‘Il ritorno di Maciste’, primo supereroe italiano

Durante una serata all’aperto a Torino, il critico e storico del cinema Steve Della Casa presenta il kolossal muto Cabiria e pone le basi per una rivalutazione del personaggio di Maciste, a distanza di oltre un secolo dalla sua comparsa sulla scena.


Nell’arena ormai vuota, Maciste, quello del film, esce dallo schermo, quasi evocato da Steve – evidente e raffinata citazione di Woody Allen e de La rosa purpurea del Cairo – e vuole sapere di sé: chi è, come si chiama, cosa ha fatto. Da qui parte una vera e propria indagine, con il nostro Maciste, visibile soltanto al suo critico, alla ricerca di sé stesso. Alla ricerca, soprattutto, di Bartolomeo Pagano, scaricatore del porto di Genova – cosiddetto “Camallo” – che viene scelto da Pastrone per interpretare lo schiavo mulatto che salverà Cabiria con la forza dei suoi muscoli, messi al servizio della giustizia.

Un autentico supereroe ante litteram, forse l’unico veramente riconosciuto e riconoscibile come icona in Italia.

Il ritorno di Maciste, documentario di Maurizio Sciarra, prodotto da La Sarraz Pictures, è alla Festa del Cinema di Roma.

“Questo sarà un film sulla nascita del cinema – spiega Sciarra – così come lo conosciamo oggi, e soprattutto un esercizio di analisi e reinvenzioni di tecniche e linguaggi cinematografici. Maciste nasce nel 1914, quando il cinema è davvero molto giovane e deve affrancarsi dall’aura di fenomeno da baraccone che lo circonda, deve trovare una sua propria ed autonoma identità. Anche allora, c’era chi si adagiava già su strade tracciate da altri, e chi voleva innovare e sperimentare, azzardando capitali, nome e carriera. Maciste nasce da tutto ciò e ne diventa espressione. Sarà quindi, un grande gioco sul cinema e i suoi linguaggi, partendo proprio dalle origini. Maciste, quindi, potrà fare un nuovo miracolo: riportare in vita il passato, ma tentare ancora di innovare un presente che pensa, troppo spesso, di non dovere più inventare niente. Devo dire che è il percorso di Pagano ad avermi particolarmente affascinato. Un uomo comune che diventa divo internazionale all’improvviso, un salto non programmato, forse nemmeno voluto, che lo trasforma in un’icona di positività e bontà al servizio dei deboli. Maciste e Pagano presto si sovrappongono, tutti lo riconoscevano come il suo personaggio e alla fine, quando costruisce la sua casa a Sant’Ilario, Pagano la chiama ‘Villa Maciste’”.

Dopo il primo periodo, tra il 1914 e gli anni ‘20, Maciste scompare brevemente per poi tornare, negli anni ’60, con il volto e il fisico scolpito – ben diverso da quello possente ma sgraziato di Pagano  – di vari divi americani tra cui Steve Reeves: “La paternità – ricorda il regista – è di D’Annunzio, che ha scelto il nome Maciste e ha deciso di farlo muovere e parlare in un certo modo, anche in Cabiria di cui aveva scritto i testi. In questo periodo il cinema italiano si rifà all’antica Roma, da cui seleziona i propri eroi, presto presi a modello dal fascismo. Il Maciste palestrato degli anni ’60 è sempre buono, ma più rude, più fessacchiotto, le trame sono semplificate e più superficiali, i temi perdono in complessità. Ad esempio molti film del primo periodo di Maciste sono film nei film, un modo che ha il cinema per parlare di sé stesso. In Maciste Alpino il protagonista viene arrestato alla fine delle riprese di un film, girato al confine con l’Austria, perché è iniziata la guerra”.

Espediente, quello del metacinema, che usa anche Sciarra: “il mio Maciste esce dallo schermo per parlare con Steve, che è un grande esperto di film di Maciste degli anni ’60, come raccontato nel suo doc Uomini forti, ma ne sapeva di meno di quello delle origini. Così anche Maciste non è cosciente di sé stesso, sa solo quello che è chiamato a fare nel film. E’ stata una reciproca scoperta e il fatto che coincidesse su schermo ha aiutato. Come Pastrone ho cercato il mio Maciste all’inizio tra i circhi, le palestre, gli stuntman. E’ stato durante un festival di documentari che mi sono imbattuto in Giuseppe Abbagnale… era proprio identico a Pagano! L’ho dovuto molto corteggiare, non voleva farlo perché temeva di non essere all’altezza, ma alla fine lo abbiamo convinto e secondo me è venuto fuori un attore”.

Oggi Maciste sembra essere scomparso, pur restando un’icona assolutamente popolare: “Sono cambiate le condizioni storiche – riflette ancora Sciarra – oggi il modello di uomo forte è portato avanti dalla politica, ma in maniera spaventosa, perché lo si vuole imporre senza che abbia le caratteristiche di giustizia e bontà che aveva invece Maciste. E’ un salto logico e anche culturale, il cinema italiano è stato grande finché ha innovato e così anche Maciste è scomparso quando ci si è persi dietro alle paure produttive, agli stereotipi, alla ripetizione degli stilemi. Mi piacerebbe produrre una serie per raccontare l’Italia attraverso il mondo del cinema muto, ma nessun produttore per ora mi ha dato spago”.

E invece Pagano, come sparisce? “Col passaggio dal muto al sonoro. A quel punto lui è già vecchio e su di lui grava il peso degli anni e del duro lavoro, perché il divismo lo ha subito e ha sempre continuato a lavorare al porto. Maciste significava anche performance e lui non ce la faceva più, tantomeno a rimettersi in gioco diventando attore parlante, che era un altro mestiere. Così accetta la fase di scendente con grande serenità, dimostrandosi ancora una volta un puro di cuore”.

 

Andrea Guglielmino
18 Ottobre 2023

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