Il mondo addosso


Il mondo addossoDi immigrazione non si fa che parlare, ma pochissimo si sa di un’emergenza all’interno dell’emergenza, il flusso dei migranti che hanno meno di 18 anni e che sono nel nostro paese 8.000 solo a guardare le cifre dichiarate. Arrivano dall’Est con una sorta di “mandato familiare”, guadagnare e spedire soldi a casa; oppure dai paesi in guerra, soprattutto l’Afghanistan e ora anche l’Irak, per sfuggire all’orrore, dopo aver assistito alla morte dei genitori o aver conosciuto l’angoscia dei campi profughi. Sono adolescenti come tanti ma gravati di un fardello pesantissimo, che la società non li aiuta più di tanto a portare. La legge italiana garantisce a chi è minorenne il diritto a restare ma il 18° compleanno rappresenta per molti l’inesorabile scadenza del visto: l’età, in assenza di certificati e passaporti, viene spesso stabilita con il metodo della radiografia al polso.

Costanza Quatriglio, trentatreenne, siciliana, autrice di tanti lavori sulla marginalità, l’infanzia, la vecchiaia, il “fuori” rispetto alla società occidentale opulenta e distratta, selezionata dalla Quinzaine di Cannes con il lungometraggio L’Isola girato a Favignagna, ha realizzato un film, Il mondo addosso, che sarà alla Festa di Roma nella sezione Extra. Un film costruito sulle storie di quattro ragazzi nello scenario di una Roma periferica, notturna, anonima, che oscilla tra indifferenza e solidarietà, una Roma molto più reale di tanta retorica. Sono Mohammad Jan, Cosmin, Inga e Josif, ma l’immagine più forte, in questo lavoro sull’invisibilità di chi non ha più documenti né famiglia, è quella senza volto di un giovane afgano di cui sentiamo solo la voce: “Quando avevo sei anni un giorno sono tornato da scuola e ho visto che avevano lanciato una bomba sulla mia casa. La mia mamma e i miei fratelli erano sotto le macerie. Il mondo addossoAppena sono arrivato davanti alla porta non ho trovato i miei fratelli, ho trovato solo la mia mamma. L’ho presa in braccio. Le ho sollevato la testa e le sue ultime parole sono state: Se tu sei mio figlio, se tu hai bevuto il mio latte, allora ti dico che devi andare. Parti e vai a raccontare in tutto il mondo che ci sono persone che vivono come noi”.
Da solo, a 11 anni, il piccolo orfano ha attraversato l’Iran, la Turchia e la Grecia verso l’Italia, sotto la pancia dei camion o sulle carrette del mare, ha lavorato nelle fabbriche turche, ha visto annegare i suoi compagni di viaggio, è stato profugo e clandestino.

Mohammad Jan, appena diciannovenne, è anche lui afgano e oggi fa l’educatore di strada, vagando di notte alla Stazione Ostiense, dove i suoi giovani connazionali trovano riparo per qualche ora: qualche volta li convince a uscire dalla clandestinità. Cosmin vive in un istituto di seconda accoglienza, parla male l’italiano, cerca lavoro come manovale, ma ora che ha compiuto 18 anni rischia di dover tornare in Romania. Inga viene dalla Moldavia e sogna di fare la pasticcera, alternando scuola serale e lavoro nero. Josif dice bugie a casa, perché ha scelto di vivere al deposito dei treni e si prostituisce alla Stazione Termini, come un ultimo erede dei pasoliniani “ragazzi di vita”. È il deviante del gruppo ma anche il più seducente, con suo orso di peluche e le sue promesse, fiero della sua libertà pagata a carissimo prezzo.
Costanza Quatriglio, che ha prodotto il film con Rean Mazzone e ha ottenuto il sostegno dell’Unicef, il patrocinio dell’UNHCR, di Save the Children, dell’OIM, oltre al supporto logistico dell’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma, non ha cercato la strada del reportage giornalistico ma quella della narrazione intimista. La sua vocazione è quella di un cinema che lascia parlare le immagini e i silenzi, i vuoti e il fuori scena. “Trovare la fiducia di questi ragazzi ha richiesto tempo e presenza fisica, anche senza la macchina da presa, nei luoghi dove è possibile incontrarli: il Centro Pronto Intervento Minori, dove vengono condotti appena segnalati dalle forze dell’ordine e avviati ai progetti di inserimento scolastico e lavorativo; la Virtus, un istituto di seconda accoglienza che s’impegna a trovare contratti di apprendistato con i quali andare in Questura a fare richiesta del permesso di soggiorno alla maggiore età, in deroga alla Bossi-Fini attualmente in vigore; il Cantiere, centro di accoglienza diurno con la palestra, i bagni con le docce e spazi di aggregazione; la Città dei Ragazzi, altro centro di seconda accoglienza di ispirazione cristiana. E poi la strada”. Per Costanza, che sta lavorando a un lungometraggio su Palermo (“ma una Palermo inedita, mai raccontata”) Il mondo addosso non è solo un film sull’immigrazione ma una riflessione personale sul superamento del corpo come merce. “Le vite dei giovani protagonisti riguardano tutti noi, sono le premesse di ciò che il nostro paese si prepara ad essere, e nello stesso tempo sono lo specchio del superamento dell’idea dell’Italia multietnica così come è stata formulata negli anni scorsi verso un’Italia basata sulla condivisione dei destini e non solo sull’appropriazione delle risorse umane e della forza lavoro”.

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26 Settembre 2006

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