‘L’amore secondo Dalva’: una terribile sindrome di Stoccolma

Il potente film di Emmanuelle Nicot e della giovane protagonista Zelda Samson esce con Teodora


Con due riconoscimenti a Cannes durante la Semaine de la Critique e l’acclamazione della critica internazionale – che ha messo in luce in particolare in luce il talento della regista Emmanuelle Nicot e della giovane protagonista Zelda Samson – L’amore secondo Dalva, in uscita l’11 maggio con Teodora, si distingue come uno dei debutti più straordinari della stagione cinematografica.

Dalva è una dodicenne che si considera donna e non una bambina, si ripete incessantemente ai servizi sociali dopo l’arresto del padre, di cui dice di essere innamorata nonostante gli abusi subiti per lungo tempo. Sarà grazie a un’esperienza in una casa famiglia e all’amicizia con una coetanea che inizierà lentamente a vedere il mondo da una prospettiva diversa e a riconquistare la sua infanzia. Il tema scottante è dunque affrontato con originalità ed empatia, narrando un percorso di crescita complicato ma allo stesso tempo entusiasmante, che non fa mancare allo spettatore momenti di ironia e tenerezza.

“L’idea per il film – dichiara la regista – è nata da una serie di diverse ispirazioni. Innanzitutto, i temi dell’influenza e del controllo, che per me sono di estrema importanza. Durante le riprese del mio ultimo cortometraggio, À l’arraché, ho trascorso molto tempo in un centro di accoglienza per adolescenti. Mi ha colpito il fatto che tutti i bambini e i ragazzi che vi si trovavano a causa di abusi familiari continuassero comunque a sostenere le loro famiglie, criticando il sistema giudiziario per averli separati. Ho seguito per anni due di questi ragazzi e ho potuto vedere il loro viaggio, dalla volontà di separarsi dalla famiglia fino alla vera e propria “liberazione”. A quest’esperienza si aggiungono i racconti del padre di un amico che lavora come assistente sociale con giovani ragazzi”.

La classica e famigerata ‘Sindrome di Stoccolma’, stato psicologico che può interessare le vittime di un sequestro o – come in questo caso – di un abuso reiterato, le quali, in modo apparentemente paradossale, cominciano a nutrire sentimenti positivi verso il proprio aguzzino, che possono andare dalla solidarietà all’innamoramento.

“Dalva è completamente sotto l’influenza del padre – continua Nicot – finché questi non viene arrestato. Scopriamo che non è mai stata mandata a scuola, che è cresciuta senza la madre e senza contatti con il mondo esterno. Per far fronte a questa situazione, Dalva si è rifugiata in una negazione estremamente potente, convincendosi che lei e suo padre vivessero una storia d’amore che nessun altro può capire. Ha interiorizzato l’idea che, vestendosi e truccandosi come la donna da cui suo padre è stato abbandonato, potrebbe ottenere il suo amore. Dalva ha un bisogno vitale di questo amore, poiché non ne riceve da nessun’altra parte, e non ha mai messo in discussione questa situazione.” La protagonista è certamente uno dei punti di forza della pellicola: “Durante il casting per il ruolo della protagonista, abbiamo ricevuto numerose candidature e centinaia di video. Tra tutte, il video di Zelda Samson ha immediatamente attirato la mia attenzione. All’epoca aveva 11 anni e si filmava nella sua stanza, esprimendosi con un vocabolario straordinario. C’era qualcosa di autentico e vulnerabile nella sua performance, e sapevo che dovevo averla nel film”.

Naturalmente, la giovane attrice andava anche protetta.

“Durante le riprese, è stato importante creare un ambiente sicuro per Zelda, poiché il tema del film era delicato e richiedeva una grande sensibilità. Abbiamo lavorato a stretto contatto con un consulente psicologico per assicurarci che Zelda comprendesse pienamente la storia e si sentisse sostenuta durante il processo. Il film è stato girato principalmente in interni, per creare un senso di chiusura e claustrofobia che riflettesse la situazione di Dalva. Abbiamo lavorato molto sulla scenografia e l’illuminazione per trasmettere l’atmosfera oppressiva in cui vive il personaggio. Allo stesso tempo, abbiamo usato alcuni elementi visivi per rappresentare la speranza e la libertà che Dalva trova lungo il suo percorso di crescita.

La colonna sonora è stata un elemento chiave per creare l’atmosfera emotiva del film. Abbiamo scelto brani musicali che rispecchiassero le diverse fasi del viaggio di Dalva, passando da melodie malinconiche a note più allegre e spensierate.

La musica è diventata un modo per esprimere ciò che Dalva non può dire a parole. E’ un film che celebra la resilienza e la speranza, ricordandoci che anche nelle circostanze più oscure, c’è sempre la possibilità di trovare la luce e la libertà”.

Andrea Guglielmino
11 Maggio 2023

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