Misticismo e mistificazione. Una verità impossibile, una riflessione sulla fede e il suo mistero. Sono i corpi e i volti degli umani (Vincent Lindon e Galatéa Bellugi), in connessione strettissima con il tema della storia, a conferire il massimo della resa filmica: lei, una perfetta “visione” estetica ed estatica; lui uno spirito aperto e corazzato, dentro la cui vitalità si squarcia il lutto profondo, “è stato un duro lavoro fargli accettare che filmassi il suo sguardo o meglio che lasciassi al suo sguardo il tempo necessario per rivelare un’interiorità più segreta”, ha detto Xavier Giannoli del suo interprete.
Un reporter di guerra, Jacques (Vincent Lindon), reclutato dal Vaticano indaga su un’apparizione mariana in un villaggio del Sud francese, Carbarat: Anna (Galatéa Bellugi, già Natasha ne Il ragazzo invisibile), orfana e novizia, afferma di “vedere” la Vergine Maria. Jacques è estraneo a questa dimensione, eppur accetta di far parte della commissione canonica che indaga sulla vicenda. “Da molto tempo provavo il desiderio di capire che rapporto ho oggi con la religione e con la fede … e volevo farlo senza dogmatismi o pregiudizi, dal punto di vista di un uomo normale. Ho scritto questo ruolo per Vincent Lindon con cui desideravo lavorare da molto tempo … avevo voglia di filmarlo in un modo inedito. Provavo l’esigenza di riappropriarmi di queste tematiche allontanandomi dai cliché delle rappresentazioni mediatiche”, ha spiegato Giannoli, che in questo film cerca un eroe, meglio un’eroina, da porre al centro del suo racconto: è Anna, osservata e raccontata dagli occhi e dallo spirito di un uomo distante e avulso dal trascendente, e per questo ancor più intensamente efficace nel ruolo, che trascina con sé chi guarda, alla ricerca del dettaglio risolutore, tra freddo pragmatismo e vivida curiosità.
Più d’una le possibili letture della situazione, per Jacques, per il pubblico, ma Giannoli invece spiazza, con un finale “coup de théâtre” che si risolve in bilico tra verità e menzogna, entrambi possibili, montati nel perenne ribaltamento narrativo di tutto ciò che a più riprese sembra essere la soluzione. “Ci ha lasciati portando con sé il suo segreto … si è sacrificata per me”, dice di Anna, Meriém (Alicia Hava), personaggio scritto come apparentemente secondario, invece “tassello” imprescindibile del tutto.
Un film che finisce “in cielo”, con una sequenza tanto simbolica, quanto, a voler scavare nell’immaginario, quasi una citazione felliniana, ricordando le prime scene de La dolce vita, in cui la statua del Cristo lavoratore sorvola Roma: seppur differente circostanza, una delle ultime immagini del film di Giannoli è quella di un elicottero di soccorso in volo, a cui è appesa una barella che trasporta Anna; mentre s’allontana verso lo sfondo, la camera mostra in campo anche una grande statua immacolata della Madonna, in cima ad una collina, come se questa fosse atta a riferire il suo sguardo alla creatura umana.
L’apparizione, un film in cui Xavier Giannoli fa trapelare la propria personalissima intimità rispetto al tema del mistero della fede, in sala dall’11 ottobre, distribuito da Cinema.
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