Lavia: “Il teatro è ineludibile, il cinema è destinato a essere superato”

Gabriele Lavia, protagonista del nuovo film di Avati, si lancia in una riflessione sulle differenze tra cinema e teatro. I pareri di Antonio Avati, Massimiliano Orfei e Gianluca Curti


Gabriele Lavia, protagonista con Edwige Fenech del nuovo film di Pupi Avati La quattordicesima domenica del tempo ordinario, si lancia in una interessante riflessione sulle differenze tra cinema e teatro. “Il cinema, al di là del valore dei film, come fenomeno sociale è una techne e ha il destino inevitabile di essere superato da un’altra techne. Gli egiziani furono sconfitti da un popolo che aveva inventato l’arco con le frecce. Oggi il film ognuno se lo fa a casa con il telefonino. Questo non toglie nulla al valore di ciò che stiamo facendo. Ma il teatro è un’altra cosa, è vivo, ineludibile. Non si può paragonare”.

Per Antonio Avati, produttore del film con la DueA, “Il cinema in sala vince su ogni altra forma, piattaforma o tv generalista che sia. Per questo noi continuiamo a fare film per la sala e a resistere”.

Gianluca Curti di Minerva Pictures, coproduttore: “Il cinema è industria e arte, una forma di artigianato evoluta. L’industria e la politica stanno facendo uno sforzo enorme per mantenere la centralità della sala cinematografica perché è fondamentale anche dal punto di vista culturale e sociologico. La sala si modifica nel suo aspetto, si evolve, ma la fruizione in sala è un’esperienza unica che resta fondamentale per tutti noi. Il cinema è un evergreen”.

Massimiliano Orfei, ad di Vision Distribution: “C’è una profonda diversità tra teatro e cinema. Il cinema è soprattutto un’industria e il successo di un film si misura con numeri molto superiori rispetto a quelli del teatro. Poi è più complicato dopo la pandemia muovere dal divano le persone. Però cinema e piattaforma sono complementari. L’esperienza cinematografica non è replicabile. La ripresa è in atto, ci sono segnali confortanti. Le difficoltà di recupero dopo la pandemia ci sono state anche in Francia e Spagna, ma in Italia la politica è stata la più rigorosa con sei mesi di chiusura totale, poi l’infrastruttura degli schermi da noi è storicamente più debole. Questi due fattori giustificano la differenza di recupero nei tempi. Mentre il valore del prodotto è soggettivo perché i film internazionali che escono in Italia sono uguali a quelli che escono negli altri paesi e la produzione italiana è una delle più importanti del mondo. C’è pluralità di offerta. Bisogna avere pazienza e perseverare. Già quest’anno recupereremo”.

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27 Aprile 2023

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