“In solitario”, Cluzet da “Quasi amici” alla barca a vela

Ad Alice nella città il film francese che racconta l'avventura di uno skipper impegnato in una regata in solitaria (ma con un'ospite inatteso)


C’è voluto il trionfo di Quasi amici, per rendere Francois Cluzet uno dei divi più pagati di Francia, nonostante avesse già una carriera ricca di film con grandi autori e di cinema popolare. Il suo appeal lo ha appena confermato con In solitario di Christophe Offenstein, commedia drammatica girata in mare aperto su un veliero da competizione, uscita da qualche giorno in Francia e già prima in classifica. mentre In Italia debutta al Festival di Roma in concorso ad Alice nella città, e sarà in sala dal 21 novembre distribuita da Lucky Red in 150 copie. Un film d’intrattenimento che tocca anche un tema molto d’attualità come l’immigrazione: ”Io non mi sento all’altezza di proporre soluzioni attraverso un film. Il problema degli sbarchi clandestini pur avendo colpito drammaticamente l’Italia in questo periodo, ci riguarda tutti. Lampedusa è una frontiera europea. Tutti abbiamo responsabilità dirette visto che abbiamo portato la schiavitù, la colonizzazione e abbiamo depredato le loro ricchezze”. Il mondo, sottolinea Cluzet, ”è un posto piccolo, e a creare un dislivello enorme, è solo il luogo in cui si ha la fortuna o la sfortuna di nascere”.

Protagonista della storia è Yann Kermadec (Cluzet), uno skipper che riesce a realizzare il sogno di partecipare alla regata transatlantica Vendèe-Globe, gara nata nel 1989, nella quale si compie una circumnavigazione completa in solitaria, senza possibilità di attracco e di assistenza esterna. L’obiettivo di Yann però è messo seriamente a rischio quando scopre di avere a bordo come clandestino Mano Ixa (Samy Seghir) 16enne mauritano che sogna di diventare un calciatore professionista. ”Mi hanno attirato le condizioni del tutto inedite delle riprese. Abbiamo girato in mare, in situazioni reali, è stata una sfida. Quando si fatica persino a mantenere l’equilibrio, si ripensa al proprio lavoro in modo nuovo”. La barca a vela utilizzata era lunga 20 metri e a bordo c’erano 18 persone: ”Ancora una volta ho capito come il cinema sia uno sport di gruppo. Gli attori vengono coccolati, viziati, gli si fa credere che il film si basi su di loro, mentre il 95% del lavoro lo fanno altri”. Cluzet si è preparato con un allenamento fisico e tecnico di due mesi, e ha anche corso qualche rischio: ”in una scena dovevo legare una vela, ho corso e sono scivolato rischiando di cadere in mare. Ma sono stati i cameramen che lavoravano su strutture fissate fuoribordo a correre i veri rischi”. L’attore francese, classe 1955, 10 candidature ai César, di cui uno vinto nel 2007 per Non dirlo a nessuno di Guillaume Canet (che è anche tra gli interpreti di In solitario), trova delle similitudini con Quasi amici: ”Ho lavorato con Samy Seghir, dicendogli di recitare per me e che io avrei recitato per lui, facendo affidamento su ciò che vedevo nel suo sguardo. Era stato lo stesso con Omar Sy in Quasi amici. Nei suoi occhi leggevo il dolore della mia condizione di tetraplegico nel film e lui mi ha detto che vedeva nei miei quanto riuscisse a mantenere alto il tono di commedia”. Inoltre i suoi personaggi di Quasi amici e In solitario, sono entrambi molto soli, anche se in modo diverso. Gli skipper come gli alpinisti non perdono tempo in mondanità e atteggiamenti inutili, sanno di confrontarsi con qualcosa di più grande di loro. L’uomo non è al centro della natura, anche se lo pensa. Si crede un albero, invece è un ramo”.

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