Jia Zhang-ke ricorda Bertolucci: “Nella Città proibita ci insegnò a girare”

Il regista, presidente della giuria del Torino Film Festival, dedica un pensiero a Bernardo Bertolucci nel giorno della sua scomparsa


TORINO – “Un visionario, un intellettuale, soprattutto un sognatore. Bernardo Bertolucci, dopo la rivoluzione, ha fatto il cinema come non immaginavamo più di farlo: più grande della vita, e per questo capace di restituirci tutta la vita, e la Storia, e la memoria, e il futuro, nella loro profondità. Tragedie di ideali che si frantumano, di uomini e donne che si perdono in rapporti impossibili, affreschi magnifici del nostro passato recente e bruciante, di imperatori e Buddha e ragazzi e ragazze in cerca di identità. Ragazzi e ragazze che sognano, a Parigi come altrove, la loro vita, un’altra vita, migliore. Meno di venti film in quasi cinquant’anni di carriera sono troppo pochi per uno dei più grandi registi del mondo”. Così Emanuela Martini, direttore del TFF saluta Bernardo Bertolucci, che sarà ricordato anche con un breve montaggio proiettato prima dei film in programmazione e con una giornata dedicata a lui domenica 2 dicembre al Cinema Massimo 3.

La morte del grande regista si è abbattuta sul festival, come qualche anno fa quella di Mario Monicelli, il 29 novembre 2010, affondando in un velo di tristezza gli appassionati di cinema e gli autori ospiti della manifestazione. Anche la giuria del concorso ha voluto ricordare il maestro di Novecento e del Piccolo Buddha. Per la produttrice Marta Donzelli “questo è un giorno molto triste, che si è aperto per me con questa notizia, ricevuta via messaggio ancor prima di leggere i giornali. La sensazione è che si vada avanti in un mondo in cui tantissimi maestri del Novecento, quel secolo che lui ci ha raccontato così bene, non ci sono più. Ricordo di aver rivisto recentemente quel suo capolavoro restaurato al Nuovo Sacher, l’ho trovato un film straordinario e incredibilmente moderno”. 

Interviene il presidente di giuria Jia Zhang-ke: “Anche per il cinema cinese è una notizia shock. Tanti registi miei connazionali si stanno mobilitando per ricordare il maestro che nel 1987 girò L’ultimo imperatore a Pechino, un film visto dal grande pubblico nel mio paese, un film che racconta una personalità della politica dal punto di vista umano. È stato tra i primi registi a venire in Cina negli anni ’80, quando ci siamo aperti al mondo occidentale. Quando girava nella Città proibita, tanti studenti dell’Accademia di cinema di Pechino sono stati invitati sul set per imparare. Io l’ho conosciuto nel 2013 a Cannes. In quella occasione mi disse che voleva vedere Useless perché era l’unico mio film che non conoscesse. Sono rimasto sorpreso perché non è un film molto conosciuto e perché aveva visto tutti mi miei lavori e io ero ancora un giovane regista, mi sono sentito lusingato e ricorderò per sempre questo episodio che è stato un grande incoraggiamento per me”.

A ricordare Bertolucci anche l’austriaco Andreas Prochaska che racconta: “Sono cresciuto in un piccolo centro rurale dell’Austria dove c’erano due sole sale. In quelle sale ho visto alcuni film che mi hanno segnato: Apocalypse now, Il tamburo di latta e Novecento, sono immagini che non dimenticherò mai nella vita”. Per il portoghese Miguel Gomes è giusto ricordarlo anche per le sue opere cosiddette minori, in cui si celano dei veri capolavori: “La tragedia di un uomo ridicolo è uno di questi, un piccolo film ma per me il suo migliore per come ritrae la sua epoca e la società”.

“Il suo era un cinema metafisico, con Marco Bellocchio diede il via alla Nouvelle Vague italiana. Novecento è parte integrante dell’identità italiana”, ha detto infine Sergio Toffetti, presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino, annunciando che l’edizione 2019 gli dedicherà la retrospettiva

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