L’azzardo del pastore

Capo e croce – Le ragioni dei pastori, di Marco Antonio Pani e Paolo Carboni, al Festival di Roma per Prospettive Doc Italia, racconta il mondo agro-pastorale della Sardegna in modo inedito


“Ci siamo confusi. Abbiamo cominciato a pensare che i nostri vizi fossero i nostri bisogni. Questo ci ha fatto venir voglia di soldi. Ma non è più come negli anni ’80, quando mungere una pecora ti fruttava un milione. Ora dobbiamo pensare principalmente a sfamarci”. Lo dice Priamo, uno dei protagonisti del documentario Capo e croce – Le ragioni dei pastori, di Marco Antonio Pani e Paolo Carboni, al Festival di Roma per Prospettive Doc Italia. I registi raccontano il mondo agro-pastorale della Sardegna in modo inedito e originale, attraverso un lavoro triennale (due anni per le riprese, uno per il montaggio) e immagini scelte tra 390 ore di materiale. A commentarlo ci sono musiche di Puccini, nella speciale reinterpretazione di Mauro Palmas. Il mondo, i pensieri, le preoccupazioni e le lotte dei pastori sardi di oggi si rivelano in un bianco e nero efficace ed espressivo. “Il lavoro – raccontano gli autori – nasce dall’esigenza di colmare un vuoto, anche personale, di conoscenza. Da tanto tempo volevamo usare il cinema per conoscere meglio e raccontare il mondo della campagne della Sardegna, nostra terra d’origine, perché siamo convinti che ancora oggi racchiuda i valori che possono aiutare noi sardi ad essere sardi migliori  in una Sardegna migliore. Eppure noi stessi, talvolta gli stessi pastori, siamo stati indotti a dimenticare che la pastorizia ha rappresentato l’attività che più di tutte ha dato possibilità di campare ai pastori, ai sardi tutti, agli industriali del continente. Ci mancava il pretesto per iniziare. Ma nel luglio 2010 è arrivato con la prima clamorosa manifestazione in cui i pastori hanno bloccato l’aeroporto di Elmas. Abbiamo sentito che era arrivato il momento. Con la nuova discesa in campo, in modo massiccio e inconsueto, i pastori dimostravano di non volere essere ridotti a fenomeno residuale o detrito etnografico buono solo per gli studi di floklore e per il turismo. Testa o croce, in gergo locale “Capo e croce”, indica il gioco d’azzardo che i pastori giocano tutte le volte che fanno investimenti per migliorare la propria condizione, accettando i termini di una nuova politica europea, o decidendo di non adeguarvisi. Così diventano immagine tipica del mondo sardo e al contempo ribelli, simbolo di candore bucolico e allo stesso tempo di rozzezza e ignoranza, nonostante abbiano cresciuto, scaldato e mandato a studiare un popolo intero”.

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15 Novembre 2013

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