CANNES – Quaranta minuti di ritardo e la conferenza stampa iniziata senza di lui. Quasi un braccio di ferro con i media, specie quelli statunitensi che tanto lo hanno attaccato e denigrato, per Johnny Depp che torna sul grande schermo dopo tre anni di stop per le note vicende personali (la causa legale con l’ex moglie Amber Heard, peraltro vinta da lui). Motivazione ufficiale del ritardo, il traffico. La star ha mancato anche il photocall (pare che si potrà recuperare nel pomeriggio) e non si è fatta vedere neanche alla cena di inaugurazione all’Hotel Carlton, martedì sera. Intanto la campagna #CannesYouNot impazza sui social, con le foto di Depp, ma anche di Roman Polanski, Harvey Weinstein, Woody Allen, Gérard Depardieu e Luc Besson (tutti ospiti a Cannes in varie occasioni, tutti “predatori”). “Se sostieni Cannes, sostieni i predatori”, sottolinea la giornalista Eve Barlow, amica di Amber Heard, in un post seguitissimo.
La conferenza stampa, invece, fila abbastanza liscia, nonostante i timori. Appena Johnny, immancabili occhiali scuri, ha fatto la sua comparsa nella sala gremita, è partito un timido applauso, mentre quello del pubblico alla premiere era stato caloroso e lunghissimo, tanto da commuovere l’attore quasi sessantenne. “L’energia di quell’applauso sembrava non finire mai e ricominciare sempre da capo – ha detto il divo americano – ne sono orgoglioso”.
E’ chiaro che Jeanne du Barry ha un valore speciale per l’ex Pirata dei Caraibi. Estromesso dalla saga Animali fantastici e ostracizzato dagli studios, è in fase di risalita e ha appena ottenuto un contratto stellare da 20 milioni di dollari con Dior: sarà lui il testimonial dei profumi da uomo della maison. Eppure nega che questo sia un ritorno: “Quale ritorno, non me ne sono mai andato, sono tutti cliché. Se mi sono sentito biocottato da Hollywood? No, non è successo. Non mi sono sentito boicottato e non mi ci sento, semplicemente perché non ci penso proprio a Hollywood. Sono tempi strani e bizzarri in cui ciascuno di noi vorrebbe essere se stesso ma non può. Se vuoi vivere questa vita, da allineato, fai pure, ti auguro il meglio”.
Non facile il suo rapporto con quello che definisce il circo mediatico: “La maggior parte di quello che leggete è fantastico, orribile, è finzione. E’ come chiedere come stai? ma sotto sotto provare odio”. Poi Depp si è dilungato sulla sua recitazione in francese, guidata da una bravissima coach. “Il mio francese è molto limitato e quando non ti esprimi nella tua lingua madre, come tutti gli altri attori, è difficile, quasi un miracolo”.
Maiwenn ha spiegato che Jeanne du Barry è un progetto che la ossessiona da 17 anni e che è molto emozionata di aver portato a termine, anche per l’uscita in sala in contemporanea al festival (con un’ottima risposta di pubblico, dice). Ha poi raccontato di come ha scelto Depp per il ruolo di Luigi XV (che sarebbe stato più adatto a un attore francese). “Ho preso in considerazione vari attori francesi che adoravo, ma poi non è andata in porto. Allora mi sono detta che il mio desiderio era più importante di tutto il resto, avevo bisogno di un attore che mi facesse vibrare, un uomo sexy, con che dovevo baciare in modo credibile. Johnny conosceva la storia di Francia meglio di me, si sente a casa in questo paese, conosce il cinema francese, la pittura francese, la musica francese e sapeva veramente tutto di Luigi XV. Per me è stato un colpo di fulmine incontrarlo e ho ammirato la sua preparazione”.
Un aspetto che avrebbe meritato più spazio è il rapporto tra Madame du Barry e il bimbo africano Zamor, che le viene donato da re come paggio. Un rapporto paradossale, fatto di grande amore materno frustrato (la Du Barry non ebbe mai un figlio suo) ma anche di contraddizioni, tanto che lei lo respinse e lui fu determinante nella sua condanna alla ghigliottina. “Zamor è esistito veramente, mi sono documentata tantissimo. Si potrebbe fare un film a parte solo su questa relazione, ma io non volevo un biopic. Volevo esplorare il temperamento di Jeanne e approfondire le sue relazioni umane”.
Dei tanti film sul XVIII secolo e sulla corte di Luigi XV o Maria Antonietta l’autrice ha amato “quelli in cui il regista ha imposto il suo sguardo e la sua personalità. Non volevo che il mio film fosse per forza moderno o anacronistico, piuttosto ho cercato qualcosa di atemporale e un equilibrio tra il rispetto dell’epoca e del suo linguaggio e la verità e spontaneità degli attori”.
Il film è coprodotto dai sauditi, ma non c’è stato alcun condizionamento, come neppure da parte di Netflix.
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