CANNES – Torna in un certo senso ad alcuni spunti di un suo bel film del 2007, About Elly, ma senza più quel senso di mistero irrisolto e sospensione che fece notare alla Berlinale, dove vinse l’Orso d’argento, il talento allora nascente di Asghar Farhadi. Oggi, dopo l’Oscar vinto con Una separazione, è uno dei registi iraniani più celebri e celebrati nel mondo e lavora all’estero, cosa che non è detto che sia un bene. Comunque anche in Todos lo saben c’è una sparizione, quella dell’adolescente Irene. E’ arrivata in un villaggio della Spagna da Buenos Aires, insieme al fratellino e alla madre Laura (Penelope Cruz) per partecipare alla festa di nozze di sua zia. Ma nella notte, quando ancora le danze impazzano, all’improvviso va via la luce e Irene scompare nel nulla. Poco dopo però arriva un sms che ne annuncia il rapimento, mentre sul suo letto si trovano ritagli di giornale relativi a un crimine di qualche anno prima, avvenuto sempre nella zona. Il ritmo e il tono del film virano completamente, dalla gioiosa riunione di famiglia si passa al dramma sentimentale venato di thriller ma in formato famiglia. Laura decide di non rivolgersi alla polizia, temendo il peggio, e l’affannosa ricerca lascia tornare a galla dal passato fantasmi e rivalse, gelosie e segreti non molto ben conservati (il “tutti lo sanno” del titolo ovvero un segreto di Pulcinella perché nel piccolo paesino dove si svolge la vicenda tutti sono al corrente di tutto).
Un ex amore della donna, Paco (Javier Bardem), diventato proprietario dei vigneti della famiglia di lei, comprati a prezzi stracciati, si lascia coinvolgere nel caso più del dovuto, forse per sensi di colpa, mentre il marito di Laura, Alejandro (il grande attore argentino Ricardo Darin), arrivato in tutta fretta, si rivela meno danaroso di quanto si pensasse ma molto devoto e mosso da una fede incrollabile in Dio.
“Quindici anni fa – spiega Farhadi – sono stato nel Sud della Spagna, durante questo viaggio ho visto diverse foto di un bambino affisse ai muri. Quando ho chiesto chi fosse, ho saputo che era scomparso e che la sua famiglia lo stava cercando: lì è nata la prima idea del film. Quella storia mi è rimasta sempre impressa e quando ho finito di girare Il passato ne ho tratto un piccolo racconto. Ci ho messo quattro anni, poi, a svilupparlo e a trasformarlo in una sceneggiatura. Ad attrarmi sono state soprattutto due cose: il paesaggio e la cultura locale, e il fatto di cronaca al centro della storia”.
Farhadi, che già con Il passato aveva scelto una storia e un cast occidentali, questa volta si è misurato con una coproduzione che coinvolge oltre alla Spagna anche la Francia e l’Italia (con Lucky Red, che lo porterà in sala, e Rai Cinema). Per il cineasta lavorare in un’altra lingua e in un altro contesto è stato facile e difficile allo stesso tempo: “Mi sono concentrato sui punti comuni tra la mia cultura e quella spagnola. Sono convinto che gli esseri umani non siano poi così diversi da un paese all’altro per quanto riguarda le emozioni, l’amore, la rabbia… Film come questo possono aiutare le persone a sentire questa prossimità, una cosa utile a tutti, agli occidentali come agli iraniani”.
Del resto Todos lo saben nasce su misura per la coppia di interpreti, di recente visti insieme anche in Escobar Il fascino del male, che hanno catalizzato a Cannes l’attenzione dei fotografi sul primo red carpet del festival. “Avevo incontrato Javier e Penelope a Los Angeles, molti anni fa. Nel frattempo ho girato Il cliente e solo dopo mi sono dedicato a questo progetto spagnolo”, spiega il regista. Penelope Cruz racconta il suo metodo rigoroso di lavoro: “In questi cinque anni abbiamo passato tanto tempo con lui, ci ha parlato della storia e ha trascorso mesi in Spagna, studiando la lingua. Asghar è una vera spugna, assorbe tutto quello che sente, è un grande ascoltatore, attento e paziente. Dorme molto poco e impara a memoria. Il risultato è straordinario, un film spagnolo a tutti gli effetti”.
Per Bardem “almeno al cinema non ci sono bandiere e frontiere. È bello che uno che viene da fuori possa fare un film con un’identità davvero spagnola e per certi versi anche catalana”. Quanto a Farhadi, pur considerando il film molto spagnolo, rivendica un profondo contatto con la sua cultura d’origine: “Nell’arte iraniana classica il creatore deve sparire a favore dell’opera. Questa umiltà è profondamente orientale e io la cerco sempre”. E poi la presenza di temi a lui cari e ricorrenti: “La relazione padre-figli è un tema classico della letteratura, presente già in Re Lear. Così come si discute sul possesso della terra, perché sia il proprietario che chi la lavora rivendicano un diritto, accade lo stesso per un figlio. A chi appartiene? A chi gli ha dato la vita o a chi lo fa crescere”.
Le domande si concentrano però sulla coppia di divi spagnoli. E’ stata rispettata la parità di compensi? Hanno avuto problemi a lavorare insieme? Risponde Penelope: “Siamo stati pagati uguale e abbiamo lavorato insieme varie volte senza problemi, non ci portiamo i personaggi a casa. Mi accadeva quando avevo 20 anni e i personaggi mi torturavano a lungo, restando dentro di me, ma ormai ho capito che il lavoro è lavoro, e c’è un modo per passare dalla realtà alla finzione”.
Bardem sottolinea invece la generosità di Paco, disposto a perdere molto per salvare la ragazza rapita. “Qui non si tratta di salvare l’onore, anche perché l’onore ci porta all’orrore. Per un malinteso senso dell’onore si arriva ad uccidere in un’epoca come la nostra con tanti crimini dettati dal maschilismo. Le scelte di Paco lo rendono migliore, segue il cuore, cerca di fare la cosa giusta, è l’esatto contrario dell’onore”. Ancora Farhadi sul senso profondo del film. “Una delle questioni che mi interessano di più è il tempo e il suo trascorrere. Ci sono due tipi di esseri umani, chi pensa che l’età si accumula come un tesoro e chi ha la precisa coscienza del tempo che gli resta. Spesso abbiamo difficoltà a capire le conseguenze dei nostri atti e delle nostre scelte. Personalmente sono ossessionato dal tempo e sicuramente sarà il tema anche del mio prossimo film che vorrei girare in Iran”.
Todos lo saben – che sarà distribuito in molti paesi, dagli Stati Uniti alla Cina – sarà proiettato anche in Iran? “Lo spero, ma ancora non so se potrà essere mostrato così com’è oppure rimontato. Nonostante tutti i problemi dell’Iran, ieri ho ricevuto molti messaggi di auguri da casa”. E alla fine della conferenza stampa, quando già tutti si stanno lanciando su Javier e Penelope per chiedere un autografo, prende la parola per fare un accorato appello a favore del collega Jafar Panahi che con molta probabilità non potrà essere al Festival a causa del divieto a viaggiare e espatriare. “Quest’anno ci sono due film iraniani nella selezione ufficiale, il mio e quello di Jafar. Spero che potrà venire a Cannes. Ho un messaggio per le autorità iraniane: lasciatelo partire, è un uomo coraggioso che ha proseguito il suo lavoro in questi anni, merita rispetto”.
Nel team dei selezionatori troviamo l'italiano Paolo Bertolin, già attivo come consulente della Mostra di Venezia, insieme a Anne Delseth, Claire Diao, Valentina Novati e Morgan Pokée.
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