Si chiama Mario ed è italiano il truccatore di Kevin Costner nel film Criminal, in uscita con Notorius il 13 aprile in oltre 300 copie. Costner lo adora e lo considera un suo grande amico: “me lo porto sempre dietro e per me è un grande artista. All’inizio delle riprese avevo i capelli lunghi e la barba, ed erano miei, non un trucco. Poi il personaggio nel film cambia e così insieme a lui abbiamo iniziato a tagliare tutta la peluria e il volto del criminale è venuto fuori. E’ così che ho presentato veramente il personaggio al regista Ariel Vromen”. Poi manda a chiamare il suo Mario e scherzosamente lo ‘costringe’ a sedersi al suo posto in conferenza stampa: “Chiedetegli quello che volete”.
Intimidito, ma divertito, Mario racconta di aver conosciuto la star ad Amburgo, sei anni fa, per un film che non è mai stato realizzato. E aggiunge: “E’ il migliore, come lui non ce n’è”. Il film è un thriller con elemento fantastico. I ricordi del defunto agente della CIA Bill Pope vengono trapiantati nel condannato a morte Jericho Stewart, a fine di completare la sua missione e sventare una minaccia internazionale.
“I ricordi sono quello che ci caratterizza – dice Costner – siamo quello che siamo a seconda di quello che ci ricordiamo. Penso che la scienza debba avere dei limiti: non mi piacerebbe venire a sapere che i miei genitori o i miei figli non si ricordano di me. I nostri ricordi sono il cuscino su cui ci appoggiamo prima di andare a letto. Io non vorrei mai cancellare niente della mia vita, i miei errori sono importanti quanto i miei successi. Tutti abbiamo qualcuno che ci ama e a cui vogliamo nascondere la parte peggiore di noi. Quando si ama qualcuno si corre un rischio forte, perché sai che prima o poi lo perderai e proverai dolore. Se non prendi questo rischio allora forse ti sembra di vivere più facilmente, ma io non penso che le cose stiano così. Io non considero la mia vita perfetta. A volte mi piacerebbe sapere cosa passa per la testa di mia moglie, sapere perché dice o fa delle cose o perché pensa che io abbia detto o fatto delle cose. Sì, se potessi avere i ricordi di qualcuno, vorrei che fossero i suoi”.
“Io invece – commenta il regista Vromen – vorrei quelli di Federico Fellini. Adoro il cinema italiano. Quanto a Kevin è ben lontano dallo stereotipo del criminale, anzi, è proprio un angelo. Ma io amo spingere le persone al di fuori della loro comfort-zone e sperimentare, mettere un attore nei panni di qualcuno che nessuno del pubblico si aspetterebbe, così hai più spazio per l’originalità. E’ un film complesso, con tanti elementi: chi è il buono, chi il cattivo? Mi sono ispirato a Pakula o Sidney Lumet. Il concetto si può applicare anche al mondo moderno, in cui corriamo moltissimi pericoli. Il terrorismo internazionale, anche quello a livello informatico, potrebbe colpirci da un momento all’altro. Magari si potesse cambiare i ricordi di quelli che consideriamo avversari. Buffo detto da un israeliano come me, però penso che dovremmo cambiare atteggiamento nei confronti del nemico e ‘aprirci’, solo così cambieranno anche loro. “Non ho le risposte – conclude Costner – sono solo arrabbiato. Marvin Gaye cantava ‘Cosa sta succedendo’ ai tempi del Vietnam, e non mi sembra che ci siamo molto evoluti .Sono molto arrabbiato”. All’attore viene conferito in chiusura di conferenza il Nastro d’Argento Internazionale da Laura Delli Colli, presidente del SNGCI.
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