‘John Wick 4’: guardare e non giocare

In arrivo il 23 marzo il nuovo capitolo del fortunato franchise


E  pensare che tutto era partito da una cagnolina.

La classica formula “hai ammazzato il cane all’uomo sbagliato”, e via di massacro.

101 minuti di pura adrenalina, un film relativamente semplice e “piccolo”, diretto da un esordiente, però con un Keanu Reeves sugli scudi, in grado di portare sullo schermo una delle poche icone che il cinema pop degli ultimi dieci anni abbia creato di per sé e non trasposto da qualche libro, videogioco o fumetto.

Questo era il John Wick originale del 2014.

Oggi sembra tutto più complesso.  John Wick 4, in uscita con 01 il 23 marzo, rasenta le tre ore, si presenta sostanzialmente come il lungo ‘walkthrough’ di un videogioco a cui non è possibile giocare, e si comporta come se fosse due film girati ‘back to back’, ma impacchettati e distribuiti in unica rata, mescolando arti marziali e suggestioni lynchiane senza soluzione di continuità.

Non sempre è un bene.

La resa visiva, se si considera una cifra stilistica la sensazione di fittizio comunicata dagli scenari, appositamente ritoccati per simulare l’High Dynamic Range che rende i videogame più colorati e luminosi, è spettacolare, così come le coreografie dei combattimenti, specie quelli di massa, autentici balletti che possono durare anche venti minuti ciascuno.

D’altro canto il ballo è fondamentale per la serie, come dimostra l’imminente spin-off (a cui apre il finale di questo film), intitolato proprio Ballerina, con Ana De Armas nei panni di una danzatrice killer.

Le inquadrature, spesso tenute per lungo tempo, servono proprio a esplorare i vari generi e le varie tipologie di ‘gaming’: c’è il picchiaduro alla Mortal Kombat con tanto di ‘fatality’ (mossa finale che elimina il nemico in modo pittoresco e possibilmente sanguinolento), lo sparatutto dall’alto (in una sequenza molto suggestiva) e… chi più ne ha più ne metta.

E poi, certo, si richiede tanta sospensione dell’incredulità, ad esempio nell’accettare che nei luoghi più turistici e affollati di Parigi, come la piazza del Trocadero o il Sacré Coeur di Montmartre, possano avvenire duelli, scontri e incontri segreti che restano invisibili ai più. Ma questo va bene, purché si rispetti il patto.

Però un conto è utilizzare il linguaggio dei videogiochi come guida per la realizzazione di un film, un conto è proiettare al cinema un videogioco, senza il beneficio dell’interattività. Insomma, a volte risulta un po’ pesante, soprattutto vista la durata.

Alla regia c’è ancora Chad Stahelski, proprio come (quasi) dieci anni fa. Il film è scritto da Shay Hatten e Michael Finch e prodotto, dagli altri, dallo stesso Reeves che presta di nuovo al protagonista, killer in cerca di pace e redenzione, corpo, volto, recitazione ingessata e voce stentorea.

L’impianto della trama è piuttosto semplice:  Wick trova una via per sconfiggere la Gran Tavola, organizzazione segreta che lo tiene in scacco.  Ma prima di guadagnare la libertà,  deve affrontare un nuovo nemico che ha potenti alleanze in tutto il mondo e ha mezzi tali da tramutare vecchi amici in nuovi nemici.

Senza rivelare troppo, le parti in cui abbiamo maggiormente modo di apprezzare la carica figurativa del personaggio sono l’apertura, con lui a cavallo nel deserto (e si rinnova l’accostamento con il celebre ‘Cavaliere Nero’ di Proietti, a cui non bisogna…. dare fastidio!) e il finale, dove riemerge il piccolo pezzetto di cuore tenero che gli è rimasto, nei confronti degli animali.

Il film è consigliato da Radio Deejay.

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