La giuria dei Coen nel festival dedicato ai fratelli

Joel e Ethan guidano la giuria del concorso e saranno tra i protagonisti, domenica prossima, dell'omaggio ai Lumière che coinvolgerà altri fratelli di cinema, dai Dardenne ai Taviani


CANNES – Domenica prossima, il 17 maggio, al Festival di Cannes sarà la giornata dei fratelli. Un modo originale di celebrare i 120 anni degli inventori del cinema, i Lumière. Sul red carpet e sotto i flash dei fotografi sfileranno gli americani Peter e Bobby Farrelly, quelli di Tutti pazzi per Mary, i produttori Harvey e Robert Weinstein, i belgi Luc e Jean Pierre Dardenne, due volte Palma d’oro, i nostri Taviani che qui vinsero con Padre padrone. E poi naturalmente Joel e Ethan Coen, i presidenti della giuria di questa 68esima edizione.

Non si era mai vista una giuria bicefala e c’è da giurare che anche stavolta gli autori di Fargo e Barton Fink si alterneranno al comando, come fanno sempre i fratelli registi. Ma ognuno ha il suo metodo: i Taviani girano una scena per uno, Joel, il più anziano dei due, classe 1954, è in genere accreditato come regista, almeno fino a Ladykillers del 2004, mentre Ethan (1957) piuttosto come sceneggiatore. In realtà fanno tutto insieme, anche la produzione e persino il montaggio, a volte sotto pseudonimo. Un metodo che li ha portati due volte sul podio degli Oscar, per Fargo (miglior sceneggiatura) e con Non è un paese per vecchi (miglior film, regia e sceneggiatura non originale). “Noi giurati già ci siamo divisi, c’è chi tiene per Joel e chi per Ethan”, scherza Jake Gyllenhaal, uno dei sette della compagine (tre uomini e quattro donne, con una prevalenza di registi o attori-registi sugli attori puri) e la presenza della musicista del Mali Rokia Traoré.

Tra i due è Joel il più loquace e quello che prende più spesso la parola. Spiega di aver potuto accogliere l’offerta di Thierry Frémaux con gioia perché non avevano nessun film da presentare qui al festival, dove sono clienti abituali. Hanno vinto la Palma d’oro con Barton Fink e hanno partecipato al concorso nove volte vincendo vari premi importanti con titoli come Fargo, L’uomo che non c’era e il più recente A proposito di Davis. Qualcuno li interroga sul cinema d’azione, come mai Mad Max: Fury Road non è in competizione? “Ci sono stati film d’azione in concorso a Cannes in passato, credo, per esempio di arti marziali”, risponde impassibile Joel.

La giuria si è riunita stamattina per la prima volta. “Abbiamo parlato con Thierry e Pierre (il presidente Lescure, ndr) del nostro lavoro qui. Sienna ci ha chiesto di darle un premio e Guillermo si è arrabbiato”, scherza ancora il regista americano. Anche gli altri giurati hanno un tono rilassato e tutti insistono sul lato emozionale più che tecnico del loro “lavoro”. Non faranno come Wim Wenders, che chiese ai suoi giurati di vedere tutti i film due volte. Per Rossy De Palma, l’attrice almodovariana, sarà come fare “un master intensivo di cinema, un corso all’università, ma anche un’indigestione di cinema”. Mentre Gyllenhall è contento di vedere film che nessuno ha ancora visto “e oltretutto gratis” e l’enfant prodige del cinema canadese, Xavier Dolan, che l’anno scorso conquistò il Premio della giuria con Mommy, la considera un’esperienza terribilmente forte, specie per uno che tra 12 giorni deve iniziare il suo prossimo film, The Death and Life of John F. Donovan. Il messicano Guillermo Del Toro, spiega soprattutto che avrebbe voluto dimagrire per entrare nell’abito, ma non ce l’ha fatta e ha dovuto prenderne uno nuovo.

Poi scatta l’omaggio a Ingrid Bergman che dalle locandine e dai manifesti incanta tutti con il suo sguardo evanescente, fisso su qualcosa di lontano e il suo sorriso un po’ triste. Una donna straordinaria per Jake Gyllenhaal, l’attore rivelato da I segreti di Brokeback Mountain, per metà svedese da parte di padre. Che rivela: “Mia madre mi ha chiesto di portarle un poster”. Un mito per Rossy De Palma, divisa tra l’attrice nordica e Anna Magnani quanto a preferenze. Una donna che ha vissuto d’amore e di cinema per Sophie Marceau che ancora tutti ricordano per Il tempo delle mele. Un idolo per Sienna Miller. Un mito lontano per il giovane Dolan, che è l’unico a confessare candidamente di non conoscerla se non modo superficiale. Ed è ancora lui a riassumere la filosofia di questa giuria: “Sono qui per vedere i film col cuore, non sono un critico e devo solo dire umanamente ciò che mi tocca, il resto poco importa”. E poi, come dice Joel, essere a un festival vuol dire vedere i film in una sala piena di gente e non c’è Netflix che tenga. Quindi una buffa notazione di Ethan su Fargo la serie. “Mai detto che sia brutta, ma sono decenni che non guardo la tv”. 

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