“L’innocenza di Clara”, la provincia malata tra Chabrol e Reygadas


COURMAYEUR – “Volevo raccontare la provincia malata italiana con un noir alla Chabrol”. Così Toni D’Angelo, alla sua seconda regia dopo Una notte, parla di L’innocenza di Clara, thriller psicologico immerso nello straniante bagliore delle cave di marmo di Carrara. In concorso al Noir in Festival di Courmayeur e in sala dal 13 dicembre con Istituto Luce Cinecittà , il film “è nato da un fatto di cronaca, da cui però mi sono presto allontanato – dice il regista – Fu clamoroso, anche perché questa femme fatale che aveva 50 amanti, alla fine, era brutta”.

 

Nel film, invece, Clara è la bellissima Chiara Conti, donna smarrita e delusa da un amore impossibile che sconvolge con il suo arrivo la placidità inquietante di un ambiente molto maschilista, fatto di battute di caccia e intagli di marmo. Fa innamorare e poi sposa Maurizio (Alberto Gimignani) e va a vivere nella sua villa tra i boschi, nell’isolamento di una provincia sonnolenta. Il suo fascino e la sua prorompente femminilità, però, conquistano anche l’amico del cuore e compagno di caccia Giovanni (Luca Lionello), mentre il suo amante (Bobo Rondelli) riaffiora di tanto in tanto a riaccendere la passione. Una fauna maschile che finirà per soccombere sotto il peso delle ossessioni e delle attrazioni amorose, malate come la provincia che le accoglie.

 

L’innocenza di Clara, però, non si limita a riportare un fatto di cronaca, ma lo astrae in un ritmo riflessivo e nella luce abbagliante e polverosa di una location inconsueta come la cava, che risuona dell’incongruità dei tacchi di lei, corpo estraneo in un mondo immobile fatto di testosterone.”Mi piace fare le cose che non fanno gli altri – spiega D’Angelo – Volevo insistere sulla regia, ispirandomi a maestri come Antonioni, Reygadas, Ceylan: guardando i loro film magari ti annoi, ma vedi delle cose meravigliose. Volevo che il non detto fosse più forte del detto, che l’incomunicabilità avesse la meglio sulla comunicazione. In fondo in questa storia le persone si ammazzano perché non si parlano”.

 

In origine Toni D’Angelo aveva confezionato una versione del film di tre ore – “la adoravo ma mi rendo conto che non funzionava” – poi si è “accontentato” di 83 minuti. A chi gli chiede che parentela possa esserci con Padroni di casa di Edoardo Gabbriellini, anch’esso un noir ambientato in una provincia malata, risponde “non l’ho visto”. E poi anticipa il suo prossimo progetto, “un mélò in un contesto poliziesco che girerò nel 2013. E’ prodotto da Figli del Bronx e Minerva Pictures, sarà un film ambizioso per le scelte di autorialità estrema e nel cast ci sarà Francesco Di Leva, uno dei protagonisti di Una vita tranquilla di Claudio Cupellini”.

autore
13 Dicembre 2012

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