Il ritorno di Mary Poppins. Il titolo del film già dichiara con la parola “ritorno” quello che stiamo per ammirare sul grande schermo: il pubblico adulto, che porta negli occhi la Mary Poppins del ’64, non può fare a meno di uno spontaneo confronto, ma il film attuale omaggia il suo prequel continuamente. Narrativamente ripropone sequenze indimenticate, come quella in cui Mary Poppins, lo spazzacamino (ora lampionaio), e i bambini, “entrano” dentro ad un disegno (qui un vaso illustrato) e il “salto” nella fantasia anima l’illustrazione, gli animali, mettendo in scena uno dei momenti musicali del film, giocando, come mezzo secolo fa, con la tecnica mista: 50 anni addietro era avanguardia, un linguaggio che alimentava stupore nello spettatore; in questa versione Disney non sceglie di sfruttare al massimo le ultimissime possibilità del digitale e propone così un’immagine molto vicina alla precedente, come succede un po’ in tutto il film, che non è un remake, perché questa storia inizia 20 anni dopo rispetto a dove l’avevamo lasciata: è infatti l’adattamento del romanzo del ’35, Mary Poppins ritorna, di Pamela Lyndon Travers.
Ne Il ritorno di Mary Poppins, Jane e Michael, i bambini Banks di cui la tata Mary s’era presa cura, sono adulti: lei impegnata socialmente come lo era la mamma Glynis, lui impiegato di banca, vedovo e con tre bambini, anch’essi una forte strizzata d’occhio a quelli che sono stati lui e la sorellina e dove, in particolare il piccolo dei tre, George (Joel Dawson), molto ricorda, per vis e mimica, il “suo papà” nella versione infantile (allora, l’attore bambino era Matthew Garber). Il frangente è delicato: Michael e i bambini devono lasciare la storica casa di Viale dei Ciliegi 17, per rendere onore ad un debito contratto con la banca, diretta da un perfido Colin Firth, che però alla fine dovrà confrontarsi con Dick Van Dyke, qui non più lo spazzacamino Bert ma ancora l’anziano decano dell’istituto di credito, il signor Dawes, ruolo anch’esso interpretato dallo stesso attore americano già nella pellicola precedente.
Mary ritorna e, come nella sua classica missione, si prende cura dei tre piccoli Banks: non più Julie Andrews ma Emily Blunt indossa i panni della bambinaia prodigiosa, iconograficamente impeccabile, anche per l’eccellente lavoro dei costumi realizzati dalla pluripremio Oscar Sandy Powell, con la collaborazione della costumista italiana Anna Lombardi. Dal punto di vista dei personaggi, oltre alla protagonista, altre tre importanti citazioni, con variazione sul tema: l’ammiraglio Boom, sempre uguale a se stesso sul tetto della sua casa a forma di nave, e poi il lampionaio Jack (Lin-Manuel Miranda), “nel ruolo” che fu dello spazzacamino Bert/Dick Van Dyke, e la signora dei piccioni, ora divenuta “dei palloncini”, qui interpretata da una poetica Angela Lansbury. È il suo avvento, nel finale del film, a dar vita ad una delle scene corali più suggestive, in cui Mary Poppins è quasi assente, ma l’omaggio a lei, al suo magico volo, hanno fatto mettere in scena al regista, Rob Marshall (già autore di Chicago, Nine, Pirati dei Caraibi), un momento d’incanto visivo nel cielo di Londra. New entry, invece, la cugina Topsy, una sorta di strega buona, strampalata e aggiusta-tutto, a cui dà il volto Meryl Streep: presente in un’unica sequenza, prettamente costruita nella quasi totalità in forma di musical, linguaggio che anche questo capitolo cinematografico non perde e anzi rinnova.
In un’operazione cinematografica in cui il grande classico precedente è perenne fonte di citazione – rispetto filologico che a suo modo ha anche un valore profondo, la scelta di escludere però il richiamo musicale lascia un po’ di delusione: Supercalifragilistichespiralidoso, Cam Caminì, Un poco di zucchero, sono brani senza tempo, che si sono trasmessi di generazione in generazione, diventando talvolta parte del linguaggio comune e, in un trattamento cinematografico “vintage” come quello de Il ritorno di Mary Poppins sarebbe forse stato scontato, ma altrettanto atteso. Ci si aspetta di sentir/poter cantare e suonare quelle melodie eterne di Sherman/Kostal. Nel nuovo film le musiche sono di Marc Shaiman e Scott Wittman, che cercano di proporre brani che aspirano ad assurgere all’Olimpo in cui sopravvivono ancora vivissimi i loro antenati, ma solo il tempo racconterà se Che stupendosa idea! o Sopra-sotto avranno altrettanta eterna forza e permanenza nel tempo e nelle memorie del pubblico, che di certo apprezza però la voce della nostra Serena Rossi, che presta la sua armonia vocale a Mary Poppins per tutte le sequenze cantate.
Il film – girato da febbraio a luglio 2017 presso gli Shepperton Studios, nel Surrey britannico – ha all’attivo, tra gli altri premi, già quattro candidature ai prossimi Golden Globe: esce in Italia con Walt Disney Studios Motion Pictures il 20 dicembre.
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