Minuti e minuti, ore e ore, di telegiornali di tutto il mondo hanno riempito gli occhi – sbarrati, bagnati, increduli – delle genti del globo, rapite dal fuoco e dal fumo che bruciavano e avvolgevano Notre-Dame, nel tardo pomeriggio, e nella notte, tra il 15 e il 16 aprile 2019.
“La cosa che mi ha colpito è la verità della storia, un combattimento classico tra ‘una persona’ che amiamo – bella da 850 anni, rispettata e adorata – e un demone fascinoso, altrettanto bello, fotogenico: potrebbe essere una tragedia di Eschilo; a questo, s’ aggiunge il tema dei soccorsi, che faticano ad arrivare per salvare ‘la star’, bloccati da impedimenti vari. Abbiamo tutti gli elementi per eccellenza della suspance: una stella che viene attaccata da quello che Hitchcock chiamava villain, e affinché quest’ultimo sia di grande successo dev’essere doppio, come lo è anche il fuoco, drammatico e affascinante, e quando funziona così escono i film migliori. Qui abbiamo tutti gli elementi: il demone furioso che attacca il simbolo universale del sacro e della bellezza”, queste le parole di Jean-Jacques Annaud, a Roma per presentare Notre-Dame in fiamme, un film, non un documentario, un racconto di finzione dall’anima thriller perfettamente guidato dalla realtà degli eventi della primavera 2019.
“Un film non catalogabile facilmente è cosa che adoro, così come fu Il nome della rosa; amo proporre qualcosa che non circoli con frequenza. Notre-Dame in fiamme è un mélange di storia vera, costruita con la suspense di un thriller. Guardando il film, ci si chiede: ‘crollerà? Si salveranno le opere?’. Quando la gente esce dal cinema ha l’impressione di provare sentimenti non ricorrenti. Il fatto che sia una suspense che si svolge in un luogo sacro non è molto comune, diciamo che amo uscire dai sentieri battuti quando faccio il mio lavoro”.
Nelle prime sequenze, una plongée leggermente laterale ci fa “volare” sopra la cattedrale, abbracciata stretta stretta delle impalcature che la sostengono, che sono la sua “anima di ferro”, come un busto raddrizza una schiena, come un apparecchio lo fa con i denti, come le sbarre educano un galeotto. Così era fino a quel pomeriggio di tre anni fa, per via di una ristrutturazione in corso nella parte superiore. Notre-Dame, non fosse quella Notre-Dame, vista così potrebbe sembrare un’opera di architettura contemporanea, in cui l’artista ha creato una commistione tra struttura gotica e modernissimi tubi innocenti, e invece no, quella che vediamo è “la cura” che si deve a un gioiello, un’espressione d’arte simbolo di Spirito di apicale bellezza; una cura che – in quell’occasione – è stata però “avvelenata”, probabilmente da un distratto e fatale mozzicone di sigaretta, precipitato dove non avrebbe mai dovuto, per mano umana. O, forse ancora, per il beccare i fili elettrici da parte di innocenti piccioni, perché no causa di un cortocircuito elettrico? L’indagine è ancora in corso.
Lunedì Santo, messa: ore 18.17, comincia il prologo dell’epilogo. Annaud riesce a far serpeggiare, senza sensazionalismo e men che meno ridondanza, la vena thriller che conferisce il perfetto incalzare al susseguirsi degli accadimenti, con anche quel sentire sinistro già proprio di sue opere precedenti. E poi le sirene dei mezzi dei vigili del fuoco, il loro pesante ansimare mentre s’attorcigliano su per le scale acchiocciolate che ascendono al sottotetto di Notre-Dame, l’inquietudine dei gargoyles che vomitano piombo liquido o i visi dorati di angeli giganti che si schiantano sul pavimento della chiesa.
“Quando è accaduto l’evento drammatico stavo in un luogo senza televisione, ho sentito le notizie alla radio e ho pensato che fosse un evento così tanto cinematografico che ci sarebbero stati migliaia di registi che avrebbero voluto buttarsi sull’occasione, e ho detto a mia moglie: ‘vedrai quanti cretini vorranno fare un film su un altro dramma’. Un anno dopo, il proprietario delle sale francesI Pathé, voleva fare un documentario e in quell’occasione ho letto moltissimi articoli che mi hanno fatto capire quanto fosse inverosimile la realtà dei fatti e quando me ne sono reso conto ho avuto la necessità di fare questo film, che racchiude una serie di eventi assolutamente incredibili e così due anni e mezzo dopo ho iniziato”.
Naturalmente Annaud non ha potuto girare all’interno di Notre-Dame, come non ha fatto massiccio uso di effettistica, optando invece per la verosimiglianza. “Avevo una protagonista malata, moribonda, e così ho dovuto organizzare ‘un doppio’: ho visitato diverse cattedrali, in particolare quella di Sens, a cento chilometri da Parigi, la più importante cattedrale gotica al mondo, più piccolina della parigina, essendo costruita con tre navate, mentre Notre-Dame ne conta cinque. Sono ricorso anche a immagini di altre cattedrali, come Bourges per esempio, ma anche di Saint Denis, Sainte Clotilde, e ho costruito tutto con le dimensioni reali, sia per le navate, che per il ballatoio del transetto nord, poi in studio ho fatto altre cose su scala ridotta ma, per esempio proprio per le scale della chiesa, sono quasi sempre ricorso a quelle dentro le cattedrali; mentre, abbiamo completamente ricostruito la Galleria delle Chimere, come abbiamo ricostruito tutta la parte di legno del tetto, poi ovviamente distrutta perché abbiamo dovuto incendiarla per presentare il fuoco così com’era. Per metà film sono ricorso a scenografie e alla consulenza di grandi esperti di restauro, un’equipe di 200 persone, tutte specializzate e abituate a lavorare sull’arte medievale”.
Talvolta Annaud sceglie lo spleet screen, mettendo “faccia a faccia” immagini del film e riprese “amatoriali” dell’evento reale in tempo reale; così quelle dell’arrivo del presidente Macron ai piedi del sito in fiamme. “Ho pubblicato un annuncio su Internet e ho ricevuto 6000 video nella prima settimana, poi complessivamente credo siano stati 20.000. Per tre mesi sono stati selezionati per scegliere le immagini da montare. Volevo fare un film che rispecchiasse la realtà. Questo tesoro l’ho avuto però a fine montaggio e quindi ho scelto di mostrare le immagini dal vero ‘paragonandole’ a quelle girate, ho cercato di collegarle facendo una specie di puzzle. Le immagini ricevute erano essenzialmente state girato in verticale, e quindi ho usato un formato con lo schermo suddiviso in 1/3 e 2/3, poi ho rappresentato il suono così com’era quello reale, facendo sentire la ripercussione all’interno della cattedrale”.
Un film che molto ha investito nella tecnica, ma non meno fa affidamento alla spiritualità, un tema intimo a molto cinema di monsieur Annaud. “Quando si parla del salvataggio di Notre-Dame spesso viene usata la parola ‘miracolo’, anche da chi non ha Fede, e accade perché è stata una cosa talmente inverosimile per cui doveva crollare, e non è crollata, non ci sono state vittime, e sono stati messi in salvo tutti i tesori artistici: perfino la statua della Vergine, molto vicina al punto in cui è crollata la volta, è rimasta intatta, ritrovata l’indomani mattina tra le travi crollate, che però non l’avevano nemmeno sbeccata. Chi ha Fede lo considera come una manifestazione dell’Aldilà. Personalmente sono molto sensibile alla Fede degli altri, non sono un credente ma amo molto i luoghi di preghiera e sono affascinato da sempre dalle rappresentazioni religiose. E un po’ i pompieri hanno la stessa mentalità, hanno fede nell’altro, cosa che li porta a voler essere solidali e tutto questo mi sembra molto impregnato di sacralità. Sono rimasto sconvolto dal loro mestiere, e ho voluto incontrarli tutti, dal generale al grado più basso. Mi hanno sorpreso quando, parlando di loro stessi, usano il termine ‘vocazione’, che loro in qualche modo possiedono, una devozione verso il mestiere. Li ho molto amati, sono persone umili. ‘Cos’è mai la mia vita accanto alle pietre di Notre Dame?’, mi ha detto uno di loro”.
L’opera di Jean-Jacques Annaud, un film Sky Original, esce al cinema dal 28 marzo e dal 15 aprile su Sky Cinema e in streaming su NOW, a tre anni esatti dall’incendio parigino.
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