E’ la storia sociale, politica, di costume della Prima Repubblica, dal 1945 al 1983, quella che scorre ne Il gioco degli specchi, il documentario per la regia di Carlo Di Carlo, prodotto e distribuito da Istituto Luce Cinecittà e presentato tra gli Eventi del Festival del Film di Roma. Il regista e Flavio De Bernardinis hanno selezionato dal ricco, prezioso e inesauribile Archivio Luce una grande quantità di immagini di repertorio, di cinegiornali, di documentari, che sono stati ristampate dai negativi originali, mentre i materiali sonori hanno conservato la loro integrità originaria. Alla fine il montaggio delle immagini scelte dà loro nuovo senso e significato, offrendoci uno sguardo originale e approfondito sulla Prima Repubblica, con i suoi riti e i suoi strappi.
Un ritratto della società italiana, senza alcun commento o intervento aggiuntivi, che comincia nell’Italia liberata dalla dittatura fascista e dalla guerra e si conclude con un emblematico convegno a Milano sulla libertà d’antenna televisiva, tra gli invitati a parlarne un giovane e sorridente Silvio Berlusconi, difensore da subito della tv commerciale privata. “Un ritratto che si fonda su un interrogativo – affermano i due autori – la vita nazionale risulta fedele all’immagine proveniente dallo schermo cinematografico, oppure caparbiamente sfasata, in avanti e indietro, in anticipo e in ritardo?”.
La risposta per Di Carlo e De Berardinis sta “in un tenace, profondo, gioco di specchi tra il dispositivo cinematografico nella sua interezza, e il tessuto sociale nella sua complessità”.
Molti i richiami al nostro cinema, a cominciare dai set. E allora Le mani sulla città di Francesco Rosi con il crollo improvviso di una casa diroccata; Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti con il cortile della casa popolare milanese imbiancata dalla neve artificiale; gli spazzini di Miracolo a Milano che in piazza Duomo cavalcano le scope; i giovani e timidi attori non professionisti de Il posto di Ermanno Olmi. E poi tanti personaggi del mondo del cinema: Anna Magnani alla prima de L’onorevole Angelina; il regista Pietro Germi che con sarcasmo parla di un suo film: “E’ strano, abbiamo riso tanto e siamo spaventati”; Marcello Mastroianni sul set de I compagni che racconta la trama del film a due anziani socialisti; Alberto Sordi che doppia se stesso: la maschera ironica di Totò al seggio elettorale; una poco disinvolta Gina Lollobrigida intervistata sulla condizione della donna; Silvana Pampanini coperta di schiuma nella vasca di casa; Silvana Mangano da poco diventata mamma nella clinica che la ospita.
E ci sono poi le mobilitazioni del mondo del cinema sulla censura e sulla crisi delle sale; e ancora gli studios di Cinecittà aperti al pubblico e visitati dall’allora sindaco di Roma Luigi Petroselli e dall’assessore Renato Nicolini.
Due nomi e due volti ricorrono nel documentario: Pier Paolo Pasolini e Aldo Moro narrati, talvolta in modo superficiale e irridente dai cinegiornali, fino alla loro tragico epilogo.
Ci sono i grandi eventi che hanno segnato in modo indelebile il Paese: le votazioni del 1948; l’attentato a Palmiro Togliatti e il suo primo discorso dal letto d’ospedale; l’uccisione di Salvatore Giuliano, il ’68 con le immagini dei Cinegiornali del Movimento studentesco realizzate da Silvano Agosti; la strage di Piazza Fontana; il rapimento di Aldo Moro.
E alla fine quanta tenerezza e candore nelle parole di quei ragazzi e ragazze di fine anni ’60 e inizio anni ’70 che dicono la loro sul loro ruolo nella società, sulle proteste e sulla contestazione nelle strade, sul futuro che li attende. Forse proprio rivedendo queste immagini è possibile capire che cosa della Prima Repubblica dobbiamo conservare, recuperare, avere memoria nell’impresa di ridare una speranza al Paese, nonché di costruire la Terza Repubblica, ormai declinata la Seconda tra corruzione e antipolitica.
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