarà nelle nostre sale con il film, distribuito da Bim e reduce dal premio della giuria dell’ultimo festival di Cannes. ”Il mio film precedente sulla guerra in Iraq era molto duro, ho pensato fosse ora di sorridere e raccontare la storia di chi, e sono milioni in Europa, non ha né lavoro né futuro. Ho deciso di ridere con loro, perché ridere è un modo di esprimere la nostra umanità, e non vederli come semplici vittime. La commedia non è un extra, un modo di addolcire la pillola, d’altronde, potremmo considerare la commedia come una tragedia con l’happy ending. Qui al centro ci sono le contraddizioni del whisky: è la bevanda nazionale scozzese, ma i giovani non lo bevono perché costa troppo”.

 

Ma com’è cambiato l’impegno sul grande schermo? ”Oggi si dice ai cineasti che tutto dipende dal mercato, e inconsciamente qualcuno cambia le proprie idee rispetto al mercato, ma non è vero che non ci siano registi impegnati. Da Occupy ai movimenti anti-guerra c’è una preoccupazione mondiale, ma per i meccanismi di finanziamento tutto questo non viene riflesso al cinema”.

 

“Se l’Unione Europea è un’organizzazione neoliberista – conclude Loach – il capitalismo è davvero in crisi: èil momento giusto, dobbiamo organizzarci, stiamo strappando tutti gli elementi che rendono una società civile, come il sostegno ai disabili, il sovraffollamento degli ospedali, la sanità in mano alle multinazionali. Oggi non possediamo più nulla, prima avevamo metà economia, e mi piace ricordare lo slogan dei sindacati Usa: Agitate, Educate and Organize”.

autore
05 Dicembre 2012

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