Pittura, fumetto, cinema. Questi gli argomenti principali affrontati durantel’incontro che si è tenuto al Maxxi per la sezione Wired Next Cinema, che ha visto protagonisti prima la videomaker Virginia Eleutieri Serpieri, figlia d’arte – suo papà è il fumettista Paolo, famoso per la serie erotico/sci-fi Druuna – che ha dedicato un documentario, My sister is a painter, a sua sorella pittrice, e poi Marco Bellocchio, Paolo Virzì ed Ettore Scola, protagonisti del documentario Prima del Film di Mario Sesti e Marco Chiarini, dedicato ai registi che hanno l’abitudine di disegnare.
Disegnare come? C’è l’arte dello story-board, legata a esigenze produttive, che si usa molto nel cinema americano, ovvero la pratica di disegnare i film inquadratura per immaginare prima delle riprese che look avrà il prodotto finito. Ma i tre moschettieri del cinema italiano interpellati usano invece il disegno in maniera diversa, un po’ come Fellini, per prolungare e stimolare l’effetto della creatività, e solo di rado poi trasformano in inquadratura quello che hanno realizzato su carta.
Virzì e Scola definiscono entrambi le proprie opere ‘scarabocchi’: “Mi sarei tenuto quelle belle – dice il primo – se avessi saputo che questi pazzi ci avrebbero girato su un film. Uso poco lo story-board vero e proprio, l’ho fatto solo per le pubblicità, per mostrare ai clienti il prodotto finito. Per il resto sono più un caricaturista. Mi è servito il disegno, ad esempio, per mostrare alla Sandrelli, durante le riprese di La prima cosa bella, che sarebbe stata carina anche se il suo personaggio era fiaccato dal cancro e dalla chemio”. “Per me – dice Bellocchio – disegnare è un modo di far passare il tempo. Magari capita che rinviino le riprese di un film e in quel caso serve a mantenere viva la creatività. Da un certo punto di vista è meglio. Capisci meglio tante cose, avere più tempo giova al lavoro e il disegno serve a trascorrerlo in maniera felice”. “Io e Fellini – racconta Scola – passavamo un sacco di tempo al Bar a disegnare e a parlare di fumetti, da L’Uomo Mascherato a Braccio di Ferro. Eravamo anche dei grandi collezionisti. Tra noi Bellocchio è l’unico vero artista, che poteva fare il pittore e avere comunque successo. Io ho anche sperato di diventare un fumettista, quando sono arrivato al Marc’Aurelio, ma le cose sono andate in maniera diversa. La maggior parte dei miei disegni sono destinati al cestino. Penso che un personaggio abbia la sua vita anche se lo lasci senza una gamba. Però penso anche che il fumetto, il segno grafico, manchi di atmosfera, per questo scelgo il cinema. La pittura invece ce l’ha”.
“L’idea del film – spiega Chiarini – nasce da una mostra organizzata a Teramo con i materiali dei tre registi. Assieme a Mario abbiamo pensato che fosse meglio mettere su un documentario di interviste piuttosto che un catalogo che poi avremmo regalato sì e no a dieci persone”.
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