Il cuore di Ahmed (Sami Outbali) e il cuore (del film): la costruzione del sentimento – connessa alla cultura, alla contemporaneità, alla Storia della propria razza – e il soggetto nella cui interiorità matura questo sentimento. Ecco la colonna portante di Una storia d’amore e di desiderio, opera seconda di Leyla Bouzid (Appena apro gli occhi – Canto per la libertà, già premiato alle GdA di Venezia), infatti, come spiega l’autrice “Trovare il buon attore per questo ruolo era uno degli aspetti più importanti: un attore che potesse incarnare quel tipo di resistenza, quella complessità interiore, che avesse contemporaneamente una forma di virilità e una certa fragilità, che potesse essere cresciuto nei quartieri popolari e studiare Lettere, essere pieno di sentimenti amorosi e anche introverso. Avevo notato Sami in Fiertés di Philippe Faucon, in un piccolo ruolo che però mi aveva colpito e avevo il desiderio di incontrarlo. Aveva l’età e il fisico giusti. Abbiamo bevuto un caffè e subito lui si è appassionato al progetto; trovava importante raccontare quel tipo di intimità oggi ed ‘erotizzare il corpo maschile’. Ero ancora in fase di scrittura ma questo incontro mi ha molto tranquillizzata. La scelta di Sami era ovvia per me. La cosa buffa è che lui recitava, nello stesso periodo, un ruolo agli antipodi, in Sex Education 2, un ragazzo molto disinvolto e a suo agio sul tema della sessualità. Il personaggio è complesso, le ragioni del comportamento sono complesse e c’è molto di personale di Ahmed: il film vuole mettere in scena la complessità senza darne una spiegazione automatica”.
Le aule della Sorbona sono il comune terreno in cui sboccia la conoscenza tra Farah (Zbeida Belhajmor, al suo esordio) e Ahmed appunto: compagni al corso di Letterature Comparate, sono avvicinati alla scoperta e allo studio della Letteratura araba erotica medievale, specchio di un’apertura che i luoghi comuni più attuali verso la cultura in questione non permettono spesso di immaginare e quindi approfondire. “Esistono tantissimi trattati di erotologia araba che abbordano la sessualità in maniera estremamente diretta e cruda, con una grande libertà di tono. Un tempo questi testi circolavano molto, ed erano gli stessi imam che li prestavano perché si imparasse come approcciare l’amore e il sesso. Oggi si ha una visione molto più ridotta e semplificata della cultura araba. Tutto il mondo conosce Le Mille e una notte, che fa parte di un corpus letterario rigoglioso, di una ricchezza e modernità impressionanti”, dice Bouzid.
Se lo studio è il nucleo di convergenza tra le due matricole, particolari sono l’estrazione e la provenienza, riflesso ribaltato di quello che troppo semplicisticamente si potrebbe immaginare: lei è una 18enne tunisina appena arrivata a Parigi per studiare, lui francese di nascita, algerino d’origine, vive nelle banlieu della capitale francese. Chi tra i due è più leggero e spontaneo rispetto al sentimento affettivo e alla sessualità è lei, mentre più conservatore si rivela lui: “La cultura araba ha un prisma molto più ampio e Farah rappresenta la cultura giovanile attuale, è molto più avanzata” rispetto al compagno, afferma Bouzid. C’è da dire che l’autrice dà eco alla questione attribuendola ad un giovane uomo contemporaneo e correlandola a una progredita cultura araba del passato, appunto più libera e erotica di quella apparentemente attuale, ma la timidezza, l’imbarazzo, il disagio di Ahmed sono – più banalmente – riconducibili a quelli di migliaia di coetanei – occidentali, almeno – nella medesima circostanza, al di là dell’appartenenza culturale. “Ahmed è letteralmente sovrastato dal desiderio, ma cerca in tutti i modi di resistergli. È un ragazzo di cultura araba, perché è la cultura che conosco meglio, ed è pieno di dubbi, fragilità, difficoltà ad accettare i suoi slanci vitali. (…) Avevo questa necessità di esplorare la vita intima di Ahmed, filmare la sua parte di mistero, e cercare di comprenderla. La sua resistenza mi sembrava risuonare particolarmente in questo territorio periferico, in cui il sentimento amoroso è spesso attraversato da non detti. Là dove domina l’immagine di una virilità esacerbata, ho voluto dare un autentico spazio alla fragilità maschile e accordare una parte significativa alla sua sessualità”, ha spiegato ancora la regista.
La parte dedicata alla Letteratura è certamente poetica, e altrettanto densa di quell’erotismo necessario a spingere in avanti la storia, efficace è ascoltare il fuori campo che legge versi e capoversi dalle pagine in questione: “Volevo che i testi che leggono Ahmed e i suoi compagni di corso fossero parte integrante del film e volevo mettere questo giovane proveniente da una banlieue francese di fronte alla cultura araba medievale, questa eredità particolare che il padre conosce ma che non gli ha trasmesso. Questo film è certamente ‘una storia d’amore e di desiderio’ ma anche una ricerca identitaria che Ahmed percorre per arrivare fino in fondo a sé stesso. All’inizio lui cerca di sfuggire a questo corso, ma a mano a mano accetta di lasciarsi andare e arriva, nel corso della presentazione orale al corso, a esprimere anche delle cose personali, intime. Questi testi gli danno una chiave per aprirsi, a lui stesso, al mondo e a Farah”, continua Leyla Bouzid.
Un ulteriore e non secondario elemento artistico del film è la musica (di Lucas Gaudin le Musiche Originali): “Ci sono tre punti chiave: il concerto, il sassofonista per strada e il matrimonio. Il sassofonista, un mio amico, non aveva mai scritto per il cinema, ma aveva scritto un pezzo, che porta il titolo del film, me l’ha fatto ascoltare e ho pensato fosse giusto. La musica rappresenta l’interiorità del personaggio”.
Il film, già uscito con successo lo scorso autunno in Francia, arriva nelle sale italiane dal 25 marzo, grazie a Cineclub Internazionale Distribuzione.
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