La montatrice Thelma Schoonmaker e il regista e documentarista Frederick Wiseman sono i Leoni d’oro alla carriera di Venezia 71. L’americana Thelma Schoonmaker è riconosciuta come uno dei più straordinari montatori, come testimoniano tre Oscar (Toro scatenato, The Aviator, The Departed) e due BAFTA (Toro scatenato, Goodfellas), nel corso della sua lunga carriera. La sua collaborazione con il regista Martin Scorsese è iniziata nel 1967 con il montaggio di Chi sta bussando alla mia porta?. Dal 1980 in poi ha montato tutti i lungometraggi di Scorsese fino al recente The Wolf of Wall Street (2013).
Oltre alla sua attività di montatrice, Schoonmaker lavora per promuovere i film e gli scritti del regista Michael Powell, suo marito. Con Thelma Schoonmaker è la prima volta che il Leone alla carriera della Mostra di Venezia viene attribuito a un artista del montaggio.
L’americano Frederick Wiseman è un documentarista indipendente. Ha realizzato 39 documentari e 2 film di finzione: opere narrative drammatiche che cercano di ritrarre l’esperienza umana all’interno di una grande varietà di istituzioni sociali contemporanee. Tra i suoi documentari si ricordano Titicut Follies (1967), Welfare (1975), Public Housing (1997), Near Death (1989), La Comédie Française ou L’amour joué (1996), La danse-Le ballet de l’Opéra de Paris (2009) e At Berkeley (2013, presentato a Venezia).
Wiseman ha vinto numerosi premi tra i quali quattro Emmy, un MacArthur Prize Fellowship e un Guggenheim Fellowship. La sua opera più recente è National Gallery (2014), presentata all’ultimo Festival di Cannes.
La Mostra di Venezia avrà una preapertura con una serata speciale (ore 20.15) martedì 26 agosto dedicata alla città e ai veneziani. Al Lido, nella Sala Darsena (Palazzo del Cinema) completamente rinnovata e ampliata da 1300 a 1409 posti, si terrà l’anteprima di Maciste alpino (1916) di Luigi Maggi e Luigi Romano Borgnetto con Bartolomeo Pagano (Maciste), in nuova copia restaurata in occasione del Centenario della Grande Guerra.
Supervisione alla regia di Giovanni Pastrone (Cabiria). Si tratterà della prima proiezione pubblica alla Sala Darsena dopo il restauro di questi ultimi mesi. La ricostruzione e il restauro digitale della versione originale sono stati realizzati dalla Biennale di Venezia in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino, presso il Laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna.
L’accompagnamento musicale dal vivo sarà del jazzista Raffaele Casarano con il suo quartetto ‘Locomotive’, come da scelta del direttore del Settore Musica, Ivan Fedele. “Sarà una sorta di ‘Jazz Suite’ tra musica scritta e musica improvvisata – ha dichiarato Casarano – lasciando ai musicisti la libera interpretazione di quel momento. Un viaggio dove la musica non farà altro che ‘raccontare’ emotivamente le immagini e gli stati d’animo”.
Maciste alpino è un film di propaganda bellica prodotto in Italia nel corso della Prima guerra mondiale e dal punto di vista narrativo l’abilità del racconto è nel trattare con efficacia in tono leggero i temi più drammatici.
Maciste, il mitico personaggio interpretato da Bartolomeo Pagano, aveva fino ad allora interpretato solo due film ma questi erano stati più che sufficienti a conquistare il cuore del pubblico. Se in Cabiria (G. Pastrone, 1914) era uno schiavo africano vissuto all’epoca delle guerra puniche, nel suo primo film da protagonista, Maciste (1915) aveva cambiato epoca, mestiere e colore della pelle per mettere in scena se stesso come attore cinematografico. Tutto poteva cambiare, tranne la sostanza del personaggio: un eroe popolare che mette la sua forza incredibile a servizio dei deboli, degli oppressi, risolvendo le ingiustizie con il sorriso sulle labbra.
Sorridere tuttavia, all’epoca dell’uscita del film non era così facile. Dopo un anno di conflitto, per il paese era ormai chiaro che la speranza di una conclusione rapida e vantaggiosa fosse un’illusione. Sul finire del 1916 l’Italia in guerra mobilita il gigante buono più amato dello schermo. Maciste dunque va alla guerra e ha la meglio sugli austriaci che l’hanno fatto prigioniero.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre