BERLINO – “Systemsprenger” è la definizione tedesca di coloro che non riescono ad essere integrati nella società a causa di profondi problemi comportamentali. Persone disfunzionali, che infrangono ogni regola e rifiutano qualsiasi tentativo di educazione, per questo etichettate come incompatibili con il sistema. Un sistema, sociale e familiare, che in realtà non sarebbe disattento alle loro esigenze ma è del tutto incapace di gestirle. È quello che si vede in Systemsprenger (System Crasher) di Nora Fingscheidt, in Concorso a Berlino, che segue i passi e soprattutto le fughe, di una bambina di nove anni, Benni, dai lineamenti eterei ma dal temperamento selvaggio e aggressivo. Benni passa da una famiglia affidataria all’altra, entra ed esce da istituti scolastici da cui viene sistematicamente sospesa e da gruppi di assistenza all’infanzia che non riescono a trovare il modo di aiutarla. Il suo comportamento aggressivo sembra inspiegabile, ma in realtà Benni ha un obiettivo preciso: tornare a vivere con sua madre, che però è incapace di gestirla e la ha allontanata dalla casa dove vive con altri due figli e un compagno a cui la bimba non piace.
La vita con lei è difficile, se non impossibile, può essere energia pura ma anche rabbia imprevedibile, distruttiva verso di sé e gli altri. Urla, picchia, perde completamente il controllo se qualcuno le tocca il viso a causa di un trauma subito da piccola, i suoi gesti di affetto possono sfociare, da un momento all’altro, nella violenza selvaggia in cui canalizza ogni sensazione negativa. La sua non è la storia di un’adolescenza ribelle, ma piuttosto quella di un bambino che lotta per l’amore della madre, che grida aiuto a modo suo, ma sa farlo solo attraverso una violenza che non riesce a gestire, figlia di disperazione e impotenza, che colpisce come un pugno allo stomaco chi le è vicino e vorrebbe aiutarla.
Esordio alla finzione per la regista Nora Fingscheidt, che firma anche la sceneggiatura e che ha raccontato di aver pensato alla storia mentre stava girando un documentario sulla vita quotidiana in una casa per donne senzatetto di Stoccarda, dove c’era anche una ragazza adolescente che non aveva trovato ospitalità in nessun’altra istituzione. “Ho sempre voluto raccontare la storia di una ragazza selvaggia e arrabbiata, mentre giravo il mio precedente lavoro sono stata scioccata dal fatto che ci fosse lì anche una quattordicenne, mi hanno spiegato che era una ‘systemsprenger’, termine che non conoscevo fino a quel momento, e che non poteva stare in nessun altro luogo. Nel film, però, la mia protagonista ha nove anni, perché non volevo che la sua storia potesse essere letta come una ribellione adolescenziale, ed è una ragazza, anche se nella maggioranza dei casi reali sono ragazzi a trovarsi in questa situazione. Quando bambini così piccoli diventano violenti c’è qualcosa di sbagliato nelle loro vite, c’è sempre una storia difficile dietro, che, in base al carattere, questo o li fa diventare diventano depressi o violenti”.
Bambini con un’incredibile forza vitale, ma anche figure tragiche costrette a sperimentare troppo presto il dolore. Che minacciano di distruggere se stessi e gli altri e di mettere definitivamente a repentaglio il proprio futuro. Il film si interroga anche sulla possibilità di reindirizzare questa energia distruttiva in qualcosa di costruttivo. Nell’ennesimo tentativo di soluzione, un istruttore che lavora con adolescenti violenti decide di tentare un esperimento: tre settimane nella foresta, senza elettricità né acqua corrente, per spingere la bambina oltre i suoi limiti e trovare una via di comunicazione. Ma quella che sembra una possibile uscita si rivela per Benni una nova morsa, l’avvicinamento tra loro fa emergere quel bisogno non realizzato di famiglia che per la bambina si trasforma nuovamente in energia indomabile e fuori controllo.
Il film, prodotto dalla tedesca Kineo Filmproduktion, è interpretato da una sorprendente Helena Zengel: “Un’esperienza completamente nuova che mi è molto piaciuta”, sottolinea. “Avvicinarmi a Benni mi ha fatto comprendere questo tipo di ragazzi con cui normalmente non si vuole avere nulla a che fare. Per prepararmi ho discusso ogni cosa con la regista, che mi ha aiutato a capire come si sentiva Benni, e quando dovevo reagire in maniera aggressiva oppure triste alle cose che le accadevano”.
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