La parità, una rivoluzione culturale che nasce nelle scuole

Il Seminar on Gender Equality and Inclusivity in The Film Industry, organizzato da La Biennale di Venezia, Eurimages, Women in Film, Television & Media Italia


VENEZIA – La parità di genere continua a essere un argomento di dibattito, anche nell’industria cinematografica. La limitata presenza delle donne nel settore, la minore visibilità nella professione, i salari più bassi rispetto a quelli degli uomini, gli stereotipi, il sessismo, sono tutti scogli da affrontare e superare. In un festival internazionale come la Mostra del cinema di Venezia già da alcuni anni si punta l’attenzione sul tema dell’uguaglianza di genere e dell’inclusione, e anche in questa edizione si è svolto nello Spazio incontri del Venice Production Bridge, all’hotel Excelsior, il Seminar on Gender Equality and Inclusivity in The Film Industry, organizzato da La Biennale di Venezia, Eurimages, Women in Film, Television & Media Italia.

Nel 2018 il direttore della Mostra Alberto Barbera e l’allora presidente della Biennale, Paolo Baratta, avevano firmato un protocollo per il raggiungimento di un’equa rappresentazione di uomini e donne da lì a due anni. Quell’obiettivo non è stato raggiunto, ma Barbera ha confermato “l’impegno di arrivare a un 50% della presenza femminile al festival. Anche se ad oggi non è così, c’è stato un grande passo avanti per quel che riguarda le tematiche femminili. C’è un’attenzione alla condizione della donna, raccontata nelle storie non solo dalle registe, ma anche dagli uomini. Ci sono film che parlano di solitudine, pregiudizi esistenti, violenza contro le donne”.

Se nel concorso principale di quest’anno ci sono solo cinque film diretti da donne su ventuno (nel 2020 erano stati otto), sono, invece, complessivamente 1037 su 3500, pari al 29,6%, le registe presenti alla Mostra, tra film, cortometraggi e realtà virtuale. I numeri crescono per quel che riguarda le opere prime e seconde, arrivando al 33%, ossia 607 su 1839.

“Per ora sembra esserci una certa stabilità nell’industria del cinema, anche se nella sua crudezza i dati ci appaiono poco incoraggianti – ha detto Barbera – Ma una certa progressione c’è in questo processo che sta diventando largamente condiviso da obiettivi comuni. Tutti vogliamo superare pregiudizi e convinzioni del passato, è necessaria la conquista di una parità di genere, nonostante qualche resistenza che riguarda solo una minoranza rispetto alla consapevolezza collettiva”.

“Per noi è fondamentale attuare degli strumenti che pongano l’attenzione non solo sulla parità di genere, ma sulle condizioni economiche, politiche, sociali, di formazione così da riraccontare la storia del mondo attraverso lo sviluppo delle arti”, ha detto Roberto Cicutto, Presidente della Biennale, che ha fatto riferimento anche alle iniziative realizzate a sostegno degli artisti dell’Afghanistan, soprattutto per quel che riguarda la condizione della donna.

Al panel era presente anche Luisella Pavan-Woolfe, Direttore Ufficio di Venezia del Consiglio d’Europa: “La crisi pandemica che abbiamo vissuto in quest’ultimo anno e mezzo ha colpito le nostre vite dal punto di vista anche sociale e culturale. Nel cinema si sono fermate le produzioni e le sale hanno chiuso, portando alla disoccupazione di molti professionisti. Ne sono state colpite soprattutto le donne e i loro diritti umani”.

Tra coloro che forniscono sostegno paritario a uomini e donne c’è Eurimages, il fondo del Consiglio d’Europa per la co-produzione, la distribuzione, esposizione e la digitalizzazione delle opere cinematografiche europee, che dal 2013 ha messo in opera delle attività per il superamento del gender gap, fino all’ultimo piano 2021/23. Enrico Vannucci, Deputy Executive Director, ha sottolineato come le donne siano “ancora sottorappresentate. La strada è lunga, ma la tendenza è positiva”.

“Dal 2012 al 2020 i finanziamenti a progetti di uomini sono stati del 93% contro il 7%, con una fortissima presenza del genere maschile – ha spiegato sempre Vannucci – Il trend però è positivo perché nel 2020 questi dati sono passati rispettivamente al 64% e 36%. La percentuale di registe e sceneggiatrici si attesta intorno al 29% e 34%, si arriva al 37% per quel che riguarda le montatrici. Se i sound engineer sono per il 91% uomini, il lavoro nel settore dei costumi è al 91% femminile”.

Uno studio condotto dall’Università Cattolica di Milano ha rivelato poi come su un campione di 1085 film distribuiti nelle sale, tra 13094 professionisti, suddivisi in dieci mestieri, 1125 siano stati diretti da registi e 213 da registe. Ci sono 1628 sceneggiatori contro 432 sceneggiatrici, 2415 produttori e 923 produttrici.

Se è fondamentale attuare delle iniziative a favore della parità di genere, per Lucia Borgonzoni, sottosegretaria alla Cultura, che è intervenuta all’incontro in collegamento streaming, “la rivoluzione culturale deve partire dalla scuole. Come ministero da anni stiamo cercando di aumentare la presenza delle donne nell’audiovisivo. Sin da piccoli bisogna raccontare ai bambini le grandi donne che hanno fatto la storia e che sono state importanti nella cultura e nell’arte”.

È d’accordo Marta Donzelli, Presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e produttrice, che ha concluso: “Questi numeri dimostrano che il problema c’è e che esiste un divario culturale profondo. La narrazione e i modelli sono fondamentali. È da lì che bisogna partire. il momento della formazione e l’accesso alle professioni è uno step fondamentale”.

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07 Settembre 2021

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