Non sono nuove nel cinema italiano le rivisitazioni della Sacra Famiglia da Io sono con te di Guido Chiesa (2010) che tornava alla semplicità della Palestina evangelica con una Madonna poco più che bambina a Il ventre di Maria (1992) di Memè Perlini che all’epoca destò scandalo per la sua radicalità.
Adesso arriva Bar Giuseppe di Giulio Base, prodotto dalla Onemore Pictures di Manuela Cacciamani con Rai Cinema, che si concentra più che sulla Vergine sul suo sposo, figura piuttosto trascurata se non opaca. “Mi ha colpito, nel libro di Gianfranco Ravasi Giuseppe il padre di Gesù, libro di poche pagine potenti, la descrizione di questo personaggio di cui non sapevo quasi nulla. Giuseppe non parla mai, ma è un uomo giusto, lavoratore, sta un passo indietro, ed è così raro in questi tempi in cui tutti sono ad alto volume. Ha fatto risuonare in me una riflessione sulla crisi della paternità”, spiega il regista collegato via zoom.
Base (Il banchiere anarchico la sua più precedente fatica) ha immaginato la storia contemporanea di un uomo avanti negli anni (Ivano Marescotti) che rimane vedovo in un piccolo paese della Puglia. Ha due figli adulti – uno è un tossico sempre alla ricerca di soldi, l’altro, Nicola Nocella, un panettiere di vedute ristrette) e la sua vita sembra finita. Ma per farsi dare una mano nella stazione di servizio con annesso bar, assume una giovanissima africana (Virginia Diop), gentile e compassionevole. Tra i due nasce un sentimento platonico eppure molto forte che dovrà superare razzismo, maldicenza e pregiudizi.
“Non volevo fare un presepe ma narrare una storia d’amore in cui rimane comunque il dubbio sulla gravidanza misteriosa di Bikira. Forse è un miracolo, ma forse no. Un enigma in cui ogni spettatore trova delle risposte personali, come se il film si rivolgesse solo a lui. Non c’è solo la lettura spiritale e cristiana, ma anche quella laica”.
Per Marescotti, attore di rango e dal lungo curriculum, un personaggio difficile, che parla pochissimo e si è costruito lentamente, senza mai voler essere didascalico. “Non ha bisogno di tante parole e alla fine la sua risposta è la fiducia nella giovane moglie”. Virginia Diop, di madre italiana e padre senegale, alla sua prima esperienza di recitazione, ha avuto tra gli spunti anche la lettura di Lolita di Nabokov “per la grande differenza di età tra i due personaggi. “Il loro – dice – non è un amore passionale, ma un sentimento puro”. E sul tema dell’accoglienza verso lo straniero: “Le migrazioni ci sono sempre state su questo pianeta. Oggi, al di là del covid, è un tema più che mai attuale e complicato. Credo che ognuno di noi dovrebbe cercare di immedesimarsi in chi fugge dalla violenza, dalla fame o dalla guerra. Possiamo capire che tipo di persona siamo dalla nostra capacità di dare una mano a chi ne ha bisogno”.
Per Base la scelta di raccontare una realtà dove migranti e italiani vivono insieme, non senza tensioni, è stata naturale prima che politica. “Gli esiliati, ieri e oggi, sopportano le stesse condizioni: l’angoscia di non essere accolti, cosa mangiare, dove abitare, con quale lavoro. Da figlio di migranti, assisto al degenerare delle loro speranze. E ho voluto rileggere la figura di Giuseppe, eterno padre su cui ci si interroga molto anche oggi, per trovare un’attualità inaspettata. Poi ho trovato questo piccolo bar dove gli immigrati che lavorano nei campi vanno a bere un’aranciata e ricaricare il telefono, una location perfetta in una piccola stazione di servizio al confine tra Puglia e Basilicata, tanto è vero che molte comparse del film sono veri migranti. Non ho nessun merito se non aver catturato questa realtà”.
Dopo il debutto alla Festa di Roma, il film, sostenuto produttivamente anche dalla Apulia Film Commission, doveva arrivare in sala il 19 marzo, per San Giuseppe. Poi c’è stato il coronavirus. Ora sarà disponibile sulla piattaforma Rai Play dal 28 maggio. “La sala –commenta Base, ora al lavoro sul progetto Un cielo stellato sopra il Ghetto di Roma – è il luogo migliore per il cinema, ma in una condizione ineluttabile come quella che stiamo vivendo non posso che dire grazie a Rai Cinema e Rai Play perché finalmente potremo darlo nelle mani del pubblico e potranno vederlo ovunque, anche in provincia”. E sul futuro del cinema: “Lo vedo difficile, ma il 15 giugno andrò in una sala e comprerò un biglietto, anche se ancora non so che film vedrò”.
Bar Giuseppe fa parte di un pacchetto di otto film che debutteranno su Rai Play, una serie inaugurata da Magari di Ginevra Elkann che ha già totalizzato circa 360mila visualizzazioni. “Abbiamo 15 mln abbonati e siamo una piattaforma gratuita – ricorda Maurizio Imbriale, responsabile produzione e gestione dell’offerta – con film molto belli e interessanti che forse avrebbero avuto una vita difficile in sala per la situazione del cinema attuale. Continueremo anche dopo l’emergenza a fare una programmazione ragionata con film italiani e opere da cineclub, siamo convinti ne valga la pena come servizio pubblico. Con Il sindaco del Rione Sanità di Mario Martone abbiamo fatto due mln di visualizzazioni”.
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