E’ una doppia vita, quella di Gianfranco Ayala, fotografo adolescente nella Sicilia di fine anni ’40, quindi neurologo di vaglia negli Stati Uniti con il nome di Giovanni Francesco. Oggi 87enne, l’uomo è riuscito a recuperare la sua antica passione, quella per le immagini grazie a Istituto Luce Cinecittà, che ha organizzato una mostra dedicata ai suoi lavori tra il 1948 e il ’52, cioè quando aveva dai 15 ai 19 anni. Nella natìa Caltanissetta, con una Ferrania Galileo Condor, macchina fotografica tipo Leica avuta in regalo per un compleanno, scattò centinaia di fotografie: adulti e bambini, donne e uomini, minatori e ambulanti. Da giovane comunista – benché cresciuto in una famiglia democristiana – si soffermò sui volti che esprimevano fatica, miseria ma anche curiosità, allegria, dignità. Con poche nozioni trasmesse da uno stampatore e una vocazione di reporter che lo accomuna agli street photographers americani, il ragazzo, figlio di una famiglia in vista, proprietaria di una solfatara, coltivava l’amicizia con il professore Nanà Sciascia; che ancora non era il famoso scrittore ma un insegnante elementare di Racalmuto che a volte passeggiava per il centro in compagnia di quegli adolescenti.
Ayala sogna di fare il Centro sperimentale (girerà anche un documentario, Solfatara, che si concentra sul lavoro umano nella miniera), ma la madre, torinese, lo obbliga ad andare a Torino a studiare medicina. Decenni dopo riscopre questa passione e vuole renderla pubblica con la mostra Sicilia sottosopra, promossa e organizzata da Istituto Luce-Cinecittà, con il Patrocinio della Camera dei Deputati e del Comune di Caltanissetta, presso il Teatro dei Dioscuri al Quirinale, dal 29 gennaio al 1° marzo, curata da Enrico Menduni. Che afferma: “Mentre i fotografi andavano al Sud come in un paese esotico o con intenti antropologici, Gianfranco è riuscito a passare indenne attraverso tutto questo, proprio per la sua freschezza. La sua estraneità alle correnti dominanti all’epoca o la sua saggezza nel tenersi a distanza, hanno segnato la sua condizione artisticamente solitaria, rendendo oggi le sue foto particolarmente vive”.
“Una mostra sorprendente – spiega Roberto Cicutto, ad di Luce Cinecittà, fresco di nomina alla presidenza della Biennale – perché segna la ricomparsa dopo decenni di foto fatte da un adolescente, in cui cogliamo un’interezza unica”. Racconta Gianfranco Ayala: “Era la prima volta che prendevo in mano una macchina fotografica, ero totalmente ignorante. Non avendo molti soldi, mi facevo vendere dai cineoperatori della Settimana Incom dei rotoli di pellicola di 30 metri che poi tagliavo dentro un sacco nero che mi aveva regalato mia nonna”. Amava il cinema ma in città arrivavano solo i film di cassetta, Totò o Grand Hotel, mentre più tardi, a Torino, “ebbi la possibilità di vedere i russi, specialmente Ejzenstein e capire cosa fosse il montaggio”.
Suo cugino Giuseppe, magistrato, di 12 anni più giovane, testimonia il clima di quegli anni, il potere mafioso legato alle solfatare attraverso i gabellotti, intermediari che gestivano picconatori e “carusi”. Suo nonno, che era stato sindaco e podestà, dovette parlare con il boss locale per riavere indietro la miniera affittata ai gabellotti. Quando insinuò di dover chiamare i carabinieri, perché quelli non volevano saperne di restituire la solfatara ad affitto scaduto, il padrino trovò un rapida soluzione.
E’ una Sicilia intrisa di spunti letterari, e infatti la mostra si articola tra immagini (75), filmati (con il corto del 1952 Solfara, restaurato) e parole di scrittori, primo fra tutti Leonardo Sciascia. Il percorso si muove per capitoli: la miniera e il lavoro, la vita nei vicoli, i riti religiosi, le feste e i ritrovi sociali. Caltanissetta, diceva Sciascia, era una piccola Atene. “La città dove è nata la Democrazia Cristiana di De Gasperi con presidente Giuseppe Alessi, e dove Emanuele Macaluso si è fatto le ossa, politicamente, come sindacalista”, come ricorda Giuseppe Ayala.
Accompagna la mostra il catalogo, edito da Istituto Luce-Cinecittà e 40due Edizioni, con le foto in esposizione e corredato da scritti del curatore Enrico Menduni, di un grande della politica, del sindacato e del giornalismo come Emanuele Macaluso, memoria storica delle dure lotte sindacali delle solfatare, del giornalista e scrittore Gaetano Savatteri (che accosta la fotografia di Ayala all’epopea dello zolfo nella letteratura siciliana, da Verga e Pirandello a Sciascia e Camilleri), e di Maria Gabriella Macchiarulo, coordinatrice della mostra per Luce-Cinecittà.
Gianfranco Ayala – Sicilia sottosopra Roma, Teatro dei Dioscuri al Quirinale (via Piacenza, 1) – 29 gennaio/1° marzo
Ingresso gratuito – Aperta dal martedì alla domenica ore 10-18
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