VENEZIA – Una sindaca di banlieue, della cosiddetta Grand Paris, immensa periferia della capitale dove quasi sempre sono il degrado e il malaffare a farla da padroni, è il nuovo ruolo di Isabelle Huppert, regina indiscussa del cinema francese. In Les promesses del belga Thomas Kruithof (La meccanica delle ombre) – che ha inaugurato Orizzonti – è Clémence, prima cittadina che sta completando il secondo – e ultimo – mandato della sua carriera. Almeno a quanto ha promesso ai suoi elettori e alla sua giovane vice, che dovrebbe prenderne il posto. Alla vigilia di una nuova campagna elettorale è in prima linea, insieme al fedele braccio destro Yazid (Reda Kateb, di recente visto in The Specials), suo brillante alleato anche perché di origini umili e capace di dialogare con gli abitanti del quartiere dove è cresciuto. Con un grande stanziamento milionario vorrebbero risanare un complesso immobiliare totalmente abbandonato – la mente va al recente Gagarine per il contesto simile, anche se le storie sono quasi opposte – dove convivono piccoli proprietari stufi di pagare le spese condominiali e delinquenti che speculano sul destino dei migranti affittando appartamenti invasi dagli scarafaggi e allagati. Ma Clémence, stretta tra l’ambizione di diventare ministro e la fedeltà ai suoi ideali, rischia il collasso, non è convinta neanche lei che “una promessa mancata sia meglio di una bugia”.
“Ho cominciato a pensare a questa storia alcuni anni fa, dopo le elezioni presidenziali francesi – spiega il 44enne regista – Volevo fare un film che mettesse in discussione la possibilità del coraggio politico. Fortunatamente, dopo che ho iniziato a scrivere la sceneggiatura insieme a Jean-Baptiste Delafon, qualcosa di più sfumato e meno teorico ha cominciato rapidamente a emergere… Le promesse sono la moneta della politica. Che si concretizzino in un posto di lavoro, un sussidio, un’alleanza, le promesse sono ciò che i protagonisti si scambiano in tutto il film”.
E se la politica locale è la perfetta incarnazione di questo doppio salto mortale, presa com’è dalla necessità di negoziare con l’apparato dello Stato, in difficoltà nel risultare credibile agli amministrati, ormai disamorati, incapace di tessere alleanze che non siano a tempo determinato, il cineasta, con questo film che in Italia vedremo distribuito da Notorious, non voleva parlare della conquista del potere, all’americana, ma piuttosto della vocazione ideale che si infrange sulle secche del compromesso. Tra i modelli dichiarati Barack Obama, al centro di un aneddoto che l’idealista (ma tutto sommato concreto) Yazid racconta alla sindaca e al capo del partito per spiegare quanto sia aleatoria qualsiasi carriera politica.
Rivela Isabelle Huppert: “Tutto quello che ci circonda è politica e alla politica non si può sfuggire, perché è sguardo sul mondo. Ma il film mi ha convinto proprio perché non è un western politico, mostra invece il percorso interno di due individui che appartengono a questo ambiente e che sono interessati veramente alla gente e alla vita delle persone, il che dimostra che non c’è solo corruzione ma anche qualcosa di più alto. Les promesses parla anche della loro fragilità, del loro mettersi in discussione rispetto alla propria missione”. Per Reda Kateb “questa storia si svolge in maniera sottile, senza proclami, ed è come se Isabelle ed io danzassimo insieme due danze differenti ma intonate. Il film racconta un gruppo in cui avviene una frattura momentanea, perché le forze in gioco superano l’impegno e la lealtà dei protagonisti”.
Lo sceneggiatore Delafon sottolinea il lavoro di inchiesta al cuore del film, che pure non vuole essere in nulla documentaristico. “Siamo partiti da una sceneggiatura che abbiamo decostruito, abbiamo riscritto molte versioni e impiegato tanto tempo proprio perché in questo caso i dilemmi non sono così marcati ma più sottili”. E Huppert nega di essersi ispirata a qualche donna della politica. “Ho osservato i sindaci di banlieue, anche per come si vestono e si comportano, ma non penso che sia rilevante che il personaggio sia femminile, se fosse stata un uomo sarebbe lo stesso. E poi ormai le donne in politica sono la normalità”
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