‘Listen’: il dramma di figli e genitori separati dai servizi sociali

Il film è stato presentato nella sezione Orizzonti della Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia dove ha vinto il Premio speciale della giuria e il Leone del Futuro


Una Londra diversa, lontana dalla classica immagine del Big Ben e delle cabine telefoniche e i bus rossi a due piani. Una Londra periferica, ruvida, opaca, dove una famiglia portoghese si trova in condizioni economiche talmente gravi da suscitare la preoccupazione dei servizi sociali, che gli portano via i figli, di cui una in particolare, Lucia, è non udente. Di qui il titolo del film, Listen, che mette in luce le difficoltà di comunicazione sia individuali che nei confronti di una società poco disposta all’ascolto di determinate problematiche. In un crescendo di rabbia, la coppia di genitori affronta una battaglia per riottenere la custodia.

Come si può stabilire se un genitore sta facendo bene il suo lavoro? L’amore c’è, ma basta? Quanto invece dipende dalla società che non permette a tutti una vita dignitosa? E cosa succede quando le istituzioni trattano le categorie più deboli come ‘problemi da risolvere’ piuttosto che guardarle con umanità? Presentato nella sezione Orizzonti della Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia dove ha vinto il Premio speciale della giuria e il Leone del Futuro per la miglior opera prima, la pellicola di Ana Rocha de Sousa, che tratta questi temi con sicura motivazione, arriva dal 6 maggio sulla piattaforma MioCinema.

“La necessità di realizzare il film – dice la regista – l’ho sentita non solo come cineasta ma anche come madre. Le forme e le sfumature dei diversi lati di una storia, come una sorta di danza tra giusto e sbagliato, mi interessano molto. La cultura la vita ci strutturano per farci comportare correttamente e rientrare in determinate categorie, ma nulla è esattamente ciò che sembra. Non è così semplice. La capacità di entrare nei panni di qualcun altro può favorire un cambiamento. Valutare in modo astratto spesso dà adito a errori. La separazione come misura preventiva è un interrogativo per le mie convinzioni. L’unione, il sostegno e la compassione possono far ottenere risultati migliori. Questo film per me è una dolorosa esplorazione del modo in cui vediamo, di ciò che giudichiamo e crediamo e di cosa è effettivamente vero”.

“Nel 2014 – precisano gli sceneggiatori Paula Vaccaro e Aaron Brookner – Ana Rocha si è imbattuta nella notizia di questa famiglia portoghese residente in UK a cui erano stati portati via i figli dai servizi sociali britannici, con conseguente adozione forzata, dato che la politica governativa lo permette. Di lì ha iniziato a collezionare ritagli di giornale, link e video su casi analoghi, gettando così le basi per il film. Nel 2018, quando abbiamo iniziato a lavorare alla sceneggiatura, la ricerca si è intensificata. Per un anno, in corso di scrittura, il team ha parlato con esperti, istituzioni, ricercatori politici, associazioni e giornalisti, consultando ordinanze dei tribunali, archivi dei media, petizioni, casi delle vittime e documentari investigativi. Abbiamo notato che, soprattutto nel Regno Unito, i bambini vengono strappati con la forza, contro la loro volontà e quella dei genitori, cosa che può accadere fin dalla nascita, e il tribunale autorizza la “custodia” e poi l’adozione ad altri contro la volontà dei genitori. Se viene permesso un contatto, è sempre supervisionato, come numerose restrizioni tra cui, in caso degli immigrati, l’impossibilità di parlare la propria lingua madre”.

Nel caso del film, il problema è proprio il linguaggio dei non udenti che la madre deve necessariamente poter utilizzare per comunicare con la sua bambina, e che le viene freddamente negato anche in un momento in cui lei non ha a disposizione l’apparecchio per sentire. L’estrema ratio è il “rapimento” dei figli da parte dei genitori, che però spesso finisce in tragedia. 

“In effetti – chiudono gli sceneggiatori – molti genitori hanno ricevuto “ordini di ingiunzione” con cui venivano minacciati di incarcerazione se avessero deciso di denunciare il loro calvario ai media. In casi estremi ai genitori veniva tassativamente vietato di vedere i figli, e questi finivano per andare in prigione per aver tentato di farlo”.

Le ricerche possono essere consultate sul sito https://bit.ly/2GN2jpl.

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30 Aprile 2021

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