Inside Out: tu chiamale, se vuoi, Emozioni

Mette in ballo le emozioni, dentro e fuori dallo schermo, Inside Out, il nuovo film d’animazione Disney Pixar presentato a Cannes fuori concorso. E raccoglie un boato di applausi alla proiezione stamp


CANNES – Mette in ballo i sentimenti, dentro e fuori dallo schermo, Inside Out, il nuovo film d’animazione Disney Pixar presentato fuori concorso al Festival di Cannes, in uscita il 16 settembre. Riley è una bambina in fase pre-adolescenziale, che vive serena con i genitori nel suo paesino del Midwest. Quando suo padre inizia un nuovo lavoro a San Francisco lei è costretta a seguire la famiglia sradicandosi dai suoi amici, dalla sua scuola, dalla sua squadra di hockey. Un piccolo trauma che però scatena dentro di lei un gran subbuglio di emozioni. Emozioni che, nel film, sono personificate da buffi omini colorati. Gioia è la leader, una fatina vestita di verde e costantemente su di giri, che pensa sempre positivo e vorrebbe che Riley fosse più felice possibile. Accanto a lei tutto lo spettro dei sentimenti primari: Paura, Disgusto, Rabbia e Tristezza. Sono tutti divertenti nella loro caratterizzazione, battibeccano tra loro ma sostanzialmente lavorano come una squadra, facendo in modo che nel carattere di Riley tutto resti in equilibrio. Ma qualcosa va storto e Gioia e Tristezza – i due sentimenti essenziali – si disperdono in una desolata valle di ricordi perduti. Tra questi c’è Bing Bong, l’amico immaginario (quasi) dimenticato di Riley, un elefantino rosa di zucchero filato che quando piange emette caramelle dagli occhi. Con il quartier generale occupato solo da Rabbia, Paura e Disgusto (non cattivi, ma tre grandi pasticcioni) Riley diventa apatica e asociale, mentre Gioia, Tristezza e Bing tentano di tutto per tornare alla base e rimettere a posto le cose il prima possibile.

Sembra un pastiche surreale, anzi, lo è, ma funziona perfettamente questo film d’avventura dove non si smette mai di provare, con Riley, emozioni forti: il ritmo è serratissimo e le soluzioni sono davvero raffinate, tanto che viene il dubbio che i bambini molto piccoli possano davvero capirle (ad esempio quando il disagio psicologico che decostruisce i sentimenti viene rappresentato trasformando i personaggi in figure astratte che sembrano uscite da dipinti di Dalì, per poi perdere profondità arrivando al grado di estrema astrazione semantica), ma probabilmente non ha importanza. Il linguaggio è talmente incisivo che non potrà non conquistarli, assieme magari ai loro genitori (a loro sono dedicate le citazioni come quella, divertentissima, nella ‘stanza dei sogni’, dove una locandina recita ‘cado in un vortice senza fondo’ e l’immagine richiama chiaramente Vertigo di Hitchcock).

“Non abbiamo mai pensato di dover fare un film solo per bambini – dicono il produttore Jonas Rivera e il regista Peter Docter – lo abbiamo progettato per la famiglia, quindi anche per i genitori. Anzi, proprio come genitori. Guardiamo i nostri figli e diciamo spesso: chissà che cavolo passa loro per la testa? Volevamo fare qualcosa di mai visto prima. Chiaramente sappiamo come funzionano veramente i ricordi, le memorie e i sentimenti, ma abbiamo operato perché tutto diventasse narrativamente coinvolgente. Non ci poniamo il problema di cosa sia cinema d’intrattenimento e cosa d’autore. Per noi è lo stesso, l’importante è arrivare alla gente e raccontare belle storie”. Resterà impresso nei cuori degli spettatori grandi e piccoli l’elefantino Bing Bong: “E’ la sintesi di una serie di amici immaginari di bambini che ho chiamato in causa – racconta ancora Docter – anche il mio era un elefantino, però non era di zucchero filato. Non posso rivelare certe cose ai potenziali spettatori, per non rovinar loro la sorpresa, ma certamente è un personaggio nobile e che opera dalla parte dei giusti. Soffre un po’ di gelosia perché la sua amica sta crescendo e lo sta dimenticando, quindi non fa che dire a tutti: ‘guardatemi, posso essere forte, posso fare questo, posso fare quello…’” “Rappresenta il lato più genuino dell’infanzia – dice John Lasseter, direttore artistico della Pixar – ma anche del passaggio verso la crescita. L’animazione è molto cambiata da quando ho cominciato, e non solo da un punto di vista della tecnica ma proprio da quello dello storytelling. Il settore era praticamente morto, ce n’era un po’ in televisione e Disney faceva un film ogni quattro o cinque anni, ma il pubblico pensava che fosse solo roba per bambini. Io sapevo che non era così: nemmeno Disney faceva solo film per bambini. Ma gli studio avevano chiuso e avevano venduto le collezioni alla tv. E i canali li mostravano solo di mattina o dopo scuola. Per questo gli adulti hanno cominciato a pensare che l’animazione fosse solo per i bimbi. La rivoluzione però poi è arrivata dal cinema ‘live action’, con Spielberg, Scorsese, Coppola… facevano film per tutti, adorati dall’audience, e io ero convinto che si potesse fare anche con l’animazione, che potesse emozionare ampie fasce di pubblico in tutto il mondo. Quando abbiamo iniziato con Pixar, e Toy Story, tutti pensavano solo alla tecnologia, ma dipende chiaramente da come la si usa. Se la si mette a fianco di buoni contenuti allora tutti avranno una buona percezione di questa tecnologia, se ci si sbaglia invece il pubblico non la accetterà. In pochi secondi di visione si delinea l’impressione del pubblico, ma per fortuna tutti hanno adorato Toy Story, che ha dato il via al trend dell’animazione in computer graphics, e non posso che esserne fiero. Inoltre la tecnologia aiuta anche a livello di costruzione della trama: pensiamo agli storyboard. Nel cinema ‘live’ servono per aiutare il regista a scegliere subito le giuste inquadrature e non sprecare tempo. Nell’animazione diventano un autentico pre-cut del film che puoi rielaborare regolarmente per ottenere esattamente quello che vuoi dalla trama”.

 Inevitabile la domanda: perché un film che è già un successo annunciato non è in concorso: “Non saprei dirlo – risponde Lasseter – è difficile entrare nel merito dei criteri selettivi di un festival. Semplicemente posso dire che il vero premio per noi è essere qui nella selezione ufficiale”.Pixar nel frattempo è già al lavoro per la prossima avventura: tra i film in preparazione, oltre ai sequel degli Incredibili e di Toy Story Lasseter sta operando su Moana, protagonista una giovane principessa su isola esotica. 

Si teneva intanto all’Horyou Village una giornata per addetti ai lavori interamente dedicata al mondo dell’animazione presentata da Animaze Daze, con panel dedicati a temi come “L’animazione cambierà il nostro mondo?” e la presentazione del film di María Verónica Ramírez Anima Buenos Aires, di produzione argentina. Una giornata, insomma, dedicata al mondo dei cartoni.

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18 Maggio 2015

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