“Tommaso è forse la continuazione del mio esordio di 10 anni fa Anche libero va bene, ma il tono è tragicomico. E’ un film senza protezione, non ha una trama esterna, ma solo interiore”. L’attore e regista Kim Rossi Stuart presenta Fuori Concorso la sua opera seconda, che sarà nelle sale l’8 settembre in 150 copie con 01.
Il protagonista, da lui interpretato è Tommaso è un attore giovane, bello, romantico ma nevrotico, instabile e problematico colpa di traumi infantili e di errori fatti dai genitori. Una condizione che nonostante le cure dell’anziano psicologo (Renato Scarpa) pesa nel lavoro, nel rapporto con la madre/Dagma Lassander e soprattutto nelle relazioni con le donne. La fine della convivenza con Chiara/Jasmine Trinca, sembra aprire un periodo di ricerca e libertà, ma Tommaso ricade negli errori di sempre sia con la nuova fiamma Federica/Cristiana Capotondi, giovane borghese, sia con Sonia/Camilla Diana, ragazza semplice, spontanea e seduttiva.
Ora Tommaso è solo, non resta che bussare alla porta di uno psichiatra e sperare in qualche nuovo incontro in quell’universo femminile che lo attrae e nel contempo lo spaventa. Magari Ilaria Spada, la compagna del regista, che peraltro non figura nei credits.
Tommaso è anche il nome del bambino di Anche libero va bene.
Ritroviamo quel bambino del mio esordio, ora divenuto uomo. In quel film veniva abbandonato dalla madre, anche lei vittima della confusione della civiltà umana in relazione al rapporto uomo-donna. In Tommaso lo ritroviamo mentre cerca di liberarsi dalle conseguenze di quell’abbandono. In questo senso il secondo tema del film è l’imprinting familiare. Quella zavorra ereditata dai nostri genitori, con la quale ognuno di noi fa i conti per cercare la parte più autentica di sé.
Anche libero va bene era un film drammatico, Tommaso è ironico.
Quello era film emotivo, di pancia, questo è invece un film di mente, analizza il percorso di autocoscienza e d’introspezione del protagonista.
Quanto c’è di lei nel film?
Difficile stabilirlo, comunque non è un’opera del tutto autobiografica, memorialistica. Ho ritenuto che la cosa più sana fosse cercare dentro me stesso, insieme all’esigenza di guardare al mio mestiere attraverso una lente etica.
Insomma ha scelto di mettersi a nudo?
E’ la scelta più saggia e matura da fare. E’ una risposta alle tante cose negative che determinano quel finto benessere che pervade la nostra società. E’ un film nel quale il protagonista si mette a nudo. Un atto significativo e coraggioso perché le cose andrebbero meglio se le persone lo facessero.
Dal film emerge la difficoltà ad avere un rapporto equilibrato con l’altro sesso.
Ero intrigato da questo rapporto, ho trascorso buona parte della mia vita a cercare di avere relazioni soddisfacenti, serene con le donne, e ho capito che è una missione impossibile. Come fa un po’ anche Tommaso nel film, ho preso il toro per le corna, e sono arrivato alla stessa conclusione. Antropologicamente il maschio era un inseminatore selvaggio e nel momento in cui, per la conservazione della specie, si è preso cura del nucleo familiare e ha assunto il ruolo di padre, mentre la madre da subito nasce madre, ha fatto un atto in qualche modo contro natura. Un atto che ha dato vita alla civiltà umana ma che spiega il disagio delle relazioni tra i due sessi.
In che genere collocherebbe il suo film?
Lo ritengo originale, autoreferenziale e autocritico. Un film dedicato a tutti coloro che prima o poi nella vita rischiano per recuperare quel bambino interiore che è stato schiacciato, chiuso durante l’infanzia .
Che ci dice del suo lavoro come presidente della giuria del Premio De Laurentiis Opera Prima?
Trovo perfetto il numero di giurati, cinque, che consente dibattiti interessanti. Si tratta di un gruppo eterogeneo, composto da persone brillanti, mi affascina ascoltarle.
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Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"