L’Amministratore: Caronte a Napoli

Il documentario L’Amministratore di Vincenzo Marra apre la sezione CineMAXXI del Festival di Roma


Umberto Montella è amministratore di numerosi condomini a Napoli, lavora nel suo studio con la famiglia: riunioni, incontri, problemi quotidiani di piccola e grande portata. Questo il canovaccio de L’Amministratore di Vincenzo Marra, pregevole  documentario che apre la sezione CineMAXXI del Festival di Roma. “E’ il quinto capitolo del mio lavoro sul capoluogo campano – racconta il regista – ho avuto l’idea durante un lungo viaggio in aereo. Volevo entrare nelle case degli italiani, in questo particolare momento storico, così ho pensato che un amministratore di condominio potesse fungere idealmente da ‘Caronte’ per traghettarmi tra le varie anime della città, nei condomini dei ricchi e dei poveri, dove spesso lo scontro con il vicino diventa lo sfogo che ti dà la forza di andare avanti. Ho chiesto alla mia crew di selezionare il mio protagonista come se stessimo cercando un personaggio per un film di fiction. Ho detto loro come lo immaginavo: un tipo dinamico, sempre avanti e indietro, in grado di rapportarsi a tante persone diverse. Ne abbiamo incontrati un centinaio, poi quando sono entrato nello studio di Vincenzo qualcosa nel mio stomaco è scattato. Sono i ferri del mestiere: ho colto la sua capacità di essere solidale con un esercito di persone in difficoltà. Alle prese con piccoli litigi e con palazzi che crollano, mi è sembrata anche una bella metafora del paese. Incrociando quattro storie ho trovato la possibilità di raccontare diverse situazioni: i quartieri alti di Posillipo dove si litiga tra fratelli per la proprietà di un appartamento, il Vomero, dove stanzia la media borghesia, il centro storico, la Sanità, espressione di una Napoli tradizionale alla Eduardo De Filippo, San Giovanni a teduccio, periferia nord, vicino alla famigerata Scampia. Attraverso Umberto la drammaturgia si è arricchita, e poi, quando si lavora col cinema del reale, bisogna avere fede e sperare che accada qualcosa di straordinario: non ha i attori a cui puoi dire ‘fai questo, fai quello’. E’ anche faticoso: carichi le attrezzature di mattina e vai avanti a oltranza, per dodici ore. E se alla fine della giornata Umberto entra in una casa, devi comunque seguirlo, perché non puoi sapere se accadrà qualcosa di eccezionale. Devi cogliere il momento. Non puoi dire: rifacciamolo”.

“In un primo momento è stato disarmante anche per me – fa eco il protagonista Montella – sentivamo il peso di essere osservati. Ma la grande professionalità di regista e troupe ce lo ha fatto presto dimenticare. Abbiamo proseguito tranquillamente col nostro lavoro anche perché è un’attività che non si può fermare per esigenze di copione: stamattina, per dire, ho dovuto lasciare il telefono a mia moglie perché continuavano ad arrivarmi chiamate. Nemmeno i miei interlocutori si sono sentiti oppressi. Certo, ammetto che qualche volta dicevamo ‘ma quando se ne vanno?’. Un paio di volte ho dovuto chiedere alla troupe di fermarsi all’entrata, non potevo portarli ovunque. Nelle riunioni di condominio, ad esempio, ci sono regole molto precise sulla privacy, non si poteva filmare. Per lasciar accedere l’assistente di Vincenzo, senza telecamere, ho dovuto dire che era un mio ‘auditore’, che voleva imparare il mestiere. Del film ho visto solo spezzoni, ma non mi aspettavo di trovarmi qui. Stamattina ho visto la mia foto sul giornale e mi sono emozionato. Quando mi hanno contattato credevo volessero solo qualche consiglio per realizzare una fiction, mi era già capitato con la tv. Ma come io so fare bene il mio mestiere, so condurre un’assemblea e risolvere i problemi, Vincenzo è eccezionale nel suo lavoro. Tutti si erano abituati a vedermi in compagnia di quelli che ormai erano diventati i miei angeli custodi e persone di famiglia. Dopotutto, sono un po’ attore: per fare bene l’amministratore bisogna essere duttili. Capire qual è la tua platea e con chi hai a che fare: parlo con gente colta, professori e avvocati, e poi con le persone povere, la gente della 167, di INAcasa, degli edifici popolari. Chiaro che con ciascuno devo adottare un linguaggio diverso. Ho un cliente che non sa firmare, mette la croce. L’ho scoperto quando siamo andati in banca: gli ho fatto il segno dove doveva mettere la firma e lui mi ha detto: ‘Ma l’aggio à fa tale e quale?’.

“C’è un’adrenalina particolare in quei momenti – chiosa il regista – ma per non intimorire le persone uso la tecnica di dialogare con loro, fissandole negli occhi. Porto avanti con me soltanto il fonico e filmo di persona. Passa un secondo. A quel punto scatta un istinto animale: solo un 2% mi chiede di fermarmi. Gli altri accettano la sfida: magari mi chiedono ‘ma che devi fare?’, io rispondo semplicemente ‘un film’ e loro ‘ah, vabbuò’. E si va avanti. Finita la ripresa la squadra di produzione va a spiegare di che si tratta e fa firmare le liberatorie. Firmano tutti. E chiedono ‘su quale canale lo vedo’”?

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08 Novembre 2013

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