È una vicenda toccante che ha avuto una grande eco mediatica, in Italia ma anche nel resto del mondo, quella di Elisa Girotto, la mamma quarantenne morta nel 2017 per un tumore scoperto durante la gravidanza, che, sapendo di avere poco tempo a disposizione, aveva lasciato alla figlia, nata da poco, un’eredità speciale: dei regali da aprire ad ogni futuro compleanno, fino alla maggiore età. Una storia commovente che è diventata un film, 18 regali, con la regia di Francesco Amato (Lasciati andare, Cosimo e Nicole, Ma che ci faccio qui), che arriva nelle sale dal 2 gennaio con Vision Distribution, prodotto da Lucky Red con 3 Marys Entertainment e Rai Cinema.
La vicenda di cronaca esplose letteralmente sui giornali, varcando i confini nazionali, tanto che la famiglia di Elisa fu immediatamente contattata da numerose produzioni internazionali che volevano realizzarne un film. La scelta è poi caduta su una produzione italiana, racconta il marito di Elisa, Alessio Vicenzotto, che ha collaborato anche alla sceneggiatura del film, e che sottolinea quanto sia stato fondamentale nella scelta l’incontro con il regista: “Per me è stato importante il fatto che sia entrato in casa mia in punta di piedi, che abbia voluto sapere da me la vera storia e non solo quella raccontata dai giornali, facendone, poi, un film non sulla morte ma sulla vita e sul rispetto della vita”.
“Alessio – conferma Francesco Amato – mi ha aperto le porte della sua casa con una generosità non scontata, anche considerando che la moglie era scomparsa da appena un mese. Mi ha svelato l’immaginario e i segreti di Elisa, contenuti nelle sue lettere, messaggi di grande potenza emotiva in cui c’era la volontà di misurarsi con il futuro a pochi giorni da una morte che per lei era qualcosa di pienamente consapevole. Ho voluto raccontare la testimonianza di Elisa, un messaggio di speranza, e per farlo abbiamo scelto di modificare la storia e renderla una storia d’amore, in cui non poteva non esserci un incontro tra madre e figlia, che abbiamo immaginato e che può anche essere considerato onirico, ma che per me è un incontro psicoanalitico”.
18 regali parte, infatti, dalla storia vera per immaginare la figlia (Benedetta Porcaroli), che nella realtà oggi ha solo tre anni, ormai diciottenne, alle prese con l’ultimo dono da scartare e con una grande rabbia per l’assenza subita e per quel dramma che vive ancora come profondamente irrisolto. La ragazza scappa dalla festa organizzata dal padre (Edoardo Leo), ma viene investita in un incidente. Al suo risveglio si ritrova sbalzata indietro nel tempo, faccia a faccia con quella madre che non ha mai incontrato (Vittoria Puccini) e che ha così l’incredibile occasione di conoscere. L’elaborazione del lutto si trasforma in un racconto che va al di là della cronaca per restituire, in primo luogo, una grande storia d’amore, come sottolinea il regista: “Fin dall’inizio l’intenzione era quella di andare oltre il lutto, cercando di rendere una storia universale, capace di parlare a tutti. Provando anche a non enfatizzare troppo sul lato emozionale della vicenda per non farne un film emotivamente ricattatorio”.
Ad interpretare Elisa Vittoria Puccini, che ha detto di essersi avvicinata alla storia con il massimo rispetto che le era possibile, parlando a lungo con il marito che l’ha accolta in casa qualche giorno prima delle riprese e le ha fatto vedere lettere e regali lasciati dalla donna. “Mi sono emozionata molto e, al tempo stesso, ho sentito anche la positività di questo gesto, che è soprattutto un inno alla vita – racconta l’attrice – Una donna malata ha avuto il coraggio di non soffermarsi al presente, di guardare al domani che di solito ai malati fa paura, per proiettarsi nel futuro della figlia e accompagnarla fino al suo diciottesimo compleanno, con qualcosa che somiglia un po’ a un kit di sopravvivenza per affrontare la vita e che contiene l’esortazione a vivere e a godersi la vita fino in fondo”.
Il film è una metafora del percorso di accettazione ed elaborazione del lutto, e probabilmente parlerà agli spettatori toccando corde diverse, anche in base al vissuto e alla sensibilità personale. “Anche noi interpreti ci siamo emozionati sul set – confessa Vittoria Puccini – È un tipo di storia che pretende e chiede anche a tutti di essere vissuta fino in fondo. La difficoltà per noi attori è stata quella di trovare il modo di gestire un’emotività così forte. Per non farci travolgere dalle emozioni”.
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