Ancora una prigione in mezzo al mare per mettere a nudo i desideri, le speranze, la realtà dei personaggi e del mondo che tenta di indagare. È ambientato di nuovo su una barca – questa volta sperduta nel mare della Croazia – il secondo film di Leonardo Guerra Seràgnoli. Il giovane regista romano, dopo l’ambizioso Last Summer, che racconta un momento doloroso fra una mamma e il proprio figlio che hanno solo quattro giorni per dirsi addio, torna al cinema con Likemeback, selezionato al Festival di Locarno nella sezione Cineasti del presente e in uscita il 28 marzo con Nightswim in collaborazione con Altri Sguardi.
Una storia profondamente legata a quella raccontata nel film d’esordio non solo per l’ambientazione, ma anche e soprattutto per l’urgenza di mostrare quali misteriose dinamiche possano scattare tra individui che pensano di conoscersi ma faticano a dialogare anche con loro stessi. In Likemeback c’è anche di più, perché la storia di queste tre ragazze che partono in barca da sole per festeggiare la fine del liceo si alimenta anche del mondo dei social network. “Un universo ancora misterioso in tanti suoi passaggi – spiega il regista – che ha reso molto più complicata anche la vita reale, perché è una sorta di terra di nessuno in cui ci sono delle regole ma non delle norme. E io volevo raccontare proprio questo: quali possono essere le conseguenze dell’uso superficiale dei social, la difficoltà per chi li utilizza di autoregolamentarsi, e i potenziali effetti di questi problemi nei rapporti d’amicizia di oggi che sono in piena evoluzione e sono caratterizzati da una promiscuità di relazioni reali e virtuali simultanee e complesse e quindi ancora alla ricerca di regole etiche chiare”.
Per farlo Seràgnoli si concentra sui soggetti attualmente più vulnerabili quando si parla di social e cyberbullismo: tre donne giovani, sole (per la prima volta lontane dalla scuola e dalla famiglia), ma legate a doppio filo alla propria vita virtuale; una dimensione che prende il sopravvento proprio nel momento in cui si ritrovano a gestire il primo grande spazio di libertà della propria vita. “Ho scelto tre personaggi femminili, che rappresentano anche tre tipi di femminilità molto diverse fra loro – spiega ancora il regista – perché volevo prendere completamente le distanze da ciò che stavo raccontando. Avrei potuto scegliere tre ragazzi, maschi, della stessa età ma non sarebbe stato uguale. Avrei rischiato di mettere in scena un monologo interiore, invece volevo dare forma a un dialogo, calarmi come uno scienziato all’interno di un oggetto conosciuto solo in parte. E così ho fatto. Il progetto infatti è stato sviluppato in maniera sperimentale in uno scambio aperto e costante con le attrici, che si sono immerse nei personaggi fin dalle prime fasi della scrittura aiutandomi a dar voce alla loro generazione e a trovare lo sguardo vicino e non invadente che cercavo. Un esempio di questo lavoro faticoso ma fondamentale è stata la creazione di un profilo Instagram comune che, durante le fasi preliminari del film, ho condiviso con le attrici e grazie al quale gradualmente hanno preso forma i personaggi, in una voluta ambiguità in cui confondere continuamente persona e personaggio”.
E a dare il volto alle tre protagoniste sono tre giovani e brave attrici che si sono già fatte notare al cinema e in televisione in questi ultimi anni: Blu Yoshimi, la Cate di Piuma di Roan Johnson, Angela Fontana, una delle indimenticabili gemelle in Indivisibili di Edoardo De Angelis e Denise Tantucci, Nina in Braccialetti rossi. “Abbiamo lavorato sempre insieme – racconta Blu Yoshimi – mettendoci a confronto con personaggi dai lati estremi, che non sempre ci rispecchiavano, ma che proprio per questo ci hanno spronato a fare del nostro meglio”. “È stata come una seduta di psicoterapia – sottolinea Denise Tantucci – il mio personaggio è molto simile a me, ma proprio per questo è stato ancora più difficile capire quali fossero i confini tra il character e me; d’altronde questa promiscuità continua fra reale e virtuale, tra persona e personaggio è stata la modalità più efficace per cercare di trovare in questo film il riflesso più autentico della nostra generazione”.
Per Angela Fontana invece interpretare il suo ruolo è stato un vero e proprio tuffo in un mondo sconosciuto: “Mi sono ritrovata nei panni di una ragazza che non mi assomiglia per niente, una blogger che vive completamente immersa nella sua vita virtuale. E all’inizio è stato difficile trovare il modo per renderla credibile. Ho studiato. Mi sono documentata a fondo e ho imparato molto su un mondo che alla fine conosco pochissimo, proprio perché io i social non li utilizzo così spesso. Lavorare a questo film mi ha consentito di abbattere anche qualche pregiudizio personale in materia. Ad esempio non pensavo che le fashion blogger – quello che sogna di fare nella vita il mio personaggio – lavorassero così tanto. Da fuori sembra tutto molto più semplice. Invece è un mestiere che se fatto con costanza e serietà può essere molto più impegnativo di ciò che normalmente si può pensare da qualche foto postata su internet”.
Caratteristica portante del film è una fotografia che, insieme al montaggio, riproduce l’estetica dei social sul grande schermo: non era un’impresa facile. Il film è prodotto da Nightswim, Essentia, Indiana production con Rai Cinema e in coproduzione con Antitalent.
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