Le cagnette russe che tornarono dallo spazio


Tutti conosciamo la storia di Laika, l’eroica cagnetta che nel 1957 venne sparata dai russi in una capsula nello spazio. Un viaggio senza ritorno, il cui esito, si seppe poi, era previsto fin dall’inizio: la povera bestiola era destinata a morire tra le stelle, di paura e di solitudine.

In Space Dogs, primo film d’animazione in 3D realizzato in Russia, grande incasso della scorsa stagione nell’Est Europa, sovvenzionato dal Centro di Studio Nazionale del Cinema, si preferisce raccontare un’altra storia, realmente accaduta come quella di Laika, ma a lieto fine: protagoniste del cartoon sono infatti Belka e Strelka, le due cagnette che il 19 agosto 1960, a bordo dello Sputnik 5, trascorsero un intero giorno nello spazio, riuscendo poi a rientrare sulla Terra sane e salve. Belka è – si immagina nella finzione filmica – una star del circo di Mosca, Strelka una semplice randagia. Un giorno un’auto misteriosa le rapisce e, assieme a un simpatico topolino, le porta al centro spaziale dove, sotto la supervisione del severo pastore tedesco Kazbek, verranno addestrate per la loro missione straordinaria, che alla fine loro stesse accetteranno con grande entusiasmo, vivendo come un percorso di affermazione tutte le dure prove a cui verranno sottoposte, dal nutrirsi di gelatina all’essere centrifugate violentemente in un macchinario infernale per allenare il cuore e la pressione sanguigna.

La scelta di una storia dove alla fine nessun cane ci lascia la pelliccia è ovviamente funzionale a metter su un racconto per bambini dove, nonostante qualche momento di tensione – l’arrivo al centro di addestramento sembra l’introduzione dei prigionieri a un gulag – alla fine i toni sono allegri e scanzonati. I registi Inna Evlannikova e Svyatoslav Ushakov caratterizzano i personaggi in maniera piuttosto classica, seguendo modelli archetipici: c’è il cane intrepido e quello credulone, ci sono i brutti ceffi che poi alla fine rivelano un cuore d’oro, c’è la spalla simpatica (il topolino Vanja) e perfino un pappagallo alla costante ricerca di un pezzo di formaggio che tanto ricorda il buffo scoiattolo Scrat de L’Era Glaciale.

 

Ai tempi di narrazione e agli espedienti cinematografici “che vengono dal freddo” bisogna un po’ abituarsi: la storia è piena di digressioni, a tratti fuorvianti, il 3D è coraggioso ma ancora acerbo, la grafica computerizzata piuttosto elementare. Ma, alla fine, saranno i pargoli a decidere se il film, al box office nostrano, raggiungerà le stelle come ha fatto in patria. Anche perché, in controtendenza rispetto alle produzioni mainstream americane, da Shrek a Toy Story, in questo caso non ci sono concessioni di sorta per il pubblico di genitori accompagnanti: nessuna battuta a doppio senso, nessuna citazione da film “che piacciono ai grandi”. Forse solo – ma è una prerogativa dell’edizione italiana – l’inconfondibile timbrica di Pino Insegno nella voce del cagnone bolscevico Kazbek. Insomma, il piano di lettura del film – perfettamente sintetizzato dalla frase di lancio – è semplice e univoco: “Eroi a quattro zampe alla conquista dello spazio”.

Per una visione più completa e più realistica, ma comunque adatta a un pubblico di ragazzi, dell’impiego degli animali negli esperimenti spaziali in URSS, si può abbinare la visione del film alla lettura del fumetto “Laika” (Magic Press, 208 pagine a colori), dell’inglese Nick Abadzis, che ha vinto il prestigioso Eisner Award 2008.

Space Dogs 3D, distribuito da One Movie Entertainment, uscirà nelle sale il 25 marzo 2011.

autore
22 Marzo 2011

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