Franco La Polla, critico cinematografico, ordinario di storia della cultura nordamericana all’Università di Bologna, si è insediato nella commissione nel marzo del ’99. “Il nostro criterio di scelta – spiega – non è quello dell’iter successivo alla realizzazione di un film. Per la distribuzione esiste l’Istituto Luce. Noi decidiamo di finanziare un progetto in base alla sceneggiatura, non al prodotto finito, che non possiamo prevedere”.
Come giudica questa nuova ondata di attacchi da parte della stampa?
Fa riflettere che persone assai stimabili come Curzio Maltese facciano attacchi ingiustificati. Temo che il tutto nasca da gente arrabbiata perché progetti loro o di loro amici non sono stati accettati. Di recente Fernaldo Di Giammatteo ha mandato una lettera piena di livore, pubblicata su un giornale di Pordenone. Inconsueta e imprevista. Poi si scopre che una sua iniziativa, un festival credo, è stata bocciata. Questa è l’Italia. Se sei toccato nei tuoi interessi spari a zero. E poi i giornali la devono smettere di sbagliare.
Dov’è che sbagliano i giornalisti?
Sono spesso approssimativi e pressapochisti. Alcuni giornali, come Il Messaggero, hanno pubblicato una lista di film finanziati dalla commissione cinema dicendo che sono stati un flop al botteghino e chiedendo conto a questa commissione. È vero che quei film si sono rivelati delle bufale. Ma questa commissione si è insediata dopo che i fondi erano stati decisi. Ci dobbiamo prendere tutte le responsabilità di scelta dei nostri predecessori, come accade per i governi? I giornalisti devono sapere quando i film sono stati finanziati e da chi. Noi sbagliamo, può capitare. Ma tra i film da me giudicati, ad esempio, non ne è ancora uscito uno.
Qual è l’obiettivo principale del vostro lavoro?
Quello di “scoprire” autori nuovi. Naturalmente possiamo compiere degli errori, possiamo finanziare sceneggiature (perché è sulla base di queste che decidiamo) che poi si riveleranno brutti film, è umano. Una cosa è giudicare in buona fede, altro è la realizzazione. Non si tratta di una scienza esatta. Io magari sono sicuro che un testo sia bello, ma giudico una cosa che alla fine sarà diversa da quella che ho visionato. E allora chi giudica me? È un paradosso. Nessuno, ma proprio nessuno, può scegliere con certezza testi che diventeranno buoni film. Noi ci affidiamo alla nostra professionalità, a quello che, insieme, riteniamo di qualità. Discutiamo, poi votiamo democraticamente.
Per l’ammontare del finanziamento esiste invece un criterio?
Il budget non compete a noi. Spetta alla commissione finanziaria, che decide in termini strettamente economici. Noi, in base al budget presentato dalla produzione, stabiliamo in che percentuale le sovvenzioni verranno erogate, fino al 90% del totale. Se giudichiamo il preventivo troppo alto, consigliamo gli autori di verificarlo. Naturalmente non abbiamo rapporti diretti: suggerimenti e giudizi vengono forniti dagli impiegati preposti.
Avete un occhio di riguardo per gli autori già noti?
Non direi. Abbiamo fatto arrabbiare molte persone note e importanti. Molti registi anche famosi non hanno avuto i finanziamenti, perché non giudicavamo valida la loro sceneggiatura. Se non conosciamo l’autore chiediamo di vedere qualcosa che ha già realizzato, anche se non è obbligatorio. Di sicuro a Lizzani non chiediamo di farci vedere una prova di regia. Ma per il resto, non guardiamo in faccia a nessuno: se la sceneggiatura non ci convince, non passa. Comunque, teniamo conto di chi è il regista: una sceneggiatura non ottima nelle mani di un ottimo regista potrebbe funzionare.
E quando una sceneggiatura funziona?
Cos’è bello? Si tratta di un concetto estetico. Ognuno di noi possiede una propria cultura e un gusto personale. Spesso ci troviamo in contrasto. Per quanto mi riguarda, guardo soprattutto il linguaggio, la capacità di innovazione e la tenuta del linguaggio. Quando forma e contenuto sono convincenti io simpatizzo con il film.
Sembra tutto semplice, detta così. Non esiste nessun problema, dunque?
La crisi c’è, è vero. E i problemi sono soprattutto due. Il primo è che non ci sono produttori di coraggio in questo paese. Rischiano poco e partecipano anche meno (con delle eccezioni, come Canone inverso). Se un produttore crede in quello che fa, chiede alla commissione un aiuto, non si affida e basta. Abbiamo buoni registi e attori, ma i vari Lombardo e Cristaldi si sono estinti. Il secondo problema è che esistono persone come Lucisano, che getta letame sulla commissione e poi produce Il segreto del giaguaro. Ma ci rendiamo conto? Viva la commissione cinema, con tutti gli eventuali errori, se si devono realizzare film così brutti.
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