In concorso il georgiano ‘April’, l’enigma dell’identità femminile

Luca Guadagnino è tra i produttori di 'April' della regista georgiana Dea Kulumbegashvili in concorso a Venezia 81


VENEZIALuca Guadagnino è tra i produttori di April di Dea Kulumbegashvili in concorso a Venezia 81. Il sorprendente incontro tra la regista georgiana e l’autore italiano è avvenuto nel 2020 quando lei era in concorso a San Sebastian con il suo lungometraggio d’esordio Beginning e lui in giuria: “Ho scoperto una voce potente e un’autrice devota al cinema, tanto che abbiamo dato quattro premi al suo film. Poi siamo rimasti in contatto e ho deciso di produrre la sua opera seconda insieme a Francesco Melzi d’Eril e Malcom Pagani. In una realtà del cinema avara di talenti, lei è una regista rara e straordinaria”.

April non può non impressionare per lo stile rigoroso ed estremo, che non lascia scampo allo spettatore. La protagonista del film è Nina (Ia Sukhitashvili), una ginecologa che vive da sola in una regione remota e pratica aborti clandestini nei villaggi della zona. La conosciamo durante un parto – ripreso da un’insolita prospettiva con la macchina da presa in alto, sopra il tavolo operatorio – che finisce con la morte di un neonato prematuro. Una morte che forse si sarebbe potuta evitare se Nina avesse praticato un cesareo. Così viene sottoposta a un’inchiesta all’interno dell’ospedale dove lavora. La donna, che viene ritratta in una serie di lunghe sequenze dove spesso i personaggi restano fuori campo, ha una forte e coriacea personalità. Si divide tra il lavoro, dove poco tollera le procedure e i dettami del primario, e le sue peregrinazioni notturne nella regione, anche alla ricerca di incontri occasionali con uomini. In una delle soste, pratica un aborto su una ragazza sordomuta che è rimasta incinta non si sa bene come, ed è una scena inquietante per come i volti delle donne non vengono mai inquadrati.

“Il mio obiettivo era esplorare la dicotomia e la convergenza tra esistenza e femminilità – dichiara la regista – Nina è una donna singolare, un personaggio intriso di una certa epica qualità, in grado di sopportare sofferenze e incanalare quel dolore nelle scelte e ambizioni della sua vita. Nonostante questo, resta coi piedi per terra e ben separata dal resto del mondo”.

E prosegue: “Il film approfondisce gli aspetti tangibili e terreni della vita, nonché le dimensioni enigmatiche e inspiegabili dell’essere. Nina vive la vita austera di un medico, rischiando la propria serenità per fornire aborti illegali a chi ne ha bisogno. Incontra le donne nei loro momenti più intimi, in preda a un travaglio straziante quando stanno per diventare madri o durante aborti dolorosi e clandestini di nascosto dalla famiglia. Nina è un personaggio che ama universalmente ma non ama nessuno in particolare. Possiede un’empatia sconfinata ma fa fatica a stabilire legami personali. Spinta unicamente dalla propria missione, non desidera e non ha bisogno di nulla per sé. Alla fine si ritrova però incapace di contribuire a un vero cambiamento”.

Così la regista, che rivendica la qualità femminista del suo lavoro, racconta la genesi di questo film enigmatico, dove fa la sua apparizione anche una figura fantasmatica, una specie di doppio della protagonista: “Mia nonna era educatrice e insegnava alle donne dei villaggi a leggere e scrivere. Così quei viaggi facevano parte della mia infanzia e mi hanno ispirato in questa ricerca che mi ha portato a trascorrere molto tempo in una zona rurale. La natura, meravigliosa ma anche dolorosa, fa parte di questa esperienza”. E definisce il suo stile iperrealista.

Uno degli attori, Merab Ninidze, sintetizza: “Dea trasmette la sua visione senza compromessi e gli attori, con lei, diventano sempre meno attori”.

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05 Settembre 2024

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