L’Orso che denuncia le ingiustizie


Jasmila ZbanicNon solo Michele Placido, ma anche Claude Chabrol, Bob Altman e Sidney Lumet sono rimasti a bocca asciutta nell’edizione più impegnata della Berlinale. Il festival numero 56 si è chiuso con un verdetto perfettamente leggibile in chiave politica in cui si sente il tocco “femminile” della presidente Charlotte Rampling. Due dei premi più importanti sono infatti andati a film diretti da autrici, oltrettutto esordienti, altri a pellicole che toccano questioni legate alla dignità della donna. Non è stato trascurato l’orrore di Guantanamo, stigmatizzato da Michael Winterbottom come pure dal segretario generale delle Nazioni Unite. C’è stato infine grande spazio per il cinema tedesco, che ha fatto man bassa dei riconoscimenti per la recitazione con tre Orsi d’argento (Moritz Bleibtreu, Sandra Hüller e Jürgen Vogel). Ma le decisioni della giuria segnalano anche l’impegno produttivo dei tedeschi, che sono coinvolti sia in Grbavica che nell’argentino El Custodio, realizzato grazie all’innovativo World Cinema Fund.

Michael WinterbottomL’Orso d’oro se l’è aggiudicato il film bosniaco di Jasmila Zbanic, Grbavica, un rapporto madre-figlia fatto di drammi sottaciuti che riporta l’attenzione sulla tragedia degli stupri etnici: “donne dimenticate dalla società, costrette a vivere con una misera pensione di 15 € al mese, distrutte fisicamente e psicologicamente, spesso incapaci di lavorare. Spero che questa ingiustizia possa cambiare e spero che i criminali di guerra Karadzic e Mladic, rimasti impuniti, vengano finalmente perseguiti”, ha dichiarato coraggiosamente la giovane autrice. Che deve il suo esordio nel lungometraggio a una rete di solidarietà femminile. Grazie all’amicizia con la cineasta austriaca Barbara Albert ha trovato infatti la coproduzione austriaca e quindi i capitali tedeschi che le hanno consentito di realizzare la pellicola. È un’opera prima a basso costo meno di un milione di € – anche il danese A Soap (Gran Premio della giuria): firmato da Pernille Fischer racconta un insolito legame tra una moglie che ha deciso di lasciare il marito e un transessuale in attesa dell’autorizzazione per cambiare sesso; mentre Offside di Jafar Panahi (premiato ex aequo) denuncia un’esclusione che può apparire addirittura inconcepibile. Una giovane tifosa darebbe qualsiasi cosa per poter vedere una partita di calcio allo stadio di Teheran, ma le viene impedito. “Spero che questo film contro la discriminazione sessuale possa trovare una distribuzione nel mio paese ha detto Panahi sarebbe quello il premio più grande”. Moltissimi i premi collaterali, tra i tanti va all’Italia il Premio CICAE per La guerra dei fiori rossi, coprodotto da Downtown, Rai Cinema e Istituto Luce; e il Wolfgang Staudte Prize al documentario italo-svizzero Babooska di Tizza Covi e Rainer Frimmel.
Sul versante glamour basterà registrare lo show di Roberto Benigni, che stavolta si è concesso senza reticenze ai flash dei fotografi improvvisando passi di danza e una sorta di spogliarello in passerella e gli intermezzi musicali in stile “espressionista” della vecchia gloria del pop tedesco, Nina Hagen.

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19 Febbraio 2006

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