VENEZIA – A 20 anni dalla scomparsa di Marcello Mastroianni, celebrato dalla Mostra anche con la presentazione dei restauri di Break Up di Marco Ferreri e Oci Ciornie di Nikita Michalkov, e a 18 dalla creazione del premio intitolato all’attore destinato dalla Mostra a interpreti rivelazione nei film in concorso, un incontro al Lido per celebrare Mastroianni in maniera non formale. Coordinato da Gianni Canova e organizzato dalla Biennale in collaborazione con Luce Cinecittà, Centro Marcello Mastroianni, CSC e Rai Cinema per parlare delle possibilità e delle strade per intraprendere il mestiere di attore in oggi. Ospiti Roberto Herlitzka, Valentina Lodovini e Moon So-ri (attrici e giurate della Mostra), Alessandro Borghi, Michele Riondino, eStefano Mordini, Emanuel Caserio.
Roberto Herlitzka, interprete di Oci ciornie, racconta la sua esperienza: “Nella mia generazione i giovani attori non erano molto facilitati a entrare nel mondo del cinema perché c’era una notevole diffidenza. Al teatro veniva data una grande importanza, anche a livello di percorsi di formazione, ma il passaggio dal teatro al cinema era precluso perché tutti gli attori di teatro erano indiziati di recitazione. Ma non si può chiedere a un attore di non recitare, semmai bisogna insegnargli a farlo in maniera diversa”. Testimone di una giovane generazione di interpreti Michele Riondino ammette di continuare ad accusare le difficoltà di accesso al mestiere: ”Credo che i problemi in Italia per i giovani attori restino un po’ sempre gli stessi, da una generazione all’altra. Anche perché da noi non si smette mai di essere considerati giovani, fino alla pensione”. Per Valentina Lodovini il problema maggiore è “la mancanza di ruoli, dovuta al non avere un’industria cinematografica abbastanza solida da riuscire ad aiutare i giovani ad emergere”. Potrebbe già essere importante, sottolinea Alessandro Borghi, che i registi non dessero per scontati i cast. “Ora vivo un momento fortunato e faccio di continuo provini per il cinema, ma se penso a quando ho iniziato a fare questo mestiere dieci anni fa, mi sembrava non ci fosse alcuna possibilità d’accesso e mi sarebbe piaciuto ci fossero più autori disposti a guardarsi intorno e dare possibilità anche a nuovi interpreti”. Tra i registi che lavorano spesso anche con attori esordienti Stefano Mordini sottolinea che per avere nuovi ruoli ” il mercato produttivo dovrebbe investire di più nella sperimentazione. Oggi qualsiasi film che non rientra in certe categorie viene penalizzato dallo stare pochi giorni in sala, a meno che non faccia numeri importanti al botteghino”. Problemi che esistono anche in altri Paesi, come spiega l’attrice coreana Moon So-ri, vincitrice del Premio Mastroianni nel 2002 per Oasis e quest’anno in giuria ad Orizzonti: ”Sapere che abbiamo difficoltà simili può essere di conforto, ma le difficoltà che esistono non ci autorizzano a perdere le speranze. Per me Mastroianni rimane una figura di riferimento e di insegnamento continuo. Ogni volta che mi trovo in difficoltà mi sembra di avvertire la sua presenza che mi segue e mi accarezza il cuore”.
Michele Riondino rileva inoltre che “il ritorno del film di genere ha portato più ruoli agli attori, perciò è fondamentale l’offerta produttiva ma non deve avere una gestazione lunga come è avvenuto per Lo chiamavano Jeeg Robot. “I ruoli purtroppo non sono tanti e soprattutto i tempi per farsi conoscere sono a volte lunghi – dice Alessandro Borghi – nel mio caso solo dopo 8 anni di televisione sono arrivati i film che mi hanno fatto notare”. Roberto Herlitzka se la prende invece con la distribuzione, “ho fatto tre film diretti da registi esordienti che non ha visto nessuno”. Stefano Mordini sottolinea il rischio per i giovani attori che il loro primo debutto positivo si fermi alla pura perfomance apprezzata. E il regista rileva anche che mancano nel nostro star system i caratteristi. “Rispetto al passato ci sono più possibilità offerte ai giovani, ma occorrerebbe più tempo in fase di produzione per lavorare con gli attori”. Per Valentina Lodovini gli attori italiani vorrebbero interpretare ruoli diversi ma la richiesta è scarsa, anche perché non c’è una produzione quantitativa e qualitativa come quella francese. Ed è d’accordo con l’attrice Emanuele Caserio, Premio Kinéo quale “Giovane rivelazione”, che in chiusura dell’incontro, sottolinea come il suo volto sia stato finora prigioniero del romanaccio, del ragazzo di borgata. Anche se nutre molte speranze dalla ventata di aria fresca portata dal web, che permette anche ai giovani attori di sviluppare idee e farsi notare, nonostante le difficoltà che possono sembrare insormontabili.
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"