VENEZIA – “La disumanizzazione del diverso e dello straniero viene dall’Olocausto e purtroppo si ripete ciclicamente nella storia”. Piotr Chrzan ha portato ai Venice Days, con la sua opera prima Klezmer, un dramma molto attuale, pur essendo ambientato nel 1943. Immersi in un bosco, un gruppo di ragazzi polacchi – durante la calda estate di quell’anno sotto l’occupazione nazista – si imbatte in un ebreo moribondo (probabilmente fuggito dal ghetto dopo la sua chiusura). Le loro reazioni a questo evento inaspettato rivelano intenzioni discordanti e fotografano le contraddizioni di un Paese: c’è chi vorrebbe consegnarlo ai nazisti in cambio di una ricompensa e chi invece insiste per aiutarlo, magari – di nuovo – in cambio di denaro. Nei loro dialoghi di stampo teatrale, pur se collocati in un ambiente bucolico, si svelano tutti gli stereotipi storicamente attribuiti agli ebrei. “Stereotipi che descrivono meglio i polacchi che li declamano che gli ebrei che li subiscono – commenta il regista – e che purtroppo funzionano anche oggi. L’antisemitismo è endemico, ed è facile passare da uno stereotipo a un comportamento distruttivo, soprattutto in situazioni di crisi. Noi percepiamo gli stereotipi nel linguaggio, ma quando c’è la guerra si trasformano in comportamenti criminali”.
Il ragazzo ebreo inanimato, protagonista muto del film, è quella di un corpo che diventa oggetto, e che rimanda facilmente alle terribili immagini di cronaca relative ai migranti che riempiono le pagine dei giornali. “Quando ho scritto il film non pensavo ai migranti – ha spiegato Chrzan – ma appena è esploso il problema ho visto subito il collegamento”. Pur ambientato in una precisa epoca storica, Klezmer evoca inevitabilmente la situazione attuale della Polonia, in cui i partiti conservatori sono in grande crescita: “Sono molto preoccupato – commenta il regista – l’avanzare della destra, che ha in sé l’antisemitismo e non lo nasconde, mi fa temere che il ciclo stia tornando. Girando Klezmer mi sono preso un grande rischio, è un tema delicato sul quale spesso, nel mio Paese, si pratica l’autocensura”.
Il film di Anna Rose Helmer, realizzato nella 3a edizione 2014-15 di Biennale College-Cinema, vince lo Spirit Indipendent Award come miglior regista emergente
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Il delegato generale della Settimana della Critica, a fine mandato, analizza lo stato di salute del nostro cinema in un'intervista al sito Quinlan. "Il cinema italiano è malato, malato di qualcosa che non lascia sviluppare quei talenti – che a questo punto non so nemmeno più se ci siano – che vogliono rischiare con dei film più coraggiosi. Penso che chi ha le idee si diriga verso altre forme, verso le web series ad esempio, e il cinema d’autore soffra un po’ dei soliti dilemmi". A breve il Sindacato nazionale critici cinematografici indicherà il nuovo delegato generale