C’è Flaubert dietro Biasutti (Giuseppe Battiston), bibliotecario vedevo, e Perbellini (Rolando Ravello), impiegato all’azienda del gas con una madre ingombrante, due uomini per uno stesso nome: Fausto. Non l’unico tassello comune, infatti entrambi detestano la vita nella grande città.
Una gita per fotoamatori, a cui il personaggio di Battiston partecipa solo per accompagnare un collega in sedia a rotelle, ma dove si ritrova, ovviamente senza macchina fotografica, a dover immortalare “la conquista del vuoto”, secondo come suggerito dalla guida: lì l’incontro casuale tra Fausto e Fausto; nasce un’amicizia e nasce il comune sogno di andare a vivere in campagna, un’idea bucolica sì, non senza la somma delle fatiche che comporta mantenersi vivendo della terra.
Un’eredità, quella della vecchia casa della nonna di Biasutti sulle colline del Nord Est friulano, è l’innesco che rende possibile la concretizzazione dell’auspicio, ma l’accoglienza in paese, di due “alieni di città”, si rivela però meno calorosa del previsto…
Nell’ottica della crescita perpetua dell’animo dell’essere umano, questa commedia bucolica – Io vivo altrove! – tramata di poesia, è a suo modo un romanzo di formazione, quello della psiche dell’uomo, che sì – in questo caso – è adulto, ma trattiene in sé ancora il potenziale di qualcosa che per maturare e soddisfare, quindi per profilare definitivamente il soggetto (anzi, i soggetti), deve esplodere e così compiersi. Succede questo e succede con un tono lieve e delicato, in cui c’è un Battiston più entusiasta e un Ravello più timido, indole ciascuna caratterizzante ma al contempo compatibile l’una con l’altra, dinamica edificante nel suo essere espressione dell’opportunità dell’Amicizia nell’età adulta e, ancora, dell’occasione offerta dalla vita di poter sempre “ricominciare”, nel nome di una nascita perenne, se lo si desideri davvero.
Certo, la Madre Natura, potente abbraccio intorno all’esistenza dell’uomo, maestra di vita e soggetto ecologico imprescindibile, qui non ha un ruolo secondario, anzi è proprio lo spunto primo di congiunzione tra Fausto e Fausto, amanti della stessa e per la stessa pronti a mettersi in gioco, seppur le reciproche vite siano in fondo già scritte, ma non per questo pronte a esimersi dall’essere ri-scritte perché “la Natura può renderti davvero autosufficiente” per Biasutti; “solo che temo di agricoltura non si viva più”, continua Perbellini ma “di questo non ne sarei così convinto, sa? … la vita ci fa fare quello che vuole lei, e noi ci accontentiamo”, risponde il bibliotecario.
Nel panorama bulimico delle commedie italiane spesso facilmente confondibili tra loro per specchiamento di trama, vis comica, interpreti, Battiston – nel suo esordio alla regia – dà un esempio ossigenante della possibilità di una commedia “altra”, capace di giocare con gli stilemi del genere, ma senza la banalità di un’omologazione “formattizzata” e che spesso appiattisce e leva personalità alla vicenda e ai personaggi, mentre qui – forse anche per il rispetto e l’influenza del testo di riferimento originale, quello di Flaubert – si restituisce come un’opportunità narrativa – e di intrattenimento – che fa dei buoni sentimenti e della leggerezza un valore aggiunto, e destreggia gli stessi con sapiente consapevolezza, dimostrando come “pop” possa essere anche un prodotto artistico distante dal becero, dal trash, o anche più semplicemente dal banale, pur senza necessitare di arroganze intellettuali.
Nel cast – oltre a Battiston e al citato Rolando Ravello – anche Teco Celio, Diane Fleri, Ariella Reggio e Alfonso Santagata.
Il film – al cinema dal 19 gennaio – è scritto e sceneggiato dallo stesso Battiston con Marco Pettenello; una produzione Rosamont con Rai Cinema e Staragara, in collaborazione con Minumum Fax Media e Tucker Film: distribuzione Adler Entertainment.
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