Dal 27 gennaio, in occasione del Giorno della memoria, su RaiPlay in esclusiva e sabato 6 su Rai Uno. Queste sono le date e i riferimenti per poter vedere Un cielo stellato sopra il ghetto di Roma, il film di Giulio Base, presentato già alla Festa del Cinema, che racconta la storia della Shoah, cicatrice insanabile nella storia dell’umanità, ma in modo inedito, attraverso l’avventura e la ricerca della verità da parte di un gruppo di ragazzi, cristiani ed ebrei, incrociando passato e presente. Il film è dedicato alla memoria di Israel Cesare Moscati, che lo ha ideato e parzialmente scritto, ed è venuto tristemente a mancare prima della fine della lavorazione.
Il ritrovamento di una lettera e della misteriosa foto di una bambina porterà Sofia e i suoi giovani amici alla ricerca della verità. Una storia in cui il dolore si unisce alla speranza e in cui diverse religioni diventano una cosa sola. Cercando di svelare il mistero che si cela dietro quella foto, Sofia e i suoi amici affronteranno quindi un avventuroso viaggio attraverso la memoria di un passato doloroso come quello del rastrellamento del quartiere ebraico di Roma e insieme, attraverso l’amicizia e il ricordo, riusciranno a trasformare tutto questo nell’occasione per ritrovare una nuova speranza.
“Il nostro film – ha detto Base – vuole restituire la drammaticità di una singola storia, intrecciando e accompagnando lo spettatore in un viaggio introspettivo nella coscienza di un gruppo di adolescenti, qualcuno ebreo, qualcun altro no: bisogna continuare ad approfondire, a studiare, soprattutto a frequentarsi fra le diverse religioni, perché anche l’indifferenza può diventare peggio dell’odio…della Shoah non si parlerà mai abbastanza. La cosa che amo di più in assoluto dopo il cinema è studiare, e questo film mi ha permesso di farlo allargando i miei orizzonti e conoscendo l’uomo meraviglioso che era Israel. Quando è venuto a mancare ho sentito ancora di più la responsabilità del passaggio di testimone e di quello che stavamo raccontando. Da lui ho imparato la forza delle idee, era pieno di intuizioni, voleva metterci dentro tutto, la Shoah, la musica, lo sport, il confronto, il futuro. Come tutti quelli che vogliono fare la loro opera prima, anche se non lo avrebbe diretto. E poi non c’è mai stata una telefonata in cui non rispondesse ringraziando Dio. Era molto religioso e spirituale. Negli ultimi mesi sono stato tra le persone che lo ha frequentato di più. La prima cosa da fare era trovare i ragazzi. Sono liceali ed era evidente che non potevano esserci grandi nomi, ma ci tenevamo a realizzare un casting ben fatto. La battaglia è affinché queste cose non si dimentichino. C’è stata la più grande tragedia della storia ma anche la complicità di troppi che hanno fatto finta di non vederla. I ragazzi hanno l’età dei miei figli, e so che loro conoscono la Shoah attraverso i libri di storia ma soprattutto attraverso il cinema, da Schindler’s List a La vita è bella. Credo che abbiano voglia di approfondire. Shoah e cinema hanno avuto periodi alterni. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale agli anni ’60 di Kapò ci sono 15 anni di silenzio. Non perché si avesse voglia di negare ma perché prevaleva la voglia di rinascita. Film criticatissimo, tra l’altro, anche dai Cahièrs che lo accusavano di drammatizzare troppo gli eventi. Poi arrivarono i film Sexploitation ai limiti del porno sui campi di concentramento. Quindi la Memoria è un dovere. Lo dobbiamo fare, anche con un sorriso, perché quello che è accaduto non è stata un’inondazione, un terremoto o la pandemia che stiamo vivendo oggi. C’era una colpa, e a colpa si risponde con perdono o pena, ma bisogna fare sì che questo non accada. Perché in questo caso è possibile. A maggior ragione quando poi escono fuori situazioni negazioniste, come ho avuto modo di capire parlando con il rabbino Capo della Comunità di Roma. Sono convinto che alla base del negazionismo ci sia l’ignoranza. Sono convinto che se qualcuno si mettesse a parlare, anche con calma, con gli stupidotti che si tatuano la svastica probabilmente riuscirebbe a farli ragionare”.
Il film alterna bianco e nero e colore, silenzi e musica in un’onda poetica travolgente. “Il silenzio – dice ancora Base – è la voce di Dio, e questo film è molto spirituale. C’è una conversione da parte della protagonista e un continuo confronto tra le religioni. Nella cultura ebraica vita politica e religiosa non sono separate. Ma la loro cultura fa parte della nostra. Chi è nato cristiano ha origini ebraiche. C’è poi una distanza, un’evoluzione, ma veniamo da lì e il silenzio è parte di questa comune religiosità. Tra l’altro, lavorano in silenzio alcuni dei miei registi preferiti: Lang, Murnau, Chaplin. Il film parla della volontà di abbattere i muri, la più antica comunità ebraica è quella di Roma, esisteva già qualche secolo prima che arrivassero i cristiani. Non è escluso che sia di origine ebraica anche il nome della nostra penisola”.
“Questo per Rai Cinema è un film particolare – dice Paolo Del Brocco, ad di Rai Cinema – è un film fatto con grande amore da parte di tutti quelli che lo hanno realizzato. Spendo due parole per Israel, che non era autore ma si inventò questo mestiere perché aveva tanto da raccontare, e aveva una chiave di racconto della Shoah attuale, che faceva parlare non il passato ma il presente. Questo film è stato scritto e riscritto più volte. Dovunque sia ora Israel sarà felice di veder realizzato il sogno di questo film. Naturalmente, dopo l’anteprima alla Festa del Cinema ci auguravamo che andasse in sala, ma per fortuna abbiamo RaiPlay, la più importante piattaforma VOD in Italia, con una grande sinergia aziendale per poter distribuire un film dai temi così importanti”. Per RaiPlay sono presenti il vicedirettore Maurizio Imbriale e la direttrice Elena Capparelli.
“L’approccio poco ortodosso di Israel – dichiara il produttore Sandro Bartolozzi – veniva dall’esigenza di raccontare senza venire da questo mondo. Ma ha avuto l’intuizione di fare un laboratorio con alcuni ragazzi per confrontarsi. Non era uno scrittore vero e proprio, ma aveva bisogno di confronto. Il Pitigliani ci ha ospitati e il laboratorio ha funzionato. Alcuni ragazzi venivano dalla Calabria e tornavano in treno in giornata per partecipare. C’era l’esigenza di raccontare la Shoah attraverso i ragazzi. Certo, lavorare con lui non era facile, proprio per le sue modalità non convenzionali. A volte proponeva cose irrealizzabili, ma spingeva verso nuove soluzioni. Giulio ha trasformato la sceneggiatura in qualcosa di visivamente gestibile”.
C’è nel film una canzone di Sergio Cammariere: “Ci conosciamo da anni – chiude Base – e il suo pezzo si integra perfettamente con il racconto del film. Partiamo da San Pietro e arriviamo alla Sinagoga, unite sotto il cielo di Roma”.
Nel cast Bianca Panconi, Daniele Rampello, Irene Vetere, Marco Todisco, Francesco Rodrigo, Emma Matilda Lió, Aurora Cancian, Alessandra Celi, lo stesso Base, con la partecipazione di Lucia Zotti e Domenico Fortunato.
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