Il Commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni esce per la seconda volta dalle pagine di carta dei suoi romanzi/racconti per entrare nella corrente stagione tv, sempre interpretata da Lino Guanciale: “Sono estremamente fortunato perché nel mio percorso ho fatto personaggi che mi permettessero di mettermi in discussione: qui era una montagna altissima da scalare, Il Commissario Ricciardi è tutto il suo mondo, una sfida bellissima da giocare, un personaggio da affrontare tutto in sottrazione, cosa non fatta spesso nel mio percorso. L’ansia verso il pubblico letterario era tanta ma mi bastava pensare di essere il più privilegiato dei lettori: ho avuto l’occasione di immaginarmi il mio Ricciardi mettendolo in scena. Nella seconda stagione, c’era la giusta ambizione di andare più in là ma sempre nel rispetto del solco letterario”.
“Nella prima stagione abbiamo visto aprirsi diverse crepe nella corazza che Ricciardi s’è costruito per proteggere gli altri, più che sé: adesso, le crepe diventano falle nel desiderio di meritarsi un po’ di felicità” – continua l’attore protagonista – “Per i cambiamenti, io ho vita facile perché già nei romanzi, dal punto in cui siamo rimasti in poi, c’è una crescita fortissima della consapevolezza su che posto dare all’amore nella propria vita. È una lunga storia di formazione, di cui in queste puntate c’è una turbo-accelerazione”.
Febbre, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d’inverno: il ritorno di Ricciardi si racconta in 4 episodi da 100’, in prima visione su Rai Uno, dal 6 marzo, giocando sempre sulla contaminazione di generi – poliziesco, mystery e melò –, interrogandosi ancora sul senso della vita e del dolore.
Sono sempre gli Anni ’30 nei vicoli di Napoli e le indagini di Luigi Alfredo Ricciardi, commissario della Mobile, continuano, così come le vicissitudini sentimentali: afflitto da una maledizione ereditata dalla madre – vede i fantasmi delle persone morte in modo violento e ne ascolta l’ultimo pensiero – la sua ossessione è la cattura degli assassini. Per paura di tramandare la sua sofferenza anche ai figli, Ricciardi ha deciso di rinunciare all’amore: quello per la timida Enrica, sua dirimpettaia di casa. La ragazza, che intimamente ricambia il sentimento, è corteggiata da Manfred, Maggiore tedesco in missione in Italia. L’emotività del Commissario è messa alla prova anche dalla recente perdita della tata Rosa, sostituita nella cura della casa dalla giovane nipote Nelide. Per Maria Vera Ratti: “Enrica – che l’attrice interpreta – non si arrende, ma cerca maldestramente di staccarsi, indice di una grande disperazione. Troviamo un’Enrica più cresciuta: per me è stato il ruolo su cui mi sono formata, che ho stratificato moltissimo sin dalla prima stagione e lei qui cresce, prende consapevolezza e coraggio, e cerca di andare un po’ incontro a se stessa”.
Con le sue straordinarie doti intuitive e una vera e propria vocazione per il lavoro, Ricciardi risolve i casi di omicidio più difficili, aiutato dal fedele brigadiere Maione (Antonio Milo) e dal medico legale Bruno Modo (Enrico Ianniello), mentre l’aura di mistero che lo circonda ne fa un uomo corteggiato dalle donne: in questa seconda stagione alla sensuale Livia – che da tempo prova a scalfire il cuore dell’uomo e sembra disposta a tutto per conquistarlo – si aggiunge la contessa Bianca Palmieri di Roccaspina, con cui Ricciardi ha molto da condividere. Per Serena Iansiti: “Il personaggio di Livia non si arrende, prende una china di ostinazione, perdendo la sua allure, mondana e amabile; la vedremo bere, fumare, un po’ una rockstar maledetta. Farà breccia? Chissà”.
Per Guanciale, “la vera difficoltà, come il fascino, sta nell’enorme empatia che il personaggio cela, dall’immagine all’impermeabile: nella prima stagione, con Alessandro D’Alatri (primo regista della serie, ndr) c’eravamo detti che tutto dovesse passare dagli occhi, una cosa bellissima che già c’è nei romanzi. Ricciardi è un uomo dal senso etico molto alto, io ho cercato si stabilire dei punti di contatto col personaggio: un tratto caratteriale comune è un certo amore per la descrizione, ma lì mi fermo. Di sicuro Ricciardi si porta dietro un carico di esemplarità”.
La regia di questa seconda stagione passa la mano, da D’Alatri a Gianpaolo Tescari: “Ho avuto una fortuna enorme, ho trovato un gruppo d’attori con uno spessore straordinario scelti da Alessandro, che mi hanno incanalato nella storia; la mia fortuna è stata aumentata dagli ambienti magnifici di Francesco Frigeri (scenografo), così come dei costumi di Alessandra Torella, oltre alla luce straordinaria di Marcello Montarsi. Per provocazione, durante la lavorazione, dicevo che il nostro modello fosse Storaro: credo Marcello abbia fatto un lavoro di quella qualità”. Poi, “gli sceneggiatori hanno conservato coerenza nei personaggi principali ma hanno anche costruito verità e consistenza nei secondari, e ne sono molto grato”, aggiunge il regista.
Per Salvatore Basile, co-sceneggiatore con De Giovanni stesso, Doriana Leondeff e Viola Rispoli: “ci sono parecchie cose diverse tra le due stagioni, la principale è che la storia si apre all’amore: Ricciardi passa da un triangolo a un quadrilatero. Il tema centrale è l’amore, oltre a esserci un passaggio in avanti all’interno del Ventennio, reso in un modo mirabile dalla regia e dalla scenografia. Noi abbiamo una responsabilità pazzesca nel trasportare un romanzo in immagini, perché ogni lettore ha la propria immaginazione: noi stoppiamo l’immaginazione e loro danno una faccia ai personaggi, creando un cortocircuito con gli spettatori, che mi sembra abbiano gradito in pieno la trasformazione da immaginazione a realtà visiva”.
Gabriella Buontempo e Massimo Martino, produttori di Clemart, che ha co-prodotto con Rai Fiction, ricordando il periodo di circa otto mesi di riprese, spiegano come sia stato “un grandissimo impegno produttivo. È stato anche un grandissimo, enorme, lavoro di enfatizzazione della scenografia, unitamente a quello di ricerca sui costumi. Il set s’è sviluppato sia a Napoli e dintorni che a Taranto, per parte bassa della città, l’anima di Napoli, con una ricostruzione filologica molto dettagliata, così che Tescari potesse dirigere secondo tutti i riverberi umani dei personaggi”.
Ma ora, per il Commissario, s’avvicina il tempo di fare una scelta.
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