Premiazione movimentata per l’edizione 2012 del Festival di Roma. Due i principali motivi. Il primo, di ordine logistico: un notevole ritardo dovuto a problemi organizzativi ha tenuto la stampa bloccata nei corridoi della sala Petrassi (dove doveva essere trasmessa la premiazione in bassa frequenza) per quasi un’ora, mentre gli addetti alla sicurezza cercavano di rimettere la situazione sotto controllo senza però riuscire a fornire adeguate spiegazioni. In pratica era ancora in corso il documentario di Tornatore, cosa che si sarebbe potuta benissimo prevedere. Il secondo, naturalmente, riguarda i controversi premi al film E la chiamano estate di Paolo Franchi. Fischiato in sala e criticato in conferenza, il saggio sull’erotomania ha ottenuto il riconoscimento per la miglior regia e quello per la miglior interpretazione femminile, andato a Isabella Ferrari, protagonista di molte scene di nudo, che alcuni hanno definito gratuite. Le voci della doppia vittoria già circolavano in sala stampa nel primo pomeriggio, tra incredulità, sgomento e divertita curiosità. All’arrivo delle conferme, la sala ha reagito: fischi, buu, un ‘fate schifo!’ e un ‘vergogna!’ hanno echeggiato nella platea della Sinopoli all’apparizione dell’attrice, che però ha reagito bene, rivolgendosi direttamente ai presenti: “Siate coraggiosi e guardate i film senza pregiudizi, questo ha un suo punto di vista che è stato portato fino in fondo”. L’attrice ha poi dedicato il premio a sua mamma, al suo papà che non c’è più, e ai suoi figli, che hanno una madre come questa. “Non la vivo come una rivincita – avrà modo poi di dire Ferrari in conferenza stampa – non nego che il livore di pochi giorni fa mi abbia ferita, oggi sono un po’ rinata. Ma me lo aspettavo, sono morta e rinata in tre giorni. Ma ero molto emozionata e non ho fatto molto caso alle reazioni”.
Sulla stessa linea Franchi, protagonista di una paradossale ‘vittoria di Pirro’: “Neanch’io parlo di rivincita. Ma al di là della maleducazione, che fa parte di questo paese, trovo interessante l’accoglienza aggressiva, perché indica una rimozione, un’identificazione proiettiva, meglio dell’indifferenza, che sarebbe svilente. Mi è sembrato di partecipare a una serata futurista. Ad ogni modo, c’è libertà di opinione, se il pubblico sente questo, io lo registro, ma che devo dire? Sono orgoglioso di aver fatto questo film senza la tv, che appiattisce il cinema, e ringrazio la giuria coraggiosa, come me, e una Ferrari coraggiosa più di me. Ringrazio Nicoletta Mantovani per aver avuto il coraggio di produrre la mia opera e per avermi lasciato totalmente libero nel realizzarla”.
Molte le domande alla giuria, naturalmente: “Il film ha diviso la giuria come ha diviso il pubblico – ha detto il presidente Jeff Nichols – ha fatto arrabbiare molti di voi e anche qualcuno di noi. Durante la proiezione qualcuno ha urlato e fischiato ma poi molti si sono alzati in piedi per applaudire. Noi l’abbiamo premiato come esempio di filmmaking senza compromessi, coraggioso, ossessivo, sarà amato o odiato, e questo è esattamente ciò che il regista voleva”. Anche se qualcuno, dalla sala, fa giustamente notare che “diviso”, per il pubblico, non è il termine esatto, dato che è evidente la preponderanza numerica di chi non ha apprezzato. “Gli altri film – dice la giurata italiana Valentina Cervi – ci hanno letteralmente violentati sputandoci in faccia una perfezione conformista, forse Franchi cadeva nel ridicolo, a volte sì, è vero, ma perché raccontava il ridicolo della malattia del suo protagonista”.
L’affaire Franchi ha naturalmente tolto spazio agli altri vincitori, a partire da Larry Clark che con il suo Marfa Girl ha conquistato il premio principale: “Non ho mai vinto nulla – ha dichiarato, spiegando poi che il film sarà visibile solo online – perché sono stufo di farmi fregare da produttori e distributori”. Tra l’altro, anche Marfa Girl è un film in cui si parla di sessualità: “Ma non ho visto il film di Franchi – confessa Clark – perché in questi giorni sono stato impegnatissimo con le interviste e le conferenze e nel mio unico giorno libero ho preferito andare a vedermi le bellezze di Roma. Presto recupererò”.
Claudio Giovannesi, con il suo Alì ha gli occhi azzurri, per molti vera rivelazione italiana del festival, porta a casa il Premio Speciale della Giuria: “Volevo raccontare una storia di ragazzi non cresciuti dalla tv, ma per strada. Il lavoro è stato di conoscenza quotidiana, li volevo spontanei, anche se hanno fatto molte prove. Ma davanti alla macchina da presa li ho lasciati liberi di esprimersi”.
Vincitore morale è The Motel Life, miglior sceneggiatura e premio del pubblico, che i due registi, Gabriel e Alan Polsky, dedicano alla propria mamma. Tra gli altri momenti clou dell’ensemble di conferenze, uno sdrammatizzante lancio di Ferrero Rocher (sponsor del Festival) da parte di Matthew Modine, presidente della giuria opere prime e seconde, sui giornalisti presenti in sala. Forse un tentativo di addolcirli?
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